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Vladimir Ilic Ulianov - La prima guerra mondiale era in corso da 31 mesi...
Publie le giovedì 22 gennaio 2004 par Open-Publishing«La prima guerra mondiale era in corso da 31 mesi, quando l’autocrazia zarista fu abbattuta nel giro di pochi giorni dall’insurrezione popolare a Pietrogrado», scrive Giuseppe Boffa nella sua Storia dell’Unione sovietica (Editori Riuniti). Il Comitato militare-rivoluzionario istituito dai bolscevichi prende il comando effettivo della guarnigione che presiede la capitale e da quel momento è a tutti gli effetti lo stato maggiore dell’insurrezione. 24-25 ottobre, «occorsero due sole celebri giornate, che dopo di allora sono state tante volte raccontate dai principali protagonisti, per rovesciare il governo di Kerenskij». Il 26 ottobre il congresso proclama "tutto il potere ormai appartiene ai soviet".
La rivoluzione ha vinto, ma ha vinto nel momento più drammatico e catastrofico. La Russia è in ginocchio, il regime zarista al culmine del suo endemico sfacelo, l’esercito in piena disgregazione, il paese in rovina. La grande guerra ha succhiato immense risorse, 10 milioni di uomini al fronte, i soldati caduti sono quasi due milioni, i feriti quasi cinque: e la mortale "mano ossuta", la tremenda fame, si allunga da un pezzo sulla popolazione stremata.
Tanti, e giganteschi, i problemi che si parano ineluttabili davanti agli audaci, formidabili uomini del nuovo potere proletario. Lenin non perde tempo. E proprio in quel congresso, quel 26 ottobre, il giorno dopo la presa del potere, lui stesso presenta e riesce a far approvare «i suoi celeberrimi decreti "sulla pace" e sulla "terra"».
La guerra, dunque, il primo enorme macigno. Quell’affaire sanguinoso, terribile, a prima vista inestricabile, sul quale socialrivoluzionari di destra e di sinistra e gli stessi bolscevichi discutono e si dividono su tesi diverse e contrapposte. Lenin sa cosa vuole.
E’ Trotskji, (Storia della Rivoluzione russa, Newton), a raccontare con la sua prosa corrusca come andò. «Lenin, che il Congreso non ha ancora veduto, riceve la parola per riferire sulla pace. La sua apparizione alla tribuna provoca interminabili evviva. Tenendosi forte all’orlo di un leggio ed osservando coi suoi piccoli occhi la folla, stava in attesa. Quando l’ovazione cessò, egli disse semplicemente: "Ora passiamo alla costruzione dell’ordinamento socialista". Ma per questo bisogna prima di tutto farla finita con la guerra».
Come farla finita, anche questo è da decidere lì e subito. Continua Trotskij: «Emigrato in Svizzera, Lenin aveva gettato la parola d’ordine, trasformare la guerra imperialistica in guerra civile. Ora la vittoriosa guerra civile bisogna trasformarla in pace. Il relatore comincia senz’altro dalla lettura della dichiarazione che il Governo dovrà pubblicare».
E’ una dichiarazione rivoluzionaria, appunto "inaudita". Eccola. «il Governo operaio e contadino, creato dalla rivoluzione del 24-25 ottobre e appoggiantesi ai Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini propone a tutti i popoli belligeranti ed ai loro Governi di iniziare immediatamente trattative per una giusta, democratica pace». E queste giuste trattative escludono tassativamente «le annesssioni e le indennità, e prevedono la eliminazione di ogni segreto dalla condotta dei negoziati».
Rivoluzionario ma non dogmatico, il Governo sovietico appena nato, in quello stesso documento dichiara di non considerare affatto le accennate condizioni di pace «come aventi carattere di ultimatum» e si dice al contrario disposto «ad esaminare anche qualsiasi altra condizione, chiedendo solo il più rapido inizio delle trattative» e, appunto, «l’abolizione di ogni segreto dalla condotta dei negoziati».
