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Con la Fiom il 28 gennaio per lo sciopero generale di tutti i sindacati

Publie le lunedì 10 gennaio 2011 par Open-Publishing

L’accordo tra Fiat e sindacati gialli è lo spartiacque politico di questa
epoca. L’involuzione autoritaria e reazionaria – propagandata con la falsa
immagine di rinnovamento della “seconda repubblica” da media, politici e
intellettuali –viene portata a termine con il tentativo di assoggettamento
incondizionato della classe lavoratrice.
Siamo alla conclusione di un lungo percorso indicato con il “Piano di
rinascita nazionale” di Licio Gelli, formulato quando alla borghesia fu chiaro
che la crisi strutturale del capitale poteva garantire margini di profitto solo
a condizione di eliminare ogni traccia di democrazia nella società italiana e
di instaurare un nuovo regime reazionario basato sullo sfruttamento intensivo.
Le “sinistre” e coloro che pretendevano di continuare a rappresentare gli
interessi delle classi subalterne non compresero questa strategia e
sottovalutarono i pericoli del falso riformismo imposto dall’alto. Vogliosi di
essere al governo, prigionieri di un perenne emergenzialismo e del più
pragmatico opportunismo, non seppero o non vollero opporsi alla dissoluzione
del sistema dei partiti e giunsero a sciogliere il proprio, rinnegandone la
storia e la cultura. Hanno aggiogato la classe lavoratrice al carro del
padronato tramite la concertazione e in nome della falsa unità con i sindacati
padronali; si sono resi complici attivi nello stravolgere la Costituzione
invece di imporne l’attuazione e lo sviluppo; hanno posto la governabilità come
valore assoluto, prescindendo del tutto dai contenuti della politica, purché
potessero sedere essi stessi “nella stanza dei bottoni”; hanno contribuito a
stravolgere il sistema elettorale prima consentendo l’abolizione del
proporzionale e introducendo il maggioritario e l’uninominale e poi non
impedendo che venisse cancellato ogni residuo di sovranità degli elettori;
hanno lavorato attivamente per oscurare i contenuti della politica e favorirne
la personalizzazione e il leaderismo; hanno consentito che attecchissero forme
di razzismo e di xenofobia e hanno permesso l’introduzione del federalismo che
sancirà la subordinazione di interi territori e di popolazioni, approfondendo e
consolidando ineguaglianze e ingiustizie.
Le conseguenze rovinose di questa politica di incapacità e complicità sono
ricadute sulla pelle dei lavoratori, delle classi subalterne e, soprattutto,
dei giovani a cui è stato rubato il futuro: i salari italiani sono i più bassi
d’Europa, mentre la disoccupazione – specie quella giovanile – è tra le più
alte; la precarietà più selvaggia è ormai la condizione normale nel lavoro e
nella società; il sistema previdenziale è tra i più penalizzanti (Tremonti s’è
vantato d’averne compiuto la “riforma” senza subire un’ora di sciopero!);
ammortizzatori e servizi sociali, salario differito e indiretto, l’intero
sistema di “welfare” sono ai minimi storici; niente più scala mobile né alcun
altro meccanismo di recupero salariale; tutte le tariffe in aumento erodono il
reddito familiare e gettano nella povertà interi strati sociali; morti e
infortuni sul lavoro e malattie professionali restano al livello più alto tra
tutti i paesi industrializzati mentre si continua a garantire l’impunità per i
datori di lavoro; il sistema sanitario è sempre più precario e a carico dei
cittadini; privatizzazioni e speculazioni selvagge consegnano al capitale
privato il patrimonio pubblico con immensi profitti e tolgono allo Stato la
possibilità di controllo e di intervento nell’economia; la scuola e l’
università sono state demolite pezzo dopo pezzo da riforme sciagurate tra cui
quella della Gelmini è soltanto la pietra tombale.
Ma tutto questo non è ancora sufficiente: per chiudere il cerchio il padronato
deve portare il suo controllo autoritario nel cuore stesso della società
capitalista, nei luoghi della produzione, dove si crea la ricchezza di cui si
appropria, deve garantirsi che il suo tradizionale e più temibile avversario,
la classe lavoratrice, sia sottomessa ad uno sfruttamento ancora maggiore e
impossibilitata a organizzarsi e reagire. Tanto più che la crisi è
irrisolvibile e irreversibile.
Marchionne e la Fiat sono la testa d’ariete di questa offensiva reazionaria e,
facendo da apripista per tutto il padronato, compensano il resto della
Confindustria dei privilegi incamerati per decenni dallo Stato.
Per far passare questa manovra infame sono stati mobilitati i cagnolini
scodinzolanti di Cisl, Uil e Ugl che provano a mascherare e ad accreditare una
operazione ancora più reazionaria di quella del 1925 voluta da Mussolini:
allora almeno erano scopertamente il fascismo e i suoi “sindacati” di regime a
