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Sette risposte a sette pseudo-argomentazioni

Publie le giovedì 22 maggio 2003 par Open-Publishing

1. "Danneggia l’economia e l’occupazione, è necessaria maggior
flessibilità"
VOTA SÍ perché il referendum non ha incidenza alcuna sull’economia e i
livelli di occupazione. Infatti riguarda esclusivamente il licenziamento
individuale senza giustificato motivo e per discriminazione. Oltre a tutte
le forme di flessibilità contrattuali e di legge negli ultimi 10 anni sono
stati, purtroppo, 250 mila all’anno i licenziamenti per crisi,
ristrutturazione, taglio dei costi. Le sentenze di reintegra decise dal
giudice annullando il licenziamento individuale arbitrario sono stati
nell’ordine di 1200 all’anno.

2. " Impedisce alle piccole imprese di crescere"
VOTA SÍ perché la libertà e la dignità del cittadino che lavora sono
inalienabili e prioritari e sono fattori di sicurezza e qualità del lavoro
anche per l’impresa: un positivo rapporto con dipendenti tutelati
dall’art.
18 è un beneficio al tessuto produttivo delle piccole imprese, più moderno
proprio perché rispettoso di regole e diritti.
I dati (ISTAT) e il governatore della banca d’Italia dicono che il 95%
delle
imprese è sotto la soglia dei 10 dipendenti e che quelle subito sopra i 15
dipendenti sono più numerose di quelle con 13-14 dipendenti, a
dimostrazione
che la scelta della dimensione d’impresa non ha nulla a che vedere con l’
articolo 18, ma con i processi che negli ultimi 30 anni hanno
profondamente
cambiato la struttura produttiva, l’organizzazione e il mercato del
lavoro.
In ragione di questo processo oggi le imprese sono piccole come numero di
dipendenti, ma grandi come fatturato con attività molto avanzate.

3. "Aumenterà il lavoro nero"
VOTA SÍ perché l’articolo 18 aiuta a uscire dal lavoro nero chi è sicuro
di
non essere ricattato dal licenziamento e contrasta la precarizzazione e la
destrutturazione del mercato del lavoro realizzata dalla delega
governativa
per renderlo tutto quanto più nero possibile. Il lavoro nero si contrasta
con la sicurezza del lavoratore, con le leggi, gli strumenti per
applicarle.
La vittoria del referendum ridurrà l’area del lavoro nero, perché
costruirà
solidarietà e unità in difesa di regole, tutele e diritti del lavoro e
renderà possibile la lotta per contrastarlo.

4. "Non tutela i lavoratori con contratti atipici"
VOTA SÍ perché estendere la tutela dal licenziamento arbitrario agli oltre
3
milioni di lavoratori dipendenti che ne sono privi vuol dire ampliare
l’effetto giuridico in caso di vittoria del referendum ai 2 milioni e più
di
co.co.co. e ai 3 milioni di lavoratori in nero. Fin dall’inizio il
referendum è stato promosso con l’obiettivo di unificare sul terreno dei
diritti tutto il mondo del lavoro, incluso quello con contratti atipici.
Il
SÍ al referendum coincide con un SÍ ad una legge che estenda le tutele ai
lavoratori e lavoratrici con contratti diversi dal tempo indeterminato. Il
SÍ è primo passo in questa direzione, e pone le basi per estendere i
diritti
a tutti.

5. " È uno strumento inadeguato"
VOTA SÍ perché il referendum è uno strumento costituzionale che assegna al
voto popolare funzione di legislatore in quanto può pronunciarsi anche in
contrasto con le rappresentanze elette, cioè il Parlamento. A febbraio è
stata approvata la legge delega sul mercato del lavoro che rende
istituzionale la precarietà del posto di lavoro (lavoro in affitto anche a
tempo indeterminato, a chiamata, ecc.), cancella il contratto collettivo
di
lavoro, toglie al sindacato il ruolo di rappresentare e tutelare i
lavoratori.
Con la maggioranza parlamentare che ha approvato questa delega è almeno
dubbio poter ottenere una legge che estenda i diritti. Certo la ottiene la
vittoria del SÍ che impedisce anche l’approvazione della delega che
modifica
l’articolo 18: se il governo l’approva prima del referendum, essa verrà
inglobata nel quesito referendario, in quanto in contraddizione con esso;
dopo la vittoria del SÍ non si può legiferare in contrasto con il voto
popolare. Infine la vittoria del SÍ rende immediatamente applicabile l’
estensione dell’articolo 18, perché il quesito è formulato in modo da
produrre l’immediata efficacia della nuova norma senza intervento del
legislatore.

6. "Il referendum divide"
VOTA SÍ perché l’unità si fa sulle cose. La maggioranza dei cittadini è
favorevole all’estensione del diritto a non essere licenziato
ingiustamente.
Chi mai, se non di animo proprio cattivo, può essere favorevole ad un
licenziamento e per giunta ingiustificato?
Esiste una maggioranza sociale favorevole al SÍ, e una grande attenzione
ai
diritti, prodotto della mobilitazione sindacale dello scorso anno. Sul
contenuto c’è l’unità dei lavoratori e la divisione della forze politiche.
Ma noi non abbiamo promosso il referendum per definire uno schieramento
politico, per unire o dividere la sinistra, fare un nuovo partito o altro.
Il referendum pone una questione di giustizia, di civiltà. Su questo
chiede
un giudizio, con un SÍ o con un NO, a tutti i cittadini, indipendentemente
da come votano alle elezioni politiche.
E’ certo comunque che dalla vittoria del SÍ può nascere una nuova stagione
sociale e politica con vantaggio e ragioni di unità per una politica
ancora
troppo attenta alle logiche di schieramento, ai propri processi interni,
piuttosto che alle domande della società, del mondo del lavoro, dei più
deboli.

7. "Il referendum ci porta fuori dall’Europa"
VOTA SÍ perché la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea all’
articolo 30 dichiara: "OGNI LAVORATORE HA DIRITTO ALLA TUTELA CONTRO OGNI
LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO". Non fa alcuna distinzione tra pubblico e
privato, tra aziende con più o meno di 15 dipendenti, tra lavoratori a
termine o a tempo indeterminato, tra subordinati e atipici. Inoltre
afferma - art. 51.1 - che l’esercizio del diritto deve essere effettivo e
non una mera enunciazione di principio.