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Ostaggi e torture: il risultato di una guerra illegale
Publie le martedì 4 maggio 2004 par Open-Publishingdi Mara Muscetta *
Sia Bush che Blair si sono dichiarati inorriditi dalle immagini diffuse dalla CBS sulle torture inflitte da militari americani ai prigionieri irakeni. Sono derive tipiche della guerra, di qualsiasi guerra o di questa guerra?
Scrive R.Fisk che gli Irakeni sono trattati dai militari occupanti con disprezzo razzista, e definiti "teste di lenzuolo" o" teste di straccio", e noi sappiamo anche (lo ha detto la senatrice De Zuleta al dibattito diretto da Piroso, questa mattina , su La 7 ad "Omnibus"), che nell’esercito americano ci sono molti contrattisti, che probabilmente - per il loro statuto privato - non risponderanno ad un tribunale miulitare per i loro abusi, semplicemente perché dell’esercito non fanno parte integrante ma sono solo di supporto.
Chi ha richiesto le torture , qualcuno per favorire gli interrogatori ?
Fa onore comunque allo spirito democratico di quei militari americani che, fotografando quegli episodi, li hanno denunciati all’opinione pubblica del paese, per televisione, affinché ci fosse una generale presa di coscienza di queste gravi anomalie, come pure del nuovo spirito insurrezionale presente in Iraq, animato congiuntamente da sciiti e da una parte dei sunniti, contro l’occupazione militare.
Non si sa se la tardiva decisione di Bremer di rimettere in circolo un generale sunnita della Guardia repubblicana di Saddam, a Falluja, avrebbe potuto veramente riparare le lacerazioni che la cosiddetta "liberazione " sta producendo nel paese. La persona é comunque già stata sostituita da un altro esponente dei servizi segreti irakeni, meno compromesso col passato regime.
Al momento attuale la decisione di rilasciare gli ostaggi italiani é stata messa nelle mani dei Curdi, che stanno al Nord del paese. L’Unione Patriottica Curda, una delle due fazioni in lizza, ha già dichiarato che mai rilascerà i prigionieri irakeni richiesti per lo scambio.
Allora diamo un’occhiata al passato e al presente. I Curdi sono stati oggetto di una feroce persecuzione da parte dei Sunniti di Saddam: Ali’ il chimico ha fatto strage di loro. Noi italiani abbiamo consegnato il ribelle "terrorista" Ocalan ai Turchi (salvato dalla condanna a morte, perché questa misura estrema é categoricamente esclusa dalle leggi dell’Unione). E’ tuttora in carcere, e non sappiamo in quali condizioni detentive.
Non sappiamo nemmeno cosa farebbe la nostra diplomazia, se fosse costretta a scegliere fra un Paese che si prepara ad entrare nella U.E, la Turchia, e i Curdi, disperati, in lotta da più di mezzo secolo, con le frontiere contestate da 3 paesi: Iran, Iraq e Turchia.
La Francia di Mitterand - che aveva scelto di appoggiare i Curdi, all’epoca della prima guerra del Golfo , quando l’Iraq procedeva alla gasificazione di massa - oggi vuole un referendum nazionale sull’entrata della Turchia nella UE. E noi italiani che faremo?
La liberazione dei prigionieri irakeni nelle mani dei Curdi, condizione per la liberazione dei nostri ostaggi, fa parte di un gioco politico complesso , che si scioglierà solo grazie a un ruolo cruciale dell l’Onu, e solo quando la legalità internazionale verrà ristabilita.
Le tappe principali saranno il nuovo governo provvisorio Irakeno, di cui dovrebbero far parte anche i Curdi, una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza, che sancisca, dopo il 30 giugno, una missione dei caschi blu, già preconizzata da Kofi Annan, ed il ritiro progressivo degli americani e degli Inglesi dal territorio.
Se così stanno le cose apparirebbe completamente inutile - per giustificare una presenza in Irak - continuare ad agitare lo spettro della guerra civile tra Irakeni a fronte del disastro globale che l’attuale situazione sta producendo.
In questo quadro, una ridefinizione degli scopi dela nostra missione in Iraq sarebbe quanto mai urgente: a cominciare dal ritiro delle truppe, entro maggio, in attesa di un ritorno degli Irakeni alla piena sovranità sul loro territorio e sulle loro risorse.
Il ritiro delle nostre truppe dal fronte irakeno era stato richiesto dalle forze pacifiste molto prima del rapimento dei 3 civili italiani, quindi non si tratterebbe di un atto di fuga, come non può essere considerato un atto di viltà la decisione del nuovo leder spagnolo Zapatero, che si era pronunciato a favore del ritiro delle truppe spagnole ben prima dell ’11 marzo.
La linea Frattini é un buon’inizio, anche se molto tardivo, ma il ministro dovrebbe accordare i suoi violini con quelli del Presidente del Consiglio.
* gia’ direttore dell’Istituto italiano di Marsiglia