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2003/art129.ht
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Soldati in Afghanistan ammalati per l’uranio
Sarebbero 8 i militari ricoverati. La Difesa risponde alla Lega:
indagheremo
GABRIELE CARCHELLA *
Rispunta lo spettro dell’uranio impoverito per i militari italiani in
missione all’estero. E lo fa tingendosi subito dei colori del giallo.
Ad appiccare il fuoco della polemica, questa volta, è stato il
deputato del Carroccio Edouard Ballaman, con un’interrogazione al
ministro della Difesa Antonio Martino firmata anche dai leghisti
Federico Bricolo e Cesare Rizzi. L’accusa è di quelle pesanti: «Già
otto militari della missione di pace Enduring Freedom' in
Afghanistan, sono stati rimpatriati e inviati presso il reparto
oncologico dell'ospedale di Siena con i sintomi registrati per i
militari reduci dal Kosovo e imputabili agli effetti dell'esplosione
di proiettili all'uranio impoverito». Affermazioni che riportano a
galla l'annosa querelle sugli effetti dell'uranio impoverito su
civili
e militari, combattuta da anni a colpi di studi scientifici,
commissioni ad hoc e richieste di risarcimenti. Ballaman chiede a
Martino di far sapere «quanti militari impiegati nelle missioni di
pace in Afghanistan e in Iraq sono rientrati per ragioni di salute e
quanti di questi sono curati per patologie di tipo oncologico». Il
deputato richiede inoltre che siano rese note le misure di sicurezza
adottate dai nostri militari schierati nei due paesi alla luce
dell'esperienza dei reduci dei Balcani. L'uomo del Carroccio non si
ferma qui, e auspica una verifica sul posto sui reali effetti
dell'uranio impoverito tramite l'invio di specialisti. Ma il pezzo
forte dell'interrogazione arriva nelle ultime righe dove, in un
crescendo di accuse e ipotesi di reato, si chiede al ministro Martino
di comunicare «quali sono le iniziative che il ministero intende
adottare affinché da un'accusa di omicidio colposo», prevedibile in
caso di una singola morte, «non si configuri - visto il numero dei
decessi - un'ipotesi di strage».
Puntuali e immediate sono arrivate le smentite dei diretti
interessati: per il comando italiano in Afghanistan nessun soldato è
rientrato in patria per farsi curare; per il professor Nobile, del
reparto oncologico dell'ospedale di Siena, nessun paziente con le
stellette è giunto dal paese asiatico; al ministero della Difesa,
degli otto soldati non sanno nulla e sono in corso verifiche. Falco
Accame, presidente dell'Associazione nazionale vittime arruolate
nelle
forze armate, cerca di fare chiarezza nel groviglio di accuse e
smentite: «I nostri militari sono in Afghanistan da troppo poco tempo
e i tempi minimi di incubazione del tumore sono abbastanza lunghi. E'
perciò improbabile che eventuali patologie dei soldati siano da
collegare alla permanenza in Afghanistan. Stesso discorso per l'Iraq,
dove gli italiani sono arrivati da poche settimane». Secondo Accame,
gli italiani che partecipano alla missione
Enduring Freedom’ non
corrono pericoli: «Sia in Afghanistan che in Iraq sono state adottate
misure di protezione che garantiscono al 100% la salute dei militari.
Se una minaccia di contaminazione esiste, potrebbe provenire
dall’uranio naturale, più potente di quello impoverito, che gli
americani hanno utilizzato in Afghanistan. Ma bisognerebbe verificare
se i nostri soldati hanno operato nelle zone dove l’uranio naturale è
stato impiegato. Rimane poi la possibilità che i soldati in missione
in Afghanistan abbiano già partecipato ad altre missioni, ad esempio
in Kosovo o in Somalia, quando ancora non esistevano misure di
protezione adeguate».
L’ipotesi dell’utilizzo di uranio naturale contro il regime dei
talebani è smentita da fonti ufficiali del ministero della Difesa
italiano, che la definiscono assai improbabile anche se non la
escludono a priori. L’uranio naturale è arricchito artificialmente
per
essere usato nei reattori nucleari. Sebbene la sua radioattività sia
molto maggiore rispetto a quella dell’uranio impoverito, esso non
aumenta la capacità di penetrazione dei proiettili. Resterebbe quindi
un mistero la ragione per cui gli Usa avrebbero fatto uso della
versione arricchita della sostanza. Come resta il mistero sulla
notizia degli otto soldati italiani rispediti a casa per
accertamenti,
oggetto dell’interrogazione dei tre leghisti. Di certo c’è solo
l’ennesima divisione all’interno della maggioranza, con la Lega che
punta il dito contro il ministro Martino.