Home > Lettera da Cancún
11 settembre, la tragedia delle Torri Gemelle, 1973 l’assassinio di
Salvador Allende e la fine del sogno di Unidad Popular in Cile, oggi 2003
entrata in vigore del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza. Tre date
emblematiche e simboliche. Oggi si cerca di riprendere le fila del sistema
multilaterale dopo gli scossoni dsella Guerra in Irak, ed un paese
latinoamericano, il Brasile tenta di sedersi al tavolo dei grandi del
planeta, le ONG chiedono che il WTO rispetti le regole internazionali sull’
ambiente. Consideración che forse rimangono fuori dalle sale del
negoziato.
Il centro dei congressi e’ ormai cinto definitivamente da una
sequela di staccionate, ringhiere, uomini di divise cachi, e ponti di
metallo. Dopo il primo giorno di negoziato ufficiale vanno lentamente
delineandosi i contorni della posta in gioco, le ONG continuano il loro
lavoro di controinformazione, i movimenti sopciali e contadini piuangono la
morte del loro compagno coreano, immolatosi nel corso della marcia
contadina per protestare in maniera a noi incomprensibile contro la scarsa
democraticita’ del WTO. Un gesto che ha turbato anche i negoziatori dei
paesi membri del WTO che si trovano di fronte ad una serie di intricate
matasse da sbrogliare.
L’Organizzazione Mondiale del Commercio oggi vede svanire l’onda lunga del
dopo 11-settembre, quando, a pochi mesi dall’attentato alle Torri gemelle,
lancio’ a Doha in Qatar, il cosiddetto "round dello sviluppo". Il tentativo
era quello di rivitalizzare il negoziato sulla liberalizzazione degli
scambi commerciali e riconfermare la centralita’ di quell’istituzione nella
lotta alla poverta’ ed alle cause dell’esclusione sociale, da molti paesi
addotte a cause prime della diffusione del terrorismo internazionale.
Allora le divergenze vennero smussate per dare l’impressione di un fronte
compatto della comunita’ internazionale capace di rispondere con un’unica
voce alla sfida del dopo 11 settembre. Ciononostante, le contraddizioni che
gia’ a Seattle avevano fatto saltare il negoziato, erano rimaste li’ sotto
le ceneri, e restano tuttora irrisolte oggi. Certo Cancun non e’ Seattle,
qui non si deve prendere alcuna decisione definitiva, anche se qualsiasi
accordo su alcuni punti cruciali avra’ un effetto forte soprattutto su
queli paesi che dovrebbero beneficiare di un nuovo impulso agli scambi
commerciali su scala globale.
A Cancun come in tutti gli altri vertici
internazionali, tuttavia, l’oggetto del contendere spesso lascia il campo a
dispute che sono puramente politiche, ed a dinamiche che risentono molto
delle contraddizioni e delle problematiche nazionali. Basti pensare agli
Stati Uniti d’America. Come puo’ il Presidente Bush veramente pensare di
cedere sulla questione cruciale dei sussidi all’agricoltura dopo aver speso
miliardi di dollari con i vari Farm bill per sostenere i coltivatori
americani che sono parte importante delle sue lobby elettorali? Come puo’
farlo oggi, con la Guerra infinita in Iraq che sta erodendo la sua
popolarita’ a pochi mesi dall’inizio della campagna elettorale per la sua
rielezione?
Cancun non e’ Doha, ed il sistema multilaterale arriva qui sulle
cristalline spiagge messicane, in uno grave stato di crisi. Non e’ forse un
caso che il Segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan ha deciso di non
partecipare ai lavori, trattenuto a New York nell’ arduo compito di
ricostruire la credibilita’ e l’autorevolezza dell’organizzazione che tra
qualche settimana terra’ una difficile Assemblea Generale. Dall’altra parte
si muove il commissario Pascal Lamy, alto diplomatico dell’Unione Europea,
con la sua ambiziosa agenda negoziale, che vede il rilancio delle
trattative sulla liberalizzazione dei servizi pubblici , il cosiddetto
GATS, e l’allargamento dei temi di competenza dell’OMC quali gli
investimenti private.
Forse stavolta l’amicizia personale tra lui e il
segretario USA al commercio Zoellick non bastera’ per risolvere le
controversie tra USA e UE , esacerbate dalle due guerre commerciali
sull’acciaio e gli OGM. A prescindere dale intenzioni di un rilancio del
dialogo transatlantico, e’ forse vero che oggi UE ed USA si trovano faccia
a faccia con una visione diversa del mondo, per lo meno per quanto riguarda
le modalita’ dei rapporti tra stati. Convinti multilateralisti gli Europei,
unilateralisti gli USA, o meglio l’amministrazione Bush, ispirata da
pensatori quali Robert Kagan, secondo il quale oggi, con la fine della
Guerra fredda, gli USA possono finalmente giocare il loro ruolo di padrone
incontrastato del Pianeta.
