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Siamo stati in Palestina, più di un anno fa, partecipando alla Carovana
di Action for Peace, con la delegazione dell’Associazione Ya Basta! Al nostro
ritorno, ognuno nelle proprie città, ognuno nelle proprie realtà, ci siamo
buttati ad organizzare incontri, dibattiti, manifestazioni, presidi.
Da quei giorni il conflitto ha continuato a seminare morte e distruzione,
mentre l’occupazione dei territori palestinesi è proseguita, schiacciando
inesorabilmente un popolo che da più di quaranta anni combatte per la propria
libertà e la propria terra. Negli ultimi tempi si sono però aggiunti nuovi
elementi, come la costruzione del Muro, che nei piani del Governo Sharon
dovrebbe separare definitivamente palestinesi ed israeliani, garantendo
la
sicurezza di questi ultimi.
Ma non sarà così: questa gigantesca opera in cemento armato sta di fatto
sancendo una situazione di vero e proprio apartheid per il palestinesi,
che
verranno letteralmente "chiusi" all’interno di entità autonome molto, troppo
simili ai bantustan in uso nel Sud Africa segregazionista. Il muro, a dispetto
di quanto pensano molti, non ricalca infatti la Green line, cioè i confini
fra lo Stato Israeliano e i Territori occupati della Cisgiordania, ma si
insinua a
fondo nei territori occupati, lambendo villaggi e città, attraversando campi
coltivati e montagne, inglobando falde acquifere, sorgenti, zone fertili.
Al
tempo stesso chiude le zone palestinesi, dividendole e spezzettandole in
tanti piccoli ghetti non comunicanti fra loro, eliminando ogni traccia di
contiguità territoriale. Difende invece le numerose colonie, che non verranno
mai smantellate e che anzi continuano ad allargarsi e a moltiplicarsi.
Impedirà all’entità palestinese di avere propri confini, costringendola
a vivere sotto il quotidiano controllo di un esercito di occupazione. Questa
è la
realtà del muro, la cui costruzione garantirà ben poca sicurezza, ma aumenterà
sicuramente l’esasperazione del popolo palestinese.
Contro questa ennesima prevaricazione, che rischia di sancire definitivamente
la condizione di subalternità e ghettizzazione della popolazione araba,
ben poche voci si sono levate nel mondo occidentale, attanagliato anch’esso
dalle stesse fobie sul concetto di sicurezza.
I nostri paesi, l’Europa stessa non sono forse in procinto di costruire
i propri muri’
Il mostro di cemento che si sta erigendo in Palestina può quindi essere
considerato un paradigma dell’idea di Nuovo ordine mondiale che ci viene
proposta dall’11 settembre in poi: perde la sua pur tremenda valenza locale
e diventa paradigmatico della concezione di dominio dei Potenti della terra.
E’ per questo che abbiamo deciso di tornare in Palestina, per capire e disvelare,
innanzitutto a noi stessi, la realtà di questi processi. Consapevoli che
il muro, tutti i nostri muri, possono e devono essere fermati, boicottati,
abbattuti.
Quello che vi proponiamo è un breve diario delle intense giornate trascorse
in Palestina, insieme ad altri volontari di ogni nazionalità, e soprattutto
insieme al popolo palestinese, che ci ha accompagnato, accolto e guidato
in questo percorso.
Proponiamo inoltre un pezzo introduttivo sul Muro, estratto dalla pubblicazione
"Stop the Wall" curata dal PENGON, un cartello di ONG palestinesi.
Siamo consapevoli della parzialità e della limitatezza della nostra esperienza,
e che gli episodi che riportiamo sono ben poca cosa rispetto a quanto
deve subire quotidianamente il popolo palestinese. Ce ne scusiamo anticipatamente,
sperando di essere riusciti a parlare non tanto di noi stessi,
quanto di quello che abbiamo visto.
Il Muro: attuali devastazioni e progetti futuri
Nel giugno 2002, Israele ha dato il via alla nuova fase del suo progetto
di espansione e di repressione, costruendo un Muro lungo l’intera estensione
dei confini della Cisgiordania. Il percorso di questa vera e propria serpentina
seguirà fedelmente la logica della confisca e del controllo dei territori
palestinesi, inclusa ovviamente l’annessione dei terreni su cui sorgono
gli insediamenti dei coloni.
Contrariamente alle informazioni diffuse, il percorso del Muro (definito
anche "recinto", "barriera di separazione" o ancora più ipocritamente "recinto
di
sicurezza") non seguirà i confini del 1967 tra Israele e Palestina (risalenti
a prima dell’invasione da parte di Israele durante la guerra dei sei giorni),
noti
anche come Linea Verde. Il Muro è nei fatti un’ulteriore confisca di territorio
e il definitivo sigillo sullo status dei Territori Occupati e sull’intera
Palestina.
Al momento, i primi tratti definitivi del Muro ’ e del suo impatto ’ sono
visibili a Qalqilya, Tulkarem e Jenin, oltre che nei pressi di Gerusalemme
e di
Betlemme, dove stanno già sorgendo alcuni cantieri. In ognuna di queste
aree il Muro è prossimo ad essere ultimato; solamente nel completamento
della "prima fase", che rappresenta appena 1/3 dell’intera realizzazione,
verranno profondamente stravolte 65 località palestinesi, per un totale
di oltre
200.000 persone.
