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si fa presto a dire Europa...

Publie le lunedì 6 ottobre 2003 par Open-Publishing

Si fa presto a dire Europa…

Vorrei esporre qualche riflessione non sistematica sul processo di costruzione, anzi costituzione – o Costituzione – della “nuova” Europa. Partendo da alcuni elementi, che isolati ed estrapolati dal contesto perdono l’innocenza che devono all’essere camuffati, non so quanto innocentemente, e diluiti in discorsi più vasti che li fanno passare inosservati ad una lettura superficiale. In primo luogo due dichiarazioni di Ciampi. Personalmente non ce l’ho tanto con il Presidente, per quanto gli si possa quantomeno rimproverare di essere specialista in dichiarazioni che come minimo possono essere definite inutili, vedi le esortazioni all’unità del paese in un – prolungato – momento in cui il paese è di continuo ed impunemente lacerato in tutte le sue basi costitutive (l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, per esempio, principio pubblicamente e sfacciatamente oltraggiato in almeno una occasione da Niccolò Ghedini; testualmente, senza possibilità di smentite…), ed in tutto ciò su cui si fonda la sua unità.
Va bene, lo si può giustificare attribuendogli la volontà di sdrammatizzare, ma gli appelli alla moderazione in un contesto in cui ogni moderazione è dimenticata suonano come uno sgradevole ed indisponente sberleffo, facendo crescere l’insofferenza e forse anche la rabbia; così facendo, e questo può sì essere un rimprovero, ottiene l’estatto contrario di ciò che si propone, senz’altro dimenticandosi che deve rappresentare, e dar loro soddisfazione, anche quei cittadini italiani che sono profondamente scontenti di questo sfascio istituzionale.
A parte questo, dicevo che due sue dichiarazioni sono inquietanti se intese come indizi dei principi cui l’Europa intende allinearsi. La prima: «mai più guerre tra noi» (non cito l’occasione e la fonte, sono frasi pronunciate molto di recente e chiunque abbia una memoria attenta può risalirvi da solo), riferita al fatto che è lecito aspettarsi, d’ora in poi, che tra i paesi europei ogni possibile ostilità è scongiurata. Il che non può che farci piacere, ed anche tirare un sospiro di sollievo; in ogni caso, è possibile che questo significhi effettivamente non dover mai più fare i conti con problemi bellici che derivino da rivalità tra parecchi, potenti paesi del mondo. Ma questa frase dice anche ciò che tace: “mai più guerre fra noi” può anche lasciare come praticabile l’opzione “guerre con altri”. Il sospiro si blocca a metà della gola. Perché soprattutto in questo Ciampi si dimostra evanescente: è specialista del non detto. Forse è un maestro del “politicamente corretto”, forse fa il finto tonto. Comunque, l’altra dichiarazione è la definizione della Shoah come «suprema vergogna della storia europea». Non ha detto “enorme”, “gravissima”, o che so io. Ha detto “suprema”. Il termine evoca irrimediabilmente l’idea di “estremo”, “massimo”, “superiore a ogni altro”.
Oltre a far fede assoluta alle competenze linguistiche di Ciampi, c’è da supporre che le sue dichiarazioni siano anche vagliate da un team di collaboratori altrettanto competenti, e che ogni parola, prima di entrare in un discorso ufficiale, sia attentamente soppesata e sottoposta ad esami commutativi, ovvero si provi a sostituirla con altre, più o meno sinonimi, per poi finalmente optare per quella che meglio rende le intenzioni del Colle e che si suppone esprimano il sentimento della comunità nazionale rispetto ad un dato tema. In questo caso, la parola usata è frutto di una scelta o di una distrazione? Se è frutto di una scelta, se cioè si è deciso che effettivamente quella parola e non un’altra poteva dare la misura del sentimento suscitato dalla Shoah, se ne deve concludere che si è coscientemente stilata una graduatoria delle vergogne dell’Europa, e la Shoah è risultata quella oltre la quale finora non ci si è mai spinti.
A parte che mi chiedo che senso abbia disporre le vergogne collettive in un qualsiasi ordine di grandezza, quando queste superano qualsiasi ordine concepibile, soprattutto non riesco a darmi ragione del perché altre estreme vergogne della nostra storia – e della nostra cronaca – vengano così poste in secondo piano. E terzo, quarto e così via? Le olimpiadi della vergogna? E dove andrebbero messe le vergogne rappresentate dalla tratta negriera, dall’appropriazione di interi continenti, dall’aver tracciato, al di là di ogni diritto, i confini di Stati imponendoli a popoli mai interpellati, dallo sterminio di altri popoli – magari meno “eletti”… –, dalla mentalità eurocentrica che ha permesso e permette di concepirsi come insieme di razze e culture egemoni, e ci fa sentire in diritto, o almeno innocenti di fronte ai fatti, di saccheggiare le risorse di milioni di persone, e di godere incoscientemente e quotidianamente dei frutti di questo saccheggio?
Forse quella parola non è figlia della distrazione, perché a ben vedere svolge la funzione primaria di passare un colpo di spugna – istituzionale, super partes, persino bipartisan – sulle nostre malefatte passate e soprattutto presenti, ed opera un transfert collettivo che ci scarica d’un colpo e come magicamente delle nostre collettive responsabilità. Possiamo continuare a sentirci superiori, ed avere la coscienza tranquilla, perché abbiamo già fatto ammenda.
Ma non è tutta farina del sacco di Ciampi, ci mancherebbe. Lui è solo un interprete, per quanto abile, di quel “politicamente corretto” che non è altro che un’arte del silenzio e della dissimulazione, del non detto come fondamento del discorso.
Altre volte il proposito è detto, chiaro e forte. Ma tanto siamo abituati a considerare le parole un mero supporto fonico dell’intrattenimento, tanto siamo disabituati al significato delle parole, che questo scivola via indifferenziato. Il “preambolo” della redigenda Costituzione europea recita, alle prime righe: «l’Europa è un continente portatore di civiltà». Il dichiarato è evidente*, e può essere facilmente smentito con la citazione puntuale ed asettica di tutti gli atti d’inciviltà e sopruso compiuti da questo nostro continente, anche limitandosi agli ultimi quarant’anni – dunque dopo quella “suprema vergogna”. A ben guardare, anche qua oltre al dichiarato s’inserisce un non detto di proporzioni colossali e dai risvolti agghiaccianti: sarebbe infatti possibile non considerare un qualunque continente come “portatore di civiltà”? Il preambolo non lo dice. Ma lo lascia capire.

L.L.
X.03