Certamente non bastera’ ricorrere al pretesto di
salvare il WTO in quanto unico vero foro multilaterale seppur imperfetto, a
fronte della politica di potenza Americana, a smussare le gravi divergenze.
Accesso ai farmaci, accesso ai mercati, riforma dei meccanismi decisionali,
relazione tra aiuto allo sviluppo, debito estero e debito, trasparenza e
partecipazione della sociea’ civile, clausole sociali, restano sul tavolo
della trattativa. La proposta degli Stati Uniti e dell’Unione Europea per
una rimozione graduale, formale ma non sostanziale dei sussidi e’ stata
accolta con scetticismo dai paesi in via di sviluppo che a loro volta hanno
formulato una controproposta grazie alla leadership assunta dal Brasile e
dall’India.
Anche l’acccordo sui farmaci che permetterebbe sulla carta la
possibilita’ per i paesi in via di sviluppo di produrre farmaci generici
per far fronte a gravi pandemie quali l’AIDS o la malaria e’ visto da
questi come una condizione capestro per poi dover subire in cambio
decisioni dure in altri settori. Quello che si intuisce a Cancun, il vero
elemento di novita’ che potrebbe uscire a questo evento e’ l’abbozzo di un
blocco politico-commerciale, che includerebbe anche Sudafrica e Cina, in
rappresentanza degli interessi e delle richieste dei paesi in via di
sviluppo.
Un fronte compatto che potrebbe introdurre maggior equilibrio nel
negoziato e certamente rompere il duopoliro UE/USA che oggi ha
caratterizzato in gran parte il processo post-Doha.
I prossimi giorni serviranno a sondare la credibilita’ e le possibilita’ di
questo nuovo soggetto "multipolare " internazionale. Gli interventi dei
rappresentantoi di India e Brasile lasciano intuire che i g22 non
molleranno l’osso cosi’ fácilmente. Per risolvere l’impasse negoziale i
delegati dovranno finalmente interrogarsi su quali siano le condizioni
necessarie affinché il commercio sia effettivamente una leva, non l’unica,
ma essenziale senz’altro, per un modello di sviluppo centrato sullo
sradicamento della povertà, sulla sostenibilità e sull’equità e giustizia
sociale. In poche parole, su un paradigma di sviluppo basato sui diritti
fondamentali (come ha voluto spesso e volentieri riaffermare Mary Robinson,
allora Segretario della Commissione per i diritti umani dell’ONU).
In un
partenariato globale per lo sviluppo, il commercio è considerato in
relazione ad altre questioni cruciali, quali la cooperazione allo sviluppo,
la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, politiche
innovative per la soluzione del debito estero, come procedure eque e
trasparenti di arbitrato internazionale, interventi correttivi riguardanti
l’instabilità dei prezzi delle materie prime, l’elaborazione di strumenti
politici per prevenire le speculazioni finanziarie e costruire regole per
il settore privato. In secondo luogo, andra’ riaffermata la centralità dei
diritti umani, sociali ed economici degli Stati e dei popoli rispetto alle
priorità di liberalizzazione di Cancun.
L’altro importante dossier
negoziale riguarda in qualche maniera il diritto al cibo ed alla sovranità
alimentare, ed il diritto dei Paesi in via di sviluppo di usufruire delle
stesse condizioni di accesso ai mercati dei produttori dei Paesi ricchi, in
una parola dell’abolizione del dumping e dei sussidi e crediti
all’esportazione. Questa materia nasconde la grave ipocrisia di Paesi
produttori, USA e UE in primis, che chiedono oggi ai Paesi in via di
sviluppo di aprire ancor di più i loro mercati, ma non vogliono rinunciare
a sostenere con fondi pubblici i prodotti agricoli nazionali. La seconda
pedina di scambio è il rilancio del negoziato sui cosiddetti temi di
Singapore, ovvero la liberalizzazione degli investimenti privati, gli
appalti pubblici e le norme per la concorrenza.
Ed è proprio sugli
investimenti che si gioca oggi la partita più rilevante, poiché sussiste il
rischio di creare una situazione di profondo svantaggio per quei Paesi che
ne dovrebbero in effetti beneficiare. Oggi il WTO, visti i suoi gap e
asimmetrie allo stato attuale non e¡’ il luogo adatto per i procedere in un
negoziato sugli investimenti almeno prima che non sia svolta una
valutazione accurata dei vantaggi che ha portato fino ad oggi l’espansione
degli IDE (Investimenti diretti esteri) in termini di lotta alla povertà ed
all’esclusione sociale. Questi ed altri sono i punti inclusi nella
piattaforma della rete parlamentare internazionale una rete di
parlamentari nata a Porto Alegre in occasione del Forum Sociale Mondiale
che si e’ riunita un paio di giorni prima dell’ inizio del negoziato. Una
delegazione nella quale ho partecipato come rappresentante italiano ha
consegnato oggi al Presidente della Conferenza, il ministro degli affari
esteri messicano una petizione firmata da centinaia di parlamentari di
tutio il mondo nella quale chiediamo anche maggior trasparenza e
democraticita’ dell’ istituzione.
Nel corso del dibattito, che ha visto la
partecipazione anche di rappresentanti dei fori parlamentari di paesi in
via di sviluppo dall’Asia, all’Africa all’America Latina, si e’ molto
parlato del ruolo che i parlamenti devono svolgere come cinghia di
trasmissione delle istanze e delle richieste della societ’ civile
organizzata e dei movimenti sociali. Si e’ giustamente lamentato lo scarso
coinvolgimento dei parlamenti nell processo negoaizale, spesso tenuto a
porte chiuse o in luoghi informali lontani dal pubblico scrutinio, e si e’
puntato il ditto sui rischi conntaturati alla trasformazione del ruolo dei
governi e degli stati. Non piu’ depositari del ruolo di garanti e promotori
del pubblico interesse, i governi sempre piu’ sotto la spinta delle
istituazioni internazionali quali WTO, Banca mondiale e FMI si trasformano
in strumenti per il sostegno al settore private ed al percato,m nella
convizione non suffragata da prove certe, che la liberalizzazione del
commercio sia l’unica via allo sviluppo sociale.
Ne sa qualcosa il popolo
messicano che in seguito all’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti
d’America, il cosiddetto NAFTA, ha visto il suo settore agricolo inondato
di mais transgenico, di pesticidi probiti nei paesi "ricchi" (ne ho visti
con i miei occhi in Chiapas di contadine maya raccogliere ortaggi da campi
contraddistinti con etichette con su scritto paraquat, o Glifosato,
sostanze tossiche e cancerogene), un aumento delle maquiladoras,
fabbrichette luride nelle quali lavorano operai senza diritti, e dei flussi
migratori verso gli USa spesso accolti a colpi di fucile sulla frontiera.
Cosi’ sono iniziati i negoziati veri e propri, in una nebulosa che tutto
raccoglie e poco spiega ai non addetti ai lavori, ai tassisti di Cancun o
ai camerieri degli alberghi di lusso, assurdi nel loro gigantismo, o ai
turisti che restano a prendere il sole incuranti - se non inconsapevoli -
di cio’ che sta accadendo sotto il loro occhi. Qualche giornale ha gia’
previsto l’esito, uno slittamento di due anni, posizione questa sostenuta
dagli americani, che dai movimenti verrebbe vista come una qualche forma di
successo, dai paesi in via di sviluppo come una pausa per compattare le
fila, dai parlamentari come opportunita’ per ridiscutere del loro ruolo nel
governo dell’economia globale, dal WTO come un piccolo ma significativo
passo in avanti, dalla delegazione italiana, presidente di turno
dell’Unione Europea come importante passo in avanti per la tutela dei
prodotti agricoli italiani di qualita’.
Restano gli USA che gia’ dal 16
settembre potrebbero rilanciare i loro accordi bilaterali, le imprese
transnazionali che continuerebbero con il loro business as usual, le
Nazioni Unite che cercano di rimettersi in sesto, l’Unione Europe che
trovera’ altre maniere ed altri luoghi per ottenere cio’ che Cancun gli
avra’ negato. E’ morto il re viva il re. Chissa’ se questa volta sara’ il
popolo (ed i popoli) a tornare sovrano. Le prossime ore ce lo saperanno
dire con piu’ chiarezza. Intanto anche il Subcomandante Marcos ha fatto
arrivare la sua voce. Me lo avevano detto gli zapatisti che avevo
incontrato sulla via per Cancún alla giunta del buon governo presso San
Cristóbal prima di visitare il famoso caracol zapatista di Oventik , ed il
Sub ha trovato la maniera migliore per sostenere con i suoi le giuste
rivendicazioni di coloro che sono affluiti qui a Cancún e si stanno
preparando alla marcia del 13.
Francesco Martone
Senatore dei verdi