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Bologna, alla festa dell’Unità grande successo per il segretario del Prc a
confronto con Mussi
Bologna nostro servizio
Sono le nove di sera precise e il Palaconad, tendone allestito per i
dibattiti della festa nazionale dell’Unità di Bologna, è già colmo. A
momenti inizierà l’incontro fra il segretario di Rifondazione comunista,
Fausto Bertinotti, per la prima volta ospite della festa diessina, ed il
coordinatore del correntone Ds, Fabio Mussi. La speranza implicita del
titolo "Uniti si vince" oltre che nei manifesti dell’appuntamento si legge
nelle facce delle migliaia di giovani, anziani, uomini e donne, pronti a
scatenarsi in un lungo applauso quando i due protagonisti fanno il loro
ingresso sul palco, accompagnati dal moderatore Antonio Di Bella,
direttore
del Tg3. Dal calore dell’accoglienza si capisce subito quanto sia forte la
necessità di avere delle risposte, di essere confortati da coloro che
possono, anzi devono, liberarli da Silvio Berlusconi. Perché del Cavaliere
«non se ne può proprio più».
E i due non si fanno pregare. Specialmente Bertinotti che chiarisce subito
che «non ci troviamo più in condizioni ordinarie. E i danni del governo
possono diventare irreversibili». Da qui l’esigenza di «andare il più
rapidamente possibile al voto» e di cacciare coloro che «essendo alla
frutta
non sanno più cosa fare, tranne che minare le radici della società civile
per nascondere il loro fallimento. E che per questo, sono pericolosi». Uno
scroscio di applausi e i segni di condivisione che Mussi lancia con il
movimento della testa accompagnano le parole del segretario del Prc. La
realtà dell’urgenza viene ammessa anche da Mussi che, rivolto alla platea
ammette «di non poter più sbagliare, perché non ce lo perdonereste. E
sappiamo di non avere 50 anni di tempo, anche perché corriamo il
rischio di
arrivare alle elezioni con la Costituzione stravolta». Riconosciuto il
"perché" della domanda che viene dal basso, resta però da trovare il
"come"
della risposta.
Ed il primo passo da fare è quello di «lasciare alle spalle quello che è
stato in passato, senza rinfacciare niente a nessuno. Reciprocamente»
puntualizza Mussi. Impegno condiviso anche da Bertinotti, che si spinge
oltre trovando nella «desistenza, che altro non era che l’assenza di un
accordo programmatico» la causa della rottura della coalizione di governo.
Ecco perché è necessario «mettersi d’accordo prima» e farlo adesso, nel
momento in cui «l’avversione a questa maggioranza è cresciuta ovunque,
anche
fra i suoi sostenitori. E se non capiamo questo non si può neanche
iniziare
a fare politica». Ecco che il popolo della festa si spella la mani verso
colui che un tempo consideravano l’artefice della caduta del governo
Prodi.
Alla stessa visione del passato, si deve però affiancare una linea comune
per il futuro. La visione di Mussi, nell’attesa di capire «la sostanza
della
proposta della lista unica riformista», è quella di «un Ulivo in cui si
stringano i legami, con un manifesto ed un simbolo comune, ma» ma «senza
Rifondazione, senza le idee di Rifondazione, non si va neanche alle
elezioni». Finito di applaudire, Bertinotti illustra la sua idea di «una
sinistra riformista ed una "radicale" già esistenti, di cui vanno
definiti i
confini. Abbiamo bisogno di ri-dislocare le forze per avere tutti
competizione all’interno dell’unità». Unità che serve per contrastare la
«crisi del modello di sviluppo capitalistico, che ha portato l’Italia a
viaggiare con due monete: l’euro per i prezzi e la lira per i salari,
che ha
esasperato la precarietà e che ora ha nel mirino le pensioni. Che ha
portato
gli anziani ad una condizione sociale di isolamento e che poi non sa
neanche
curarli.
Che ha distrutto l’ambiente e che come rimedio propone il ponte
sullo stretto di Messina». Bertinotti parla, Mussi annuisce e poi dice la
sua: «Ci sono leggi da abrogare, come la legge 30 e c’è un Pil da
risollevare, con una politica di ri-distribuzione dei profitti, a
vantaggio
degli stipendi dei lavoratori». Stavolta è Bertinotti a dire di sì con la
testa ed a rilanciare: «La crisi economica è di fondo e riguarda tutto il
globo. Non possiamo non esultare per l’esito del vertice di Cancun, ma
dobbiamo interrogarci sulla reale alternativa alle politiche
neo-liberiste.
Perché dall’altra parte c’è un nucleo di estremisti guerrafondai che
incalza, e sono i neo-cons. La globalizzazione ha prodotto solo danni,
primo
fra tutti l’impero americano. Il loro concetto di libero mercato
presuppone
la possibilità di procacciarsi manodopera laddove costa meno, ma la libera
circolazione delle merci non è mai esistita». Anche questa è una
realtà che
«è davanti al suo fallimento. Il fallimento di relazioni politiche e
commerciali inique. E per nasconderlo propagandano guerre. Ecco perché noi
dobbiamo superare l’idea contemporanea dell’Europa. L’Unione fra Stati che
ha solamente regolato i mercati e che è diventata succube degli Usa è
inaccettabile. La futura Europa si dovrà basare sulla nostra
tradizione.
Noi
non vogliamo morire americani». «Ma se loro sono diventati più
pericolosi -
conclude il segretario di Rifondazione comunista - noi siamo
attraversati da
grandi movimenti. E non possiamo tradirli».
Chiarita la volontà di coinvolgere tutte le forze sociali ed i
movimenti in
ogni processo decisionale, italiano o globale che sia, Bertinotti ascolta
Mussi dire che «un altro mondo è possibile. E bisogna iniziare a
costruirlo
da subito. Che cosa stiamo aspettando?».
L’incontro si conclude con il bagno di folla per i protagonisti. Il nuovo
ciclo è nell’immagine del popolo Ds che, dopo averlo applaudito per le due
ore di dibattito, si stringe calorosamente attorno a Fausto Bertinotti,
cercando una stretta di mano e esprimendogli approvazione. La base di un
accordo c’è, tutti l’hanno capito. Rimane solamente l’impazienza di vedere
cosa verrà costruito sopra questa base.