Home > Se il Cavaliere va controvento

Se il Cavaliere va controvento

Publie le lunedì 6 ottobre 2003 par Open-Publishing

Già sulla guerra la gente la pensava diversamente dal premier ma ora la frattura è decisamente più
rilevante

di ILVO DIAMANTI

NON è riuscito a convincere gli italiani, il premier Berlusconi, sulla riforma delle pensioni
presentata dal governo. Nonostante la consumata abilità di "usare" il video. Ha messo in gioco la sua
credibilità personale. E la faccia. Uno strumento prezioso, per la sua strategia del consenso. Da
vero professionista della videopolitica. Per promuovere una legge impopolare. Giustificandone la
necessità e al tempo stesso assumendosene la responsabilità, in prima persona.

Senza, per una
volta, chiamare in causa le colpe degli altri: l’opposizione, i comunisti, i giudici. I "cattivi" di
sempre. Gli "indiani" del western che, con poca fantasia, continua a interpretare narrando della
vita politica nazionale. Non per questo ha spostato gli umori dell’opinione pubblica.

Che, anzi,
rispetto a qualche mese, si dimostra più ostile nei confronti della riforma del sistema previdenziale
proposta dal governo.
E neppure è riuscito, fino ad oggi, a ridimensionare il dissenso, la reattività sociale, tanto che
quasi il 60% dei cittadini si dice d’accordo con lo sciopero generale proclamato dai sindacati
confederali e il 34% di essi è disponibile a partecipare a manifestazioni di protesta contro la
riforma.

Il che ripropone una situazione particolarmente scomoda e sgradita a un leader abituato a "pensare
come la gente". Berlusconi, che ama veleggiare spinto dal "desiderio popolare", è costretto a
navigare contro il vento dell’opinione pubblica. Non è la prima volta. Gli era già accaduto la
primavera scorsa, durante la lunga crisi internazionale che preparò e accompagnò l’intervento militare
dell’alleanza guidata dagli Usa contro l’Iraq di Saddam Hussein. Allora la sua "fedeltà" alla
politica di Bush si scontrò con l’opinione pubblica, decisamente avversa alla guerra.

Come oggi.
Scelse, in quell’occasione, di uscire dalla porta di servizio. Da un lato, si eclissò; ridusse per
settimane la presenza sui media, quasi volesse eludere, dissimulandosi, il contrasto evidente che
lo divideva dalla "gente". Dall’altro, intraprese una linea ambigua: l’adesione senza
partecipazione; il sostegno alle ragioni dell’intervento ma senza intervenire. Scelse di non scegliere e di
non apparire. Per poter sorridere, sempre: a Bush e agli italiani. Con la conseguenza di venir
percepito dagli italiani come alleato degli americani, e dagli americani come un italiano. Quindi, poco
affidabile.

Questa volta, però, il caso è diverso. Perché il contrasto con l’opinione pubblica avviene non su
decisioni assunte da soggetti esterni, seppure amici, come gli Usa. Avviene, invece, attorno a un
progetto disegnato e voluto dal governo; dal "suo" governo; di cui egli si è fatto garante. In
prima persona.

Gli è difficile, questa volta, tornare indietro, ma anche ripiegare, rendendo ancor più
"progressiva" l’applicazione della riforma. O, peggio, depotenziandone ulteriormente i contenuti. Perché
diverrebbe un segno, un altro, della sua incapacità di governare, di decidere in modo responsabile,
come ci si attende da una maggioranza così maggioritaria, in Parlamento; confrontandosi e, se
necessario, scontrandosi con l’opinione pubblica, invece di inseguirne gli umori, i sentimenti e i
risentimenti.

Tuttavia, le difficoltà, per Berlusconi, non giungono solo dall’opinione pubblica. I contrasti
sulla riforma previdenziale rimangono forti anche nella sua coalizione. Dove la Lega, An, l’Udc
esprimono posizioni diverse e divergenti (sulle pensioni di anzianità e di invalidità, sulle norme che
riguardano il pubblico impiego), che riflettono la profonda eterogeneità degli interessi
territoriali e sociali rappresentati.

Così, questa volta, Berlusconi si ritrova da solo; a fronteggiare le resistenze di una maggioranza
in via di balcanizzazione. Ma soprattutto, quel che più conta, il premier deve, questa volta,
sfidare il dissenso popolare.
Così, per Berlusconi l’accidentato percorso della riforma potrebbe rappresentare un significativo
mutamento di immagine, associando la sua immagine a una questione di interesse generale invece che
privato (e aziendale). Si tratterebbe di una svolta politica, dopo anni di impolitica.

Coerente,
peraltro, con la commedia recitata, con successo, nell’ultimo decennio. Prevede, sulla scena, due
personaggi, soli: Berlusconi e l’Opinione Pubblica.

NdR - sunto essenziale di un lunghissimo articolo.