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Lula fa piangere la ministra
Marina Silva in lacrime per il via libera del Brasile alla soia modificata
RIO DE JANEIRO - «Marina, cerca di capire... Governare è un’altra
cosa». Dopo l’ennesima capriola sul programma di governo, stavolta è
dovuto intervenire Lula in persona per asciugare le lacrime di un vecchio
compagno di lotta. Anzi, di una compagna, la più simbolica e carismatica
tra quanti occupano oggi una poltrona nel governo brasiliano.
A Marina Silva, ministro dell’Ambiente, il decreto che liberalizza
in Brasile la soia modificata geneticamente non è andato proprio giu. Per
mesi aveva fatto di tutto da brava politica di lungo corso, sostenendo le
sue ragioni, cercando di mediare tra interessi divergenti. Alla fine,
quando Lula aveva già preso la sua decisione, favorevole ai grandi
agricoltori, non le è rimasto altro che scoppiare a piangere. In una
riunione di partito, ha brandito una foto di Chico Mendes, il suo maestro
di vita e politica, ed è esplosa. «Sì, potrei lasciare il governo», ha
rivelato a qualche amico. E si è chiusa nel silenzio.
Da quel giorno, la settimana scorsa, Marina Silva ha ricevuto
quintali di fiori, decine di telefonate di sostegno, centinaia di email.
Per le strade di Brasilia sfilano le manifestazioni degli
ecologisti contrari agli Ogm, arrivano le delegazioni degli indios che
Marina ha difeso per tutta la vita. Lula era all’estero quando è successo
il fattaccio, ma ha capito immediatamente.
I suoi più stretti collaboratori, anche loro amici della Silva da
quando era una ragazzina, lo avevano avvertito. «Lula, passi con altri
ministri, ma non possiamo perdere Marina. Ne va dell’immagine del
governo, in Brasile e soprattutto all’estero. Bisogna parlarle».
Da quando il maggior partito della sinistra latinoamericana è al
potere, i casi di coscienza dei vecchi compagni sono all’ordine del
giorno. Non è solo la sinistra marxista del Pt, che sognava una sterzata
a 180 gradi, a protestare per il «tradimento» degli ideali. Il problema
sono i ministri costretti a governare senza fondi, a causa della politica
di bilancio restrittiva, gli economisti storici messi da parte in favore
dei tecnocrati, i difensori degli investimenti pubblici costretti a
guardare. La presenza di Marina Silva al governo, però, è qualcosa di
più. Fragile, minuta, con il fisico debilitato dalle epatiti contratte
quando viveva nella miseria più assoluta e da una intossicazione di
mercurio, la Silva è il simbolo vivente della speranza di cambiamento.
Era una ragazzina di 15 anni che non sapeva leggere e scrivere quando
entrò in contatto con il movimento dei seringueros , gli estrattori di
caucciù, il cui leader era Chico Mendes.
Dal lontano Acre, toccò poi a lei prendere il testimone della
battaglia per la preservazione della foresta quando Mendes venne
assassinato, nel 1988, da una squadraccia mandata dai proprietari
terrieri della regione. Lotta poi proseguita fino al cuore del potere
brasiliano, al Senato, e in numerosi viaggi all’estero, da dove la Silva
riceve decine di inviti ogni anno per portare la sua testimonianza. Sulla
questione della soia modificata, il programma di governo del Pt era stato
chiaro. Con un secco no. Ora Lula è costretto realisticamente ad una
marcia indietro. Il Brasile è il principale produttore mondiale del
legume e se blocca le nuove sementi i propri agricoltori si vedranno
chiudere molti mercati.
E’ un decreto provvisorio, ha promesso il
presidente all’amica, poi approveremo una legge organica.
Ma in molti, in Brasile, pensano che la storia non finirà qui. I
grandi proprietari premono anche per rivedere i confini delle terre
garantite agli indios nella foresta. Se il governo Lula dovesse cedere
anche su questo, difficilmente la companheira Marina si limiterà alle lacrime.
Rocco Cotroneo