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«Verde rame», il segreto di Rumsfeld

Publie le venerdì 21 maggio 2004 par Open-Publishing

«Le radici dell’attuale scandalo alla prigione di Abu Ghraib non si
trovano nelle inclinazioni criminali di pochi riservisti dell’esercito
ma nella decisione, approvata l’anno scorso dal segretario alla difesa
Donald Rumsfeld, di estendere all’interrogatorio dei prigionieri in Iraq
una operazione altamente segreta, focalizzata sulla caccia ad Al Qaeda»:
così conclude Seymour Hersh al termine di una inchiesta pubblicata dal
settimanale The New Yorker (15 maggio: http://www.uruknet.info/?p=2774
<http://www.uruknet.info/?p=2774 ).

L’operazione, denominata «Verde
rame», viene decisa poco dopo l’11 settembre 2001: per evitare
rallentamenti nelle operazioni delle forze speciali, dovuti alle
procedure della catena di comando, Rumsfeld avvia «un programma
altamente segreto che autorizza in anticipo l’uccisione o la cattura e,
se possibile, l’interrogatorio di obiettivi "di alto valore" nella
guerra al terrorismo dell’amministrazione Bush».

Vengono a tale scopo
reclutati, dopo attenta selezione, commandos e agenti segreti altamente
addestrati provenienti dalle forze d’élite (Navy Seals, Delta Force e
Cia), autorizzati a operare sotto falsa identità così che non siano
rintracciabili. Essi possono in tal modo attraversare le frontiere senza
visti e sottoporre i sospetti di terrorismo a «immediati interrogatori,
usando se necessario la forza, nei centri di detenzione segreti della
Cia sparsi in tutto il mondo». Sono pienamente al corrente
dell’operazione «meno di duecento agenti e funzionari», tra cui
ovviamente Rumsfeld e altri responsabili politici e militari. Non viene
inoltre fatto figurare alcun bilancio per l’operazione, così da tenere
all’oscuro il Congresso.

Nei primi mesi dopo la caduta di Baghdad, Rumsfeld e i suoi aiutanti
sono convinti che le azioni armate contro le truppe statunitensi siano
opera di pochi baathisti duri a morire e seguaci di Al Qaeda. Dopo però,
«all’interno del Pentagono, cresce la consapevolezza che la guerra sta
andando male» a causa della crescente opposizione degli iracheni. Un
rapporto interno, di cui Seymour Hersh ottiene copia, ammette che
«politicamente gli Usa finora hanno fallito». A questo punto Rumsfeld
decide di «usare metodi duri con i detenuti iracheni sospetti di essere
insorti». Viene a tale scopo inviato a Baghdad, nell’agosto 2003, il
generale Geoffrey Miller, comandante del centro di Guantanamo, il quale
sollecita che «i comandanti a Baghdad cambino politica e affidino la
responsabilità delle prigioni ai servizi segreti militari».

Egli li
istruisce anche sui metodi usati a Guantanamo: «privazione del sonno,
esposizione a estremi di freddo e calore, costrizione dei prigionieri ad
assumere per lungo tempo posizioni stressanti». Per attuare tali metodi
sono inviati ad Abu Ghraib e in altre prigioni irachene gli specialisti
dell’operazione «Verde rame». La stessa generalessa Janis Karpinski,
comandante della polizia militare ad Abu Ghraib, intervistata da Hersh,
ammette che nel carcere operano «misteriosi civili» incaricati degli
interrogatori. Tra i metodi usati particolare importanza è attribuita
alla «umiliazione sessuale», basata sulla «nozione che gli arabi sono
particolarmente vulnerabili ad essa». Così i prigionieri sono costretti
a compiere o fingere atti omosessuali durante i quali sono fotografati.
Si minaccia poi di «diffondere queste foto vergognose tra i familiari e
gli amici», così da costringerli a diventare informatori.

Dall’inchiesta di Seymour Hersh - che un portavoce del Pentagono ha
immediatamente definita «assurda, cospirativa, piena di errori e
congetture anonime» - emergono le responsabilità politiche delle torture
in Iraq. Anche se i responsabili dell’operazione «Verde rame» sono
probabilmente meno di 200, la responsabilità politica è molto più ampia
di quella denunciata da Seymour Hersh. Essa risale a quando, tre giorni
dopo l’11 settembre 2001, il presidente degli Stati uniti è stato
autorizzato dal senato e dalla camera dei rappresentanti, in nome della
«guerra globale al terrorismo», a condurre una guerra senza confini né
limiti di tempo non solo contro organizzazioni o persone ma intere
nazioni, la cui colpevolezza viene determinata (in base alle
informazioni dei servizi segreti) dal presidente stesso, che emette la
sentenza senza processo né possibilità di appello e ne ordina
l’immediata esecuzione per mezzo della guerra aperta e segreta.

Essa
risale a quando l’amministrazione Bush ha istituito «un sistema
giuridico parallelo, che permette di indagare, interrogare, processare e
punire i sospetti di terrorismo - sia cittadini che non-cittadini
statunitensi - senza l’assistenza legale garantita dal sistema
ordinario» (The Washington Post, 1 dicembre 2002). Dalle torture venute
alla luce in Iraq emerge dunque qualcosa di ancora più inquietante:
l’esistenza di un esercito segreto, che opera con licenza di rapire,
torturare e uccidere non solo in Iraq. La longa manus della Cupola del
potere.

http://www.uruknet.info/?p=2856

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