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Tutti i no di Maroni

Publie le lunedì 5 maggio 2003 par Open-Publishing

Articolo 18, il ministro del welfare chiede al governo di costituire i
comitati per il no al referendum. Ulivo, Prc e Cgil contrari
ANTONIO SCIOTTO
ROMA
Il governo si scatena contro il referendum per l’estensione
dell’articolo
18. Il ministro del welfare Maroni ha proposto ieri all’esecutivo di
costituire i comitati per il «no» e ha subito provocato dure reazioni
nel
centrosinistra e tra i promotori del quesito. Un attacco ai diritti che
ormai si gioca su innumerevoli fronti, dato che la settimana prossima
al
Senato potrebbe essere approvata in via definitiva la delega sul
mercato del
lavoro: delega che darà il via al lavoro a chiamata, allo staff leasing
(le
aziende avranno interi reparti con lavoratori affittati a vita), al
collocamento privato e ad altre precarietà. La decisione definitiva del
governo sui comitati, comunque, dovrebbe arrivare nei prossimi giorni,
dato
che ieri, alla conclusione del consiglio dei ministri, si è saputo che
l’argomento non è stato affrontato. I più imbarazzati dalla decisione
di
Maroni appaiono i parlamentari della Margherita, già impegnati insieme
alla
maggioranza Ds a boicottare il referendum. «Mentre ribadiamo la
contrarietà
della Margherita al referendum - dice Tiziano Treu - sottolineiamo che
la
scelta del ministro Maroni è inaudita dal punto di vista politico ed
istituzionale, perché l’istituto del referendum preferisce una scelta
libera
nel merito dei problemi, piuttosto che uno schieramento ufficiale di
governo». La maggioranza Ds, ugualmente contraria al merito del quesito
referendario, per bocca di Cesare Damiano conferma che il partito
deciderà a
marzo l’orientamento ufficiale e ribadisce che l’Ulivo sta lavorando a
una
proposta di legge per l’estensione delle tutele per le imprese sotto i
16
dipendenti e i lavoratori atipici. «Si tratta in sostanza - chiarisce
il
componente della segreteria nazionale Ds - di una serie di principi
estratti
da un corpo di proposte di leggi già elaborate come la Carta dei
diritti
delle lavoratrici e dei lavoratori, i diritti di sicurezza sociale, la
riforma del processo del lavoro. Quanto all’estensione delle tutele,
pensiamo per esempio a interventi per la formazione continua,
l’estensione
del diritto alla tutela della maternità e paternità, i diritti
previdenziali».

Dal fronte del governo, a difendere la decisione del ministro del
welfare è
l’eurodeputato di Forza Italia Renato Brunetta, che invita Treu e tutti
quelli che sono contrari al referendum ad aderire ai comitati:
«L’eventuale
partecipazione del governo ai comitati per il no è non solo legittima
ma
auspicabile perché contribuirebbe a fare chiarezza politica
sull’argomento.
Invito Treu a schierarsi per il no, come fece al referendum del 1984
sulla
scala mobile, quando il governo si schierò nettamente contro».

E ancora più agguerriti sono naturalmente i promotori del referendum,
Prc,
Socialismo 2000, la minoranza Cgil, i Verdi e la Fiom. Per Cesare
Salvi,
correntone Ds, «l’orientamento del governo di costituire comitati per
il no
impone una immediata risposta di mobilitazione e di impegno politico
per il
sì». Secondo Guglielmo Epifani, segretario generale Cgil, «quella di
Maroni
è una scelta sbagliata e inopportuna, con un profilo anche di
discutibile
legittimità istituzionale». Gian Paolo Patta, della segreteria
nazionale
Cgil ed esponente della sinistra del sindacato Lavoro Società-Cambiare
rotta, giudica «molto grave che un organo istituzionale decida di fare
dei
comitati per dire no a un referendum». «D’altra parte - aggiunge - la
Lega
si sta scatenando nell’offensiva e sono ormai parecchi i rappresentanti
delle istituzioni che partecipano a queste iniziative: il presidente
della
regione Veneto Galan, ad esempio, proprio oggi (ieri per chi legge) ha
presenziato a Venezia alla costituzione di un comitato per il no.
Probabilmente sono mossi dall’intenzione di prendere voti per le
prossime
amministrative, ma non mi sembra un terreno vincente: tutti i sondaggi
fatti, anche nell’elettorato del Polo, mostrano che la maggioranza
delle
persone è per l’estensione dei diritti».

Intanto continua nella Cgil il dibattito sul sì o no al referendum e
sulla
possibile legge alternativa al voto. «In questo momento siamo impegnati
soprattutto nella preparazione dello sciopero del 21 febbraio - spiega
Patta
- ma nella segreteria si sta lavorando intensamente sulla legge. Io e
Giuseppe Casadio abbiamo avuto mandato di discutere per il
raggiungimento di
una posizione unitaria possibilmente prima del direttivo nazionale che
si
svolgerà subito dopo lo sciopero e che dovrà dirimere definitivamente
il
nodo referendum». L’ipotesi attualmente in discussione in Cgil prevede
un’estensione solo formale del reintegro sotto i 15 dipendenti, ma con
la
possibilità per il datore di lavoro di decidere per un risarcimento, la
cui
entità verrebbe stabilita dal giudice. «Non mi sembra estensiva dei
diritti
- commenta Patta - Sopra i 15 dipendenti è il lavoratore a poter
decidere.
Io non sono per il referendum a tutti i costi, ma la legge che
sostituisce
il voto deve essere realmente estensiva. Era più interessante una
precedente
proposta, che portava la soglia a 7 dipendenti e innalzava i
risarcimenti
per le imprese più piccole». Si pone comunque il problema di chi
voterebbe
questa legge con l’attuale maggioranza, mentre la Cgil annuncia che
prima
ancora del 21 sarà in piazza martedì prossimo: un presidio davanti al
Senato
contro la delega sul mercato del lavoro.