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Violenza mediata il ruolo dell’informazione nel g8 di Genova

Publie le martedì 10 giugno 2003 par Open-Publishing

da "il manifesto" di domenica 8 giugno Un’analisi su come televisioni e
giornali hanno raccontato il prima, il durante e il dopo delle contestazioni
del G8 a Genova. «Violenza mediata» (Editori Riuniti) dell’«Osservatorio
comunicazione politica» della facolta di Sociologia dell’Università di Roma
ARTURO DI CORINTO

Violenza Mediata. Il ruolo dell’informazione nel G8 di Genova è il saggio
che l’Osservatorio di Comunicazione Politica (OCP) dell’Università di Roma
La Sapienza ha appena dato alle stampe per Editori Riuniti (pp. 218, € 14).
Il testo, frutto di un lavoro collettivo coordinato da Stefano Cristante, è
il ventiquattresimo libro sul G8 genovese del luglio 2001. Tuttavia, a
differenza dei precedenti, non è né un testo politico, né un pamphlet, nè un
romanzo, ma un certosino lavoro di indagine delle pratiche comunicative
attuate dalle «parti in causa» - il movimento, le istituzioni politiche, i
media - del summit genovese condotto attraverso gli strumenti della
sociologica della comunicazione. Il libro contiene infatti la ricostruzione
degli eventi al G8 genovese attraverso la raccolta documentaria e l’analisi
testuale di quotidiani e riviste, siti web e mailing list, monitorati per
circa 8 settimane - prima, durante e dopo il luglio genovese - da un gruppo
di lavoro che ha anche partecipato come osservatore agli eventi. L’ipotesi
di lavoro, se e come i media abbiano contribuito a determinare
l’evento-Genova, è messa alla prova a partire dal numero di articoli, dalle
tematizzazioni e dai testi riferiti all’evento. In questa analisi salta
subito agli occhi che il carattere istituzionale del G8, la sua portata, i
temi in discussione, le posizioni di intellettuali e politici, l’effetto
sulla città, sono temi che nella rappresentazione dei media di quell’evento
saranno fagocitati dal meccanismo mass-mediatico per eccellenza: la
rappresentazione della violenza.

Un meccanismo, quello della violenza, che già si vede all’opera nella
descrizione degli oppositori al G8 che gran parte dei media hanno fatto. In
primo luogo, attraverso l’uso di stereotipi che poco avevano a che fare con
l’eterogeneo movimento che a Genova si era data convegno, con il risultato
che la maggioranza dei media ha insistito sul suo carattere aggressivo,
quasi fosse ontologicamente incline alla violenza e dove le metafore
guerresche di una parte del movimento non sono state considerate per quello
che erano - una provocazione mediatica -, ma sono state prese come
esemplificative delle finalità politiche di tutto il movimento. Una vera
sineddoche mediatica capace di oscurare sia il pacifico corteo dei migranti
sia il faticoso lavoro di costruzione del social forum genovese.

Un frame interpretativo, quindi, che non solo spingerà nelle pagine interne
dei quotidiani le proposte dei «contestatori», ma ne esalterà il carattere
«pericoloso», trascurando la crescita di consensi intorno al movimento
antiliberista e il suo carattere etico e pragmatico. Evocare la violenza nei
mesi precedenti i «noti fatti» è servito dunque a mettere il silenziatore ai
motivi dei contestatori.

Una violenza che, secondo gli autori del volume, somiglia ad una profezia
autoavverantesi, conseguenza di un clima di tensione e di emergenza,
sfuggito di mano a chi aveva soffiato sul fuoco, prima con l’ampio spazio
dedicato all’allarme sicurezza (le false bombe, i palloncini pieni di sangue
infetto, gli aquiloni con l’esplosivo, le tecniche di rapimento dei
poliziotti) poi con le ipotesi della saldatura di una parte del movimento (i
cosiddetti «violenti») con il terrrorismo internazionale.

Per gli autori del libro, i media «hanno preconizzato e pre-venduto» la
violenza, in un gioco infernale fomentato dal sensazionalismo che rende
«notiziabili» fatti marginali, oscurando così una dinamica complessa come
quella che aveva portato al documeto di lavoro del Genoa social forum. In
questo caso, il lavoro giornalistico, anzichè essere orientato alla
selezione e rappresentazione della polifonia dei protagonisti e dei temi, è
stato spesso caratterizzato da partigianeria, semplificazione esasperata
degli eventi, distorsione delle ragioni degli attori. Violenza mediata è
quindi anche un libro sulle dinamiche del potere esercitato dai media su
come la forza spettacolare della violenza sia stata usata per la reductio ad
unum di un movimento multiforme e complesso.

Certo il modo in cui i grandi quotidiani hanno trattato l’argomento non ci
informa solo delle tradizionali divisioni politiche fra le testate, ma anche
del grado di conoscenza che i singoli operatori dei media avevano del
contesto, della genesi, e delle caratteristiche degli attori. Stefano
Cristante scrive nell’introduzione che «i media hanno capito pochissimo del
movimento». Eppure come dimostra un’ampia parte del libro, non era difficile
conoscere le ragioni di un movimento che ha fatto largo uso di media
autogestiti per discutere il perché e il come della propria presenza a
Genova. L’uso di Internet e delle radio «alternative» è servita anche a
rintuzzare l’onda dei media mainstream dopo gli incidenti del 20, del 21
luglio, l’irruzione nel media center da parte della polizia con fatti, prove
e testimonianze, laddove anche la forza delle immagini veniva ammorbidita da
commenti grigi e preconfezionati. I media telematici, dal canto loro, hanno
infatti avuto un importante ruolo sia nel percorso di costruzione del
movimento che nella informazione in tempo reale di ciò che a Genova
accadeva, considerata a ragione come «la più alta rappresentazione mediale
della storia nelle mani di operatori spontanei».

Anche per gli autori è difficile dire se gli incidenti furono la risposta
alle provocazioni o piuttosto frutto di una strategia deliberata, o se
l’allarme suscitato dalla stampa ha creato le condizioni per qualcosa che
non ci sarebbe stato. Tuttavia il libro rimane la testimonianza preziosa del
tentativo dei media di ridurre il contro-G8 a un fatto di ordine pubblico,
interpretazione clamorosamente smentita dal racconto dei testimoni e
dall’approfondimento dei fatti in corso. Proprio quello che è stato negato a
Carlo Giuliani, ragazzo.