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Correa, amigo, el pueblo está contigo!

Publie le sabato 2 ottobre 2010 par Open-Publishing

Giovedì 30 settembre l’Ecuador ha