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SINISTRO TEDIO

par lucio galluzzi

Publie le sabato 18 aprile 2015 par lucio galluzzi - Open-Publishing



Ormai è da giorni che i notiziari nazionali devono per obbligo mandare in onda la marchetta estesa [nel senso che è infinita] del nuovo film di quel tizio che da decenni ci racconta il suo percorso psicoanalitico.
Era quattro anni che per fortuna non produceva noia, già cominciavo a sperare, perché la precedente fatica del girotondista per hobby aveva abbondantemente affettato le gonadi con lo scandalo, ma quale scandalo?, di lui stesso che sodomizzava la tizia che forse era l’ater ego[ista] del medesimo inculatore.
Quella scena, peraltro davvero ridicola, che tutto aveva di comico e nulla d’erotico o porno, era mandata e rimandata in onda continuamente, bisognava che si aprisse un dibattito, una tavola rotonda, un simposio, era argomento Nazionale.
Ma come? Il regista serio e intellettualissimo, tutto a modo, sodomozzava la protagonista, che poi era lui stesso?
E giù così per settimane.
Traduzione dal Vocabolario della Società dello Spettacolo: "O andate a vedere il suo film o andate!"
Sono orgogliono di non aver mai visto un film di questo tizio.
A volte ritornano.
E’ ritornato appunto.

La marchetta questa volta si svolge così: ci sono tre tizi seduti, due di sicuro sono Kripstak e Petrektek [cfr: Zelig, Cinema Polacco], tristissimi seduti su sgabelli tristissimi, la terza figura non si identifica bene, si riconosce dalla voce però e dal pensiero che esprime: il tono è quello del tedio fatto persona, l’argomento consiste nell’autocebrazione.
Kripstak e Petrektek stanno zitti per un bel po’, annuiscono solo con la testa, come fedeli della Chiesa Intercostale, sottolineano così l’importanza della minchiata di turno che è questa: "ho scelto lei per interpretare me perché io sono lei, già lo aveva fatto, ma questa volta la cosa è più intima. E’ un lavoro di calata interiore nel reale della morte di mia madre, che vuole essere la rappresentazione di un sentimento profondo che molti italiani provano quando perdono la mamma e entrano in lutto..."
Kripstak e Petrektek a questo punto diventano contriti, non annuiscono più, quella in mezzo sembra che voglia piangere, l’altra a lato comincia a recitare l’essenza della civetta/gufo colpiti da ictus doloroso.
Ed ecco che quella in mezzo parla: "E’ vero, io sono lui, nel senso che lui è me, ma io sono anche sua mamma, e sai calarsi in questa situazione è stato non solo difficilissimo, ma proprio per la complessità interiore sua [di lui, NdA] (lo guarda ammirata come si faceva con Sai Baba, lui gonfia la coda di pavone si gira e mostra l’ano conscio, come fa tutti i pavoni del resto), lui ha una sensibilità tale che lo porta a pretendere l’impossibile dagli attori..."
Poi è il turno della civetta/gufo, che parla italiano è vero, ma non si capisce cosa dica, un pensiero che ha a che fare con il teatro, prestato al cinema che diventa cinema vero, perché sul palco non ci sono i ciak, mentre lui [il Sai Baba, NdA] vuole la perfezione.
A questo punto hai la conferma, spudoratamente dimostrata, che la quasi totalità dei percorsi psicoanalitici genera narcisi mostri, che non realizzano più la santa riservatezza del proprio privatissimo e fottuto mondo, ma riversano le sfighe più profonde del loro io megalitico su chi ne ha già le palle pienissime del proprio.
Mi domando: ma a noi che michia ce ne deve fottere dell’elaborazione del lutto di questo signore?
Non te lo puoi chiedere.
Spegni la marchetta che passa da RaiNews, SkyTG24, TG3, TG2, TG1, TGCOM24... e speri nella radio.
Invece no.
Anche lì su ogni canale nazionale devi per forza farti carico del dolore elaborato o meno del tizio che ha perso la mamma.
Sia chiaro, io non ce l’ho con questo signore, non particolarmente, ma essendo lui personaggio pubblico si espone al giudizio di chi deve sopportare le molestie delle sue produzioni e conseguenti promozioni "giornalistiche"; veramente diventano puro stalkeraggio.
Ma lui è solo uno dei tantissimi che in nome della presunta intellettualità organica sinistra, ci effondono incultura, inciviltà, culto della personalità, deliri d’onnipotenza e la qualsiasi merda tirano fuori deve per forza diventare "esempio di creatività e intelligenza artistica nazionale".
Invece ci hanno semplicemente rotto il cazzo.
Lui, quell’altro che se ne doveva andare in Africa e non l’ha fatto perché deve scrivere libri e fare film su Berlinguer, l’amico ministro che è diventato tutto artistico, quello di Torino, "punta avanzata" del pensiero moderno, il medico di Roma, l’ex sindaco di Venezia e ce ne sono tanti altri, tutti identiti, con la stessa barba, stesso tono monocorde, uguale sicumera clinica; uno solo tra loro non ha barba, porta baffetti, ma ha rotto i coglioni più degli altri.
E’ dal 1994 che non accadeva che tre italiani fossero con i loro film a Cannes.
Bravi, bene, bis!
Tutti che applaudono contenti.
Ma per cosa?
E’ tedio sinistro, orticello privatissimo pure misero di chi non ha più nulla da proporre se non se stesso, nulla in più da dire e/o comunicare all’Altro.
Ma applaudono!
E’ una "cultura" questa alla Giovanni Lindo Ferretti che all’improvviso scopre nella Madonna il suo terapeuta, inizia un percorso di vino e ora va di chiesa in chiesa a stonare pure i finti gregoriani.
Mi mancano Monicelli, un certo Bertolucci.
Non riesco ancora a farmene ragione di Carmelo Bene morto.

Una sinistra sinistrata in coma irreversibile.
Sinistro tedio.


Lucio Galluzzi

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