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Le quattro chiacchiere al bar che Berlusconi ha imposto...

Publie le lunedì 6 ottobre 2003 par Open-Publishing

Pensioni, prepotenza e incompetenza
Le quattro chiacchiere al bar che Silvio Berlusconi ha imposto al Paese

di Furio Colombo

Uno va al bar e dice: «te lo faccio vedere io come si fa a risolvere il problema delle pensioni.

Li tieni tutti a lavorare. Li fai lavorare finché sono vecchi. Tanto cosa fanno se non lavorano?

Gli dai qualche cosina di più e quelli ci stanno. Magari rendono poco. Ma non costano. Così, senza
tante chiacchiere, si risolve il problema, okey?»

Discorsi così se ne sentono tanti. Berlusconi, il primo ministro, l’ha fatto in televisione,
sequestrando la Rai a reti unificate, sostenendo la gravità e l’urgenza e poi ha concluso con un
ammiccante saluto elettorale: lasciate far a me, ci penso io.

In un bar si sarebbe alzato qualcuno a dire: ma ti sembra una riforma delle pensioni questa? Ma se
è la materia più complicata del mondo!

E qualunque discorso sulle pensioni, che tocca il centro nervoso più sensibile, il punto d’ansia
più profondo nella vita di chi lavora, avrebbe dovuto evitare l’improvvisazione, le quattro
chiacchiere da presunto padre di famiglia, che invece spargono incertezza, confusione e panico. E
avrebbero dovuto essere seguite dal confronto altrettanto pubblico, altrettanto immediato, altrettanto
disponibile subito, per gli stessi undici milioni di italiani sorpresi e attoniti.

Si governa raccontando a braccio, in quattro parole e sette minuti, la riforma legislativa più
complicata della Repubblica, quella che coinvolge il numero più alto di cittadini, senza dati, senza
preparazione, senza confronto (anzi indicando come nemico chi si oppone) da parte della stessa
persona che non ha ancora messo insieme una legge finanziaria?

Il comportamento di Berlusconi - oltre che così spesso fuori della legge e contro la Costituzione

 è anche macchiettistico e segnato da bizzarre esagerazioni. E’ il tratto che ha indotto il «New
York Magazine» (6 ottobre) a definire il primo ministro italiano la sera del suo premio a
Manhattan «La caricatura di un uomo ricco, che un po’ spaventa e un po’ imbarazza». Ma chi è costretto a
osservarlo a reti unificate ogni giorno e ogni sera in Italia sa che (come ha notato Umberto Eco)
niente è davvero fuori controllo in gesti e interventi che spesso appaiono colpi di testa.

Ricorderete che «il discorso delle pensioni» è stato fatto, quasi uguale, altrettanto campato in
aria, in situazione altrettanto arbitria e fintamente improvvisata, due volte. La prima a Bari, il
25 agosto.

Prepararsi con cautela, confrontarsi con le parti, anche solo usare i numeri giusti, non è da lui.

A Bari ha usato numeri falsi. Ma non importa. Lo stile ormai è mussoliniano. Inventare in modo
sfrontato, con faccia tosta, sicuro che nessuno risponderà con la stessa evidenza, perché lui tiene
il piede sul tubo delle notizie.

Il discorso imposto a reti unificate alla Rai (mentre le televisioni del presidente-padrone erano
libere di trasmettere veline e velone) è venuto il giorno dopo il più grave black out che abbia
mai colpito l’Italia.

Primo, non si parla più delle gravissime responsabilità del black out. Giusto il tempo di piazzare
una bugia d’affari («servono nuove centrali nucleari», ci hanno detto, quando nel mondo non le
vuole più nessuno) e poi, con la tecnica dei gatti, si copre tutto e si lascia perdere.

Secondo, si sparge il panico per moltissimi interessati. Nel panico chi vorrà ricordarsi che la
maggioranza di governo è ormai una canea di insulti fra partiti e dentro i partiti in una situazione
in cui ognuno, in tempi normali, perderebbe la faccia?

Terzo, si dichiarano nemici i sindacati. E’ vero che in questo modo si fa apparire «Il patto per
l’Italia», un inganno e una finzione ignobile. Ma - con il controllo completo delle informazioni -
nessuno lo dirà. E comunque a Berlusconi serve un nemico. I comunisti, i rossi, i bolscevichi a
cui - da solo, nel mondo - si è dedicato finora con tanta passione, cominciano a sembrare anche a
lui una vecchia trovata.

Quarto, creando dramma, tensione, emozione, controversia, Berlusconi, come un classico mago
d’avanspettacolo, da l’impressione di governare. L’unico gesto che lascia il segno è la sua occupazione
della Rai a reti unificate, che appare golpista sia per l’arbitrarietà della richiesta sia per la
mancanza di contraddittorio.

Per il resto - salvo prepotenza - non ha fatto nulla, non ha toccato nulla, non ha risolto nulla.
Solo un annuncio (la sola cosa che sa fare) di un evento che dovrebbe compiersi, nel più ingiusto
dei modi quando, per fortuna, non sarà più lui a governare. Ma l’ingiustizia, mista a una paurosa
ignoranza della situazione italiana, è il dato più impressionante.

Se le quattro chiacchiere al bar che Silvio Berlusconi ha imposto al Paese diventeranno per
disgrazia, legge di questa sfortunata Repubblica, questa legge sarà immorale (come hanno detto i
sindacati) perché cadrà sulle spalle di chi non si può scansare.

Sarebbe meglio non farsi trovare dalla parte di Berlusconi mentre propone dopo l’imbroglio del
«Patto per l’Italia» e della «delega sulle pensioni» una legge odiosa. La risposta, del resto, la
stanno dando i sindacati, che sono finalmente una voce sola.