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No alla Sardegna pattumiera

Publie le venerdì 27 giugno 2003 par Open-Publishing

Il federalismo non prevede scorie nucleari
di Marco Mostallino

Adesso siamo in emergenza. Eppure le centrali sono state spente dopo il
referendum del 1987, quando gli italiani dissero no al programma nucleare.
Siamo in emergenza con le scorie radioattive perché in sedici anni nessun
Governo nazionale ha voluto contaminarsi con un problema che, comunque verrà
affrontato, scatenerà un fall out di proteste. E in queste ore il timore è
che sia la Sardegna a dover piangere: l’unica regione che non beneficia
della fonte di energia a basso costo - il metano - affinata dopo la rinuncia
al carburante atomico.
Il fardello, ambientale e sanitario, è costituito da cinquantamila metri
cubi di materiali che per trecentomila anni emetteranno i loro isotopi. Il
Lazio, l’Emilia e la Campania - regioni dove si trovano le centrali atomiche
fuori servizio - hanno fatto sapere a Palazzo Chigi che non intendono più
ospitare le discariche provvisorie. Bisogna dunque trovare altre terre -
politicamente più deboli - per un deposito definitivo, che conterrà non
soltanto le scorie italiane ma anche quelle prodotte da un reattore francese
del quale l’Enel manteneva una partecipazione.
Così, con un meccanismo attivato in maniera sempre più frequente, il premier
Silvio Berlusconi ha dichiarato lo stato di emergenza e ha conferito al
presidente della Sogin i poteri di commissario: il generale Carlo Jean,
comandante in capo della società statale per il nucleare, è autorizzato a
violare ben ventuno leggi nel campo della tutela dell’ambiente, delle
licenze edilizie, dei trasporti pericolosi. Tra i primi atti dell’ex
militare c’è stato l’inserimento delle "isole non sismiche" nella lista
delle possibili pattumiere. Il sito sarà in un poligono militare, in una
miniera abbandonata o in una grotta: la Sardegna è immune dai terremoti e
offre una vasta gamma di destinazioni. Certo, anche nelle Alpi si trovano
siti analoghi: ma chi è disposto a credere che Bossi consenta all’alleato
Berlusconi di portare le radiazioni eterne nei propri feudi? Sarebbe l’
Hiroshima elettorale del Senatur.
Il deposito verrà poi blindato con un sarcofago simile a quello di
Chernobyl. Per chi andrà a scavare, fabbricare e gestire si tratta di un
affare che, per il solo avvio, comporterà un giro di denaro pari a due
miliardi e seicento milioni di euro. L’emergenza rende. Ma va ovviamente
pagata. Per ora, con un prelievo ad hoc dalla bolletta elettrica dei
cittadini. E tra poco con la penalizzazione di chi ha già versato un forte
obolo allo sviluppo altrui: servitù militari, abbandono delle miniere,
energia a costi elevati.
Ora le istituzioni sarde si appellano all’Autonomia. Ma mentre il presidente
Mauro Pili garantisce che «mai» l’Isola diventerà una pattumiera, l’
assessore all’ambiente Emilio Pani (con decreto del 20 marzo 2003) autorizza
lo sbarco a Portovesme di ottomila tonnellate di rifiuti «classificati
pericolosi», prodotti da un’acciaieria francese. Non sono radioattivi, sia
chiaro, ma quanto a inquinare svolgono bene il loro lavoro. Miserie nostre e
spazzatura altrui. È questo il federalismo che ci aspetta?