Con qualcosa in più, decisamente "sconvolgente". Infatti, di sua volontà, il Governo sovietico annuncia all’allibito mondo intero che, a partire da quello stesso momento, «abolisce la diplomazia segreta e procede alla pubblicazione dei trattati segreti stipulati fino al 25 ottobre 1917». Tanto per essere chiari fino in fondo, la dichiarazione così prosegue: «Tutto ciò che in questi trattati è diretto a procacciare vantaggi e previlegi ai possidenti terrieri e ai capitalisti russi, all’oppresione di altri popoli da parte dei "grandi russi", il Governo lo dichiara incondizionamente e immediatamente abrogato». Come prima misura urgente, avanza la proposta di un armistizio totale «di almeno tre mesi». Non un ultimatum, piuttosto una proposta-appello con la quale «il Governo operaio e contadino» si rivolge contemporaneamente «ai Governi e ai popoli di tutti i paesi belligeranti..., in particolare, agli operai coscienti delle tre nazioni più progredite», Inghilterra, Francia e Germania, nella convnzione che essi appunto «ci aiuteranno a condurre a termine con successo l’opera di pace e, ad un tempo, l’opera di liberazione delle masse lavoratrici da ogni schiavitù e da ogni sfruttamento».
Là a Pietrogrado, 1917, fanno sul serio. Come una vera bomba mediatica (si direbbe oggi), tra "il mondo civile e progredito" intento a scannarsi in quella Prima Guerra mondiale passata alla Storia come il più grande massacro umano; tra le potenze belligeranti all’ultimo sangue (nel senso più trucidamente letterale del termine) dell’Intesa e della Triplice (alle quali si aggiungeranno gli Usa), scoppia lo scandalo del secolo: i "trattati segreti" violati.
Non era mai successo niente di simile, nel "mondo civile e progredito". E non è passato nemmeno un mese dall’insediamento del governo bolscevico.
Come è andata la racconta ancora una volta Boffa. «Non appena riuscirono a penetrare nel ministero degli Esteri (affidato a Trotskji, ma disertato dai diplomatici di professione), e a impossessarsi delle chiavi delle casseforti, i boscevichi iniziarono la pubblicazione dei trattati segreti, dove erano indicati i veri scopi delle grandi potenze nella guerra mondiale: furono rivelati 130 documenti».
Scandalo. Isolamento. Cordone sanitario intorno allo Strano Paese nato in quello strano ottobre 1917 (di lì a poco gliela faranno pagare cara, precipitandosi in 17 nazioni a sostenere con le armi la guerra civile dalla parte dei "bianchi"). Le potenze dell’Intesa non danno nessuna risposta e i loro ambasciatori si preparano a lasciare la Russia; la Germania, che ha pesantemente sconfitto l’esercito dello Zar ed è profondamente penetrata nel territorio dell’ex impero, impone condizioni giugulatorie per l’accettazione unilaterale di quel cessate il fuoco, che poi passerà alla Storia come la pace di Brest Litovsk. «Isolato - scrive Boffa - il governo sovietico aveva ben poco da contrapporre (al di fuori delle proprie idee) alle pretese degli avversari». Ma quei principi, così risolutamente affermati, «costituiranno - è ancora Boffa - una delle grandi idee-forza del secolo. Essi ebbero anche un’immediata influenza: costrinsero tra l’altro il presidente Wilson a proclamare come scopi di guerra degli Stati Uniti quei "quattordici punti", cui è ancora legata la sua fama di idealismo».
Il congresso, quel 26 ottobre, approva il decreto di Lenin sulla pace. Così racconta Trotskij: «Ora soltanto si era rivelato nella realtà il suo significato storico. i delegati votavano questa volta non per una mozione, non per un appello, ma per un atto di governo di incalcobaile importanza. Udite, o popoli! La rivoluzione vi offre la pace. L’accuseranno di violazione dei trattati. Ma essa ne è orgogliosa. Lacerare le alleanze di una sanguinosa rapacità è somma benemerenza storica. I bolscevichi lo hanno osato».
Maria R. Calderoni
Liberazione