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Tutti promossi i poliziotti processati per il G8

Publie le domenica 14 settembre 2003 par Open-Publishing

In due anni nessuno è stato punito. Salvo chi ha cercato di indagare sui
fatti, o di dire la verità

A. MAN.
GENOVA

Molti funzionari che andranno alla sbarra per il G8 sono stati promossi o
nominati ad incarichi di prestigio. E’ il caso di Francesco Gratteri, il
pupillo di Gianni De Gennaro, appena insediato al vertice
dell’antiterrorismo (ex Ucigos) dopo aver diretto lo Sco (Servizio centrale
operativo) della Criminalpol. La nomina è singolare perché Gratteri,
protagonista della stagione dell’antimafia, dalla metà degli anni `80 non
si è mai occupato di politica ma solo di grande criminalità, e infatti già
annuncia che applicherà ai nuovi «clienti» i metodi sperimentati contro
Cosa nostra. Un gradino sotto di lui hanno messo il coindagato Lorenzo
Murgolo, già numero due della questura di Bologna. E a completare la
polizia politica di De Gennaro c’è Gianni Luperi, direttore della divisione
investigazioni generali: anche lui è nei guai per la Diaz. Un filmato li
mostra tutti, nel cortile della scuola, attorno al sacchetto con le due
molotov fasulle. Sono al loro posto anche gli altri, vicequestori e
commissari a capo di Digos e squadre mobili: a La Spezia Filippo Ferri, a
Nuoro Salvatore Gava. E’ stato invece messo da parte Fabio Ciccimarra,
confinato in un inutile ufficio romano dopo le accuse per i fatti della
caserma napoletana Raniero.

I genovesi sono rimasti a Genova: l’ex capo
della Digos Spartaco Mortola dirige ora la polizia postale e telematica, il
suo ex vice Alessandro Perugini è oggi il capo del personale della questura
nonostante sia indagato per Bolzaneto e per l’incredibile vicenda del
calcione a freddo sferrato a un minorenne già immobilizzato. Inutile
parlare di Vincenzo Canterini, protetto anche dal sindacato Consap che l’ha
eletto in segreteria: la celere romana è sempre il suo regno.
Subito dopo il G8 il capo della polizia spedì a Genova tre alti funzionari
per condurre una frettolosa indagine interna. Pippo Micalizio, incaricato
dell’affaire Diaz, non si comportò male: pur ignorando le false molotov
propose otto procedimenti disciplinari ad altrettanti funzionari, tra i
quali l’intoccabile Gratteri, chiedendo per Canterini la destituzione dalla
polizia. Ma l’unico a pagare è stato proprio Micalizio, tuttora privo di
incarichi di rilievo. De Gennaro rimosse invece l’allora questore di Genova
Francesco Colucci (colpevole di tante cose ma soprattutto di aver scaricato
le responsabilità sui dirigenti arrivati da Roma), l’allora capo
dell’antiterrorismo Arnaldo La Barbera e l’ex numero due della polizia,
Ansoino Andreassi.

Ma Colucci ha fatto un paio d’anni di quarantena e ora è
tornato alla ribalta, questore di Trento. La Barbera, che al G8 svolse un
ruolo oscuro del quale però non può più rispondere perché è scomparso nel
2002, venne mandato ai servizi. Anche Andreassi è finito ai servizi, per la
precisione al Sisde come vice di Mario Mori, il generale dei carabinieri
che dirige il servizio segreto civile. Per lui fu davvero una punizione. Ed
era normale: al G8, infatti, Andreassi fece meno danni di altri, si fece da
parte dopo l’arrivo di La Barbera (nel pomeriggio di sabato 21) e non
partecipò ai preparativi della perquisizione alla Diaz, né si presentò sul
posto. Negli atti dell’indagine è l’unico, con Micalizio, a non fare un
pessima figura. Entrambi sono stati sentiti come testimoni, entrambi si
preoccupavano di non far la parti dei delatori - degli «infami» - come in
qualsiasi altro contesto delinquenziale. Ma se Micalizio ha confermato la
relazione dell’agosto 2001, Andreassi ha aiutato i magistrati a ricostruire
quel pomeriggio, quando scattò la caccia al no global che si concluse alla
Diaz.

«Ora si accertino le responsabilità politiche»
Prc, Verdi e movimento tornano a chiedere una commissione parlamentare
d’inchiesta
Una commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti del G8. La propone il
deputato di Rifondazione comunista Giovanni Russo Spena, che definisce «di
grande interesse» i risultati delle indagini della procura di Genova.
«Emergono comportamenti - dice Russo Spena - che, se confermati, infrangono
gravemente lo stato di diritto. Si individuano inoltre precise
responsabilità di alcuni dirigenti. Ora, dunque, è un dovere democratico
andare oltre le responsabilità penali singole per risalire ai comportamenti
politici e alle responsabilità delle catene di comando». E’ dello stesso
avviso il verde Paolo Cento, secondo il quale una commissione di inchiesta
«è lo strumento più appropriato» per accertare le responsabilità politiche,
su cui «occorre non far cadere il silenzio».

Il movimento dei
Disobbedienti, in un comunicato, «prende atto che dalle stesse indagini
giudiziarie, ad oltre due anni dai fatti, emerge finalmente una parte
significativa della verità sulle giornate del G8 di Genova». Osserva però
«con amarezza che alcuni tra gli stessi massimi responsabili della
"copertura" di quei fatti, individuati dai magistrati, sono stati nel
frattempo promossi a più alte cariche e responsabilità nell’amministrazione
degli apparati repressivi dello stato». E osserva ancora «che quegli stessi
uffici posti sotto accusa per i pestaggi, le sevizie, le mistificazioni, le
prove false, sono fonti accreditate in altri procedimenti sui cosiddetti
"scontri di piazza" al fine di porre noi e altri sotto accusa».

I
Disobbedienti chiedono perciò «che si inizi una battaglia generale per
l’amnistia sui reati imputati alle attiviste e agli attivisti della
mobilitazione globale per la democrazia e la giustizia: hanno lottato
contro decisioni e metodi del tutto illegittimi».
«Abbiamo atteso 26 mesi ma alla fine la verità sta venendo a galla», fa
sapere il Comitato verità e giustizia per Genova, che pone alcuni
interrogativi: «Perché alcuni dei dirigenti messi pesantemente sotto accusa
sono stati recentemente promossi a nuovi importanti incarichi di
responsabilità? Essere stati coinvolti nell’assalto alla scuola Diaz è
forse un merito professionale? Perché, invece, a tutela del buon nome della
polizia e per ripristinare la fiducia dei cittadini, tutti i funzionari non
vengono sospesi in attesa dell’esito dell’inchiesta?

Perché le 93 persone
pestate e arrestate alla scuola Diaz sono ancora indagate per associazione
a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio? Perché il
parlamento e il governo non prendono provvedimenti per rendere
riconoscibili, con numeri e targhette sulle divise, gli agenti in servizio
d’ordine pubblico? Perché il parlamento non approva una legge sulla tortura
che l’Italia - unico paese in Europa - ancora non ha? Perché il parlamento
non istituisce una commissione d’inchiesta per accertare le responsabilità
operative e politiche degli abusi commessi a Genova, così infamanti per le
istituzioni?». Già, perché?