firmare l’accordo con l’intera Confindustria.
Di fronte a questo colossale inganno gli opportunisti e i finti oppositori si
dividono: alcuni “apprezzano” gli “investimenti” promessi dalla Fiat e si
dichiarano favorevoli all’accordo usando il ricatto della disoccupazione come
clava; altri dicono d’essere contrari ma, dopo aver anch’essi accettato il
ricatto sull’occupazione, rinviano a “dopo” la lotta e propongono intanto una
“firma tecnica” per non restare senza rappresentanza in azienda.
La verità è che tutti costoro restano pervicacemente schierati sulla linea di
cedimento e di collaborazione di sempre e non hanno nessuna proposta
alternativa da contrapporre a Fiat, Confindustria e governo: la partita si
gioca su una politica e su un piano industriale di lungo respiro e di
riconversione produttiva pianificata e sotto controllo pubblico, in cui gli
inganni sull’auto di Marchionne non abbiano più spazio. Quanto alla
rappresentanza in fabbrica si ritorce contro di loro la sciagurata scelta
antidemocratica di quelle stesse burocrazie sindacali che smantellarono i CdF e
stabilirono regole della rappresentanza volte solo ad escludere
surrettiziamente il dissenso in fabbrica nei loro confronti quando avevano
bisogno di mano libera per l’infinita catena di cedimenti che la concertazione
imponeva.
“Dopo” non ci sarà più tempo, e i modi saranno infinitamente più difficili.
Bisogna opporsi ora smascherando il ricatto e svergognando i complici di Cisl,
Uil e Ugl, togliendo loro credibilità e rappresentatività, facendo venir meno
alla Fiat la stampella del “consenso operaio”, seppure estorto con la pistola
alla tempia di una finta consultazione. Bisogna recuperare l’insegnamento che
ci viene da Gramsci e da tutta l’esperienza del movimento operaio: la
rappresentatività alle organizzazioni dei lavoratori viene dal consenso e dal
sostegno della classe, non da una norma dello Stato o dal riconoscimento
padronale.
Nel fuoco di questa contraddizione si gioca oggi anche la partita della
ricostruzione di un sindacato di classe in Italia e in questo momento tutti
siamo chiamati a schierarci in modo chiaro e univoco.: ciascuno metta da parte
il proprio soggettivismo e, soprattutto, i suoi interessi di bottega,
elettoralistici o sindacali che siano. Non si può fare genericamente appello
alle forze di “sinistra” senza chiarire di chi si stia parlando, semmai per
tenere l’uscio socchiuso per fare, di soppiatto e altrove, indecenti alleanze
elettorali. D’altro canto le difficoltà della FIOM, anche nei confronti della
stessa CGIL, non possono essere motivo di soddisfazione ma debbono tradursi in
fattori di mobilitazione unitaria contro i comuni avversari: piantare una
bandiera sulle macerie di una gloriosa storia non è il miglior modo per
ricominciare.
La partita si gioca ad un livello più alto, storico, e passa attraverso la
capacità sia di finalizzare le contraddizioni che attraversano il sindacato
confederale e quello dei metalmeccanici, sia di evitare che le mobilitazioni e
le iniziative di lotta finiscano – come è sempre accaduto negli ultimi anni –
per essere una splendida testimonianza in cui si scarica, senza alcun seguito e
conseguenza, la rabbia e la volontà di lotta dei lavoratori.
Lo sciopero proclamato il 28 gennaio dalla FIOM non può e non deve essere un
ennesimo passaggio rituale: va sostenuto, amplificato e proiettato
concretamente verso le prossime tappe di uno scontro che sarà sempre più duro e
che deve avere come successivo passo lo sciopero generale nazionale proclamato
da tutte le componenti sindacali di classe, confederali e auto organizzate,
congiuntamente o, almeno, con analoghe modalità.
Lo scontro è politico e generale, non riguarda solo la Fiat e i
metalmeccanici, ma tutte le aziente, il pubblico impiego e tutte le categorie.
Lo sciopero FIOM viene dopo il referendum-farsa di Mirafiori: la risposta
vera, allora, deve venire dall’intera classe lavoratrice in uno sciopero
generale nazionale.
Non sarà con i tatticismi e i politicismi elettoralistici né con ulteriori
cedimenti e furberie collaborazioniste che saranno fermati il progetto
autoritario e la trasformazione reazionaria della società, ma dalla coscienza e
dalla mobilitazione delle masse lavoratrici e popolari.
Facciamo, pertanto, appello a tutti i lavoratori, organizzati o meno in un
qualsiasi sindacato; ai precari e disoccupati, agli studenti, agi giovani e
agli immigrati, ai comunisti e ai militanti della sinistra anticapitalista a
schierarsi decisamente e a partecipare a questa giornata di lotta nella
prospettiva di un grande sciopero generale nazionale che segni la svolta per
ripristinare condizioni di lavoro, di vita e di democrazia in Italia.

L’Attivo Unitario dei Comunisti di Napoli