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Presidio Halliburton

Publie le sabato 31 maggio 2003 par Open-Publishing

Ieri, giovedì 29, dalle ore 15:30, un gruppo di compagn* ha montato un
presidio di fronte all’impianto ravennate della multinazionale Halliburton,
la società U.S.A. che ha ricevuto l’appalto per la gestione dei pozzi
petroliferi iraqueni e per la ricostruzione dello stesso Iraq.

La società, il cui amministratore delegato è stato, fino al 2000, il vice
presidente americano Dick Cheney, è l’ennesimo simbolo del mostro
imperialista, il braccio esecutore che si occuperà di riconvertire l’Iraq
occupato per gli appetiti famelici delle compagnie petrolifere e per gli
interessi degli invasori stranieri.

I compagni e le compagne hanno denunciato la politica devastatrice de g li
U.S.A., che si considerano giudici del mondo, dei suoi popoli e delle sue
risorse. La cosiddetta "pace" imposta dall’America non è che un ordine
mondiale creato con il sangue e con le armi, a scapito di milioni di
innocenti in tutto il mondo a cui viene negato il fondamentale diritto
all’autodeterminazione.

I manifestanti si sono poi schierati al fianco della guerra di resistenza
in Nepal, profondamente osteggiata dalle ingerenze U.S.A.

Il presidio si è protratto per un paio d’ore, durante le quali si è
riuscito ad interloquire anche con gl i operai al lavoro nello
stabilimento, che spontaneamente hanno fotocopiato il volantino del
presidio diffondendolo all’interno. La comunicazione con gli operai è stata
infatti impedita in tutti i modi dalle forze dell’ordine presenti.

Alcuni operai hanno affermato che i turni che periodicamente si fanno sulle
piattaforme off-shore sono estenuanti, che spesso sono costretti a giornate
intere in piedi per sbrigare il lavoro in tempi più brevi.
Per questo qualcuno si è persino rivolto alle autorità giudiziarie.

La rabbia de* compagn* è poi sfociata nel gesto simbolico di bruciare la
bandiera americana, ormai diventata il vessillo del nuovo t e rrore
mondiale.