Nel progetto attuale, il Muro si snoda all’interno della West Bank (Cisgiordania)
fino a punte estreme di 6 chilometri, come avviene nei distretti di
Jayyus e Qalqilya, confiscando di fatto porzioni sostanziali di terreni
fertili e falde acquifere palestinesi. Come se questo non bastasse, Israele
è in fase
di approvazione di un’estensione del progetto originario, che prevede l’annessione
di territori palestinesi sino a 16 chilometri all’interno della Linea
Verde, per poter consentire l’inclusione in Israele di colonie e insediamenti
come quelli di Ariel, Immanuel e Kedumim, che sono stati edificati
"illegalmente" in territorio palestinese.
Contemporaneamente, Israele sta
dando il via ai lavori della seconda fase, che prevede la costruzione di
un
secondo Muro lungo la Valle del Giordano. In questo modo Israele isolerà
e controllerà, attraverso i 650 km (!!!) di percorrenza del Muro, circa
la metà
del territorio della Cisgiordania.
A Gerusalemme, il Muro sta favorendo il completo isolamento del cuore della
Palestina. Quello che storicamente era il centro dei commerci, delle
relazioni sociali e religiose dell’intera Cisgiordania, sotto l’occupazione
israeliana (che oggi con il Muro diventa permanente) è diventato inaccessibile
alla maggioranza dei cittadini palestinesi. Betlemme, centro di enorme rilevanza
religiosa e culturale, dopo il completamento del "recinto," verrà
completamente separata da Gerusalemme, dalle località limitrofe e dal resto
della West Bank.
Durante l’implementazione della prima fase del progetto, ad est della Linea
Verde è prevista la costruzione di un ulteriore Muro lungo la percorrenza
della Trans-Israel Highway, isolando così le aree che si verranno a trovare
tra le due linee di difesa, ed espellendone le relative popolazioni.
La struttura del Muro
Il Muro assume forme fisiche diverse - da quella realizzata a Qalqilya,
dove è costituito da blocchi di cemento armato alti 8 metri con tanto di
torrette
di guardia, a quelle di altre aree dove si presenta sotto forma di recinto,
a volte elettrificato, e può includere tutte o alcune delle seguenti strutture:
fossati, strade ad uso esclusivo dei militari israeliani, filo spinato,
videosorveglianza, aree di rilevamento impronte e sistemi di respingimento,
per una
larghezza di 100 mt.
A Betlemme, il Muro è costituito da più strutture: il recinto (elettrificato),
sistemi di respingimento, sensori, fossati e filo spinato, per il completo
isolamento della città dal resto della Cisgiordania, con gli stessi effetti
che avrebbe se fosse circondata dal Muro di cemento. Strumenti diversi per
lo
stesso risultato.
L’apartheid
L’idea del Muro non è recente. Il progetto, all’interno dello stato di Israele
e delle sue istituzioni, di erigere barriere che favoriscano l’isolamento
della
popolazione palestinese, precede l’inizio dell’Intifada. La maggioranza
delle informazioni sul progetto continuano ad essere tenute segrete dal
governo
e dall’esercito israeliani. Le mappe che oggi esistono del Muro, del piano
di espansione e del secondo Muro, sono state tracciate basandosi sugli ordini
di confisca dei terreni che l’esercito israeliano consegnava ai contadini
palestinesi, unitamente a piccole mappe della loro località.
L’esercito
israeliano
si è ufficialmente rifiutato di pubblicare una mappa del Muro, pertanto
ogni acquisizione di mappe della "prima fase" è avvenuta solo dopo l’inizio
delle
confische e delle distruzioni.
La retorica ufficiale israeliana che afferma che saranno stabiliti punti
di attraversamento del Muro per le persone e per le merci, non trova riscontro
nella realtà, poiché il sistema dei permessi israeliano è storicamente il
pretesto per le più evidenti violazioni delle libertà di movimento. Come
rilevato
dall’organizzazione per i diritti umani B’Tselem, Israele non ha, ad oggi,
ancora disposto le risorse economiche necessarie alla realizzazione di tali
punti
di attraversamento, causando così l’impossibilità, ad esempio, per i contadini
di poter raggiungere i loro terreni che nel frattempo si sono inariditi.
La
spirale di confisca dei terreni e delle indescrivibili sofferenze nei Territori
Occupati è la conseguenza diretta dell’abilità israeliana di agire nell’impunità,
accompagnata dall’omertà internazionale.
L’espansione del Muro e l’inizio dei lavori nella Valle del Giordano, tracciano
la mappa di una Cisgiordania divisa in due fette, con due larghe e non
collegate aree centrali, comprendenti numerosi ghetti fatti di villaggi
e città senza libertà di movimento, circondati dagli insediamenti dei coloni,
basi
militari, strade riservate e dai check-points. Se l’intero progetto del
Muro verrà completato, la Cisgiordania si troverà divisa in tre cantoni
completamente separati, con l’impossibilità di spostarsi tra uno e l’altro.
Indipendentemente dalle trattative di facciata sulla creazione di uno stato
palestinese, nella realtà il Muro ’ meglio definito come Muro dell’Apartheid
’ sta tracciando il futuro stato di Palestina, sancendo di fatto le incessanti
ingiustizie derivanti dall’occupazione sul popolo palestinese.