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La polizia ha risposto con i lacrimogeni e i manganelli. Loro si sono
rinchiusi all’università, vietata per legge agli agenti
Molotov e pietre, Black bloc all’assalto
Oltre ottanta fermi ai margini della manifestazione pacifica di
venticinquemila persone
DAL NOSTRO INVIATO
SALONICCO - Vampate di molotov. Piogge di pietre. Nuvole di fumo dei
lacrimogeni. Vetrine spaccate. Un poliziotto alle prese col fuoco di una
bottiglia incendiaria che stava per attecchire ai suoi scarponi anfibi. Una
ragazza con maschera antigas colpita a manganellate da una pattuglia di
agenti fin quando non è caduta per terra. Non era esattamente il panorama di
una città di mare in estate, quello di ieri a Salonicco. E’ stato un
pomeriggio di scontri.
A circa 80 chilometri da Porto Carras, il paesino nel quale la riunione del
Consiglio europeo era per altro già terminata, sono bastati 250 tra
anarchici dell’ultima generazione e Black bloc per far passare in secondo
piano diverse manifestazioni con un totale di circa 25 mila persone
organizzate da no global pacifici, dal Partito comunista greco, dai
militanti italiani dei Cobas, da marxisti-leninisti che si sono visti
costretti a sfilare vicino ai trotzkisti anche se avrebbero preferito tenere
le distanze. In serata, i fermi compiuti dalla polizia risultavano 73.
Imprecise le voci sulla nazionalità dei fermati. Non è escluso che ci siano
stati italiani. Feriti, ufficialmente, in un primo momento nessuno.
E’ stato così anche perché alcuni dei Black bloc non se la saranno sentita
di farsi curare negli ospedali rischiando la galera. Dopo che i suoi compari
avevano incendiato un Mc Donald’s, un negozio Vodafone e una gelateria,
ridotto a carcasse una ventina di auto, almeno uno di loro era nelle mani
degli agenti con la pelle della fronte strappata. La quantità dei
lacrimogeni sparati dalla polizia in corso Egnasia e vie vicine ha spinto
gli abitanti di alcuni palazzi a lasciare le case.
Sarebbe curioso sapere se i Black bloc, che ambiscono ad accreditarsi come
difensori di un mondo non inquinato, giustificheranno ai loro seguaci i due
alberi andati a fuoco per le molotov. A lanciarle erano state quelli di loro
che si erano preparati al pomeriggio anticapitalistico spalmandosi, sulle
braccia e sul viso, un impasto di acqua e Maalox, ritenuto capace di
mitigare gli effetti urticanti dei gas contenuti nei candelotti.
Puntuale e ripetitivo come certi aspetti del cerimoniale dei capi di Stato e
di governo contro i quali contestano, il rito devastante del blocco nero è
cominciato quando dalla coda di uno dei cortei pacifici, incappucciati,
hanno spaccato le prime vetrine. Le cariche li hanno respinti verso
l’università, diventata il loro accampamento perché per legge la polizia
greca non ci può entrare.
Il divieto deriva dalla repressione con i carri armati che i colonnelli
greci ordinarono nell’università di Atene il 17 novembre 1973, cercando di
stroncare una protesta che significò l’inizio della fine del regime.
M. Ca.