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Una ferita che incombe sul presente

Publie le lunedì 22 settembre 2003 par Open-Publishing

Dall’inchiesta dei magistrati di Genova si alza il velo sulle ragioni che produssero il disordine di Stato di cui a pagare furono la città e i pacifici manifestanti, ma spuntano ulteriori e inquietanti interrogativi su chi dette l’ordine di lanciare i pit bull in tenuta da ordine pubblico alla Diaz e a Bolzaneto, e sul quadro complessivo delle responsabilità politico-amministrative. La pubblicazione dei verbali degli interrogatori del capo della polizia e del prefetto Ansoino Andreassi (li abbiamo letti sul Corriere della Sera) conferma che quest’ultimo fu di fatto rimosso dal suo incarico di coordinatore dei servizi di ordine pubblico, il 21 luglio, poche ore prima della perquisizione alla Diaz: non per quella pagina sciagurata dell’uccisione di Carlo Giuliani, ma perchè la polizia di Stato era stata messa sotto accusa per non aver reagito con maggior decisione e durezza agli attacchi delle tute nere e per riscattarsi, per non perdere la faccia nella competizione con i carabinieri, doveva fare qualcosa di eclatante, che richiedeva una guida più energica.

Lo dice chiaramente Andreassi ai magistrati di Genova: «Quelle operazioni (le perquisizioni nell’edificio di via 5 maggio e alla Diaz) furono il frutto di un mutamento di linea di azione caratterizzato da una decisa spinta ad un intervento sul fronte repressivo, a bilanciare l’esiguità del numero di arresti eseguiti fino ad allora. Questa mia analisi è ricavata da dati che ritengo obiettivi e fortemente significativi».

Va ricordato che Andreassi era stato il miglior dirigente dell’antiterrorismo, ma aveva sempre criticato apertamente la violenza nei servizi di ordine pubblico. L’esautorazione avviene quel pomeriggio di sabato 21 luglio con l’arrivo a Genova del prefetto La Barbera, che aveva fama di poliziotto duro, avendo speso gran parte della sua professione nella lotta contro la mafia e la camorra. Dice ancora Andreassi: «L’entrata in campo diretta del servizio centrale operativo e l’arrivo del prefetto La Barbera è stato da me letto come un esplicito segnale, un passaggio di mano». Significava «l’accentuazione del momento repressivo. Per me voleva dire subire la impostazione di una diversa politica di intervento, che io, presente sul campo, da più tempo, non condividevo affatto».

Nonostante quelle perplessità Andreassi, quando la sera gli propongono la perquisizione alla Diaz, facendogli credere che dentro ci sono le tute nere e che dalle finestre sono stati lanciati sassi e bottiglie contro una pattuglia di polizia, si dice favorevole, ma poi lascia la riunione, ritenendosi ormai fuori dalla linea di comando e non partecipa all’operazione. Il capo della polizia De Gennaro ha sempre dichiarato che, costretto a restare a Roma, e non potendo avere una diretta conoscenza della situazione, non ebbe informazioni precise neppure la sera della Diaz.

Quando all’una di notte Bertinotti gli telefonò e gli chiese di intervenire per fermare le violenze della polizia nella scuola, rispose - dicono i verbali - di «non sapere nulla». Era stato avvertito che la polizia stava facendo una perquisizione in un edificio prospiciente la sede del Genoa social forum, ma «solo in un secondo momento» aveva avuto i dettagli. Non è certamente in sintonia con Andreassi quando afferma che «l’operazione alla scuola Diaz non segnò alcun mutamento di rilievo nella gestione dell’ordine pubblico» e che anzi «l’unico mutamento riguardò l’impiego meno esposto dei carabinieri», dopo l’uccisione di Carlo Giuliani.

Non dovremo lasciare agli storici il compito di far luce sulle oscurità della gestione dell’ordine pubblico durante il G8. Quella tristissima pagina incombe sul presente, sui tempi che corriamo, sulla Costituzione minacciata, sui rischi per la legalità e la democrazia. La trasparenza della politica dell’ordine pubblico è una garanzia fondamentale per i cittadini. Il fatto che il ministro dell’Interno abbia usato toni rozzi per difendere la polizia sui fatti di Genova, senza distinguere quei poliziotti, i tanti, che si sono comportati correttamente, non è un buon segnale. In questo modo si incoraggiano i settori della sicurezza più infatuati di autoritarismo.

Gli «untori» devono essere isolati come è stato fatto, ben fatto, nelle grandi manifestazioni che si sono svolte dopo Genova. La giornata del 4 ottobre, in cui si svolgeranno due imponenti manifestazioni non contrapposte, una della confederazione europea dei sindacati e una dei movimenti per contestare il vertice europeo, aprirà un’altra grandiosa stagione di mobilitazione popolare per i diritti dei lavoratori. Scenderanno in piazza milioni dei cittadini. Il clima delle forze dell’ordine dovrà essere sereno, diffondere allarmismi nella polizia e nei carabinieri sarebbe un illecito e dannoso uso del potere.

http://www.liberazione.it:80/giornale/030920/LB12D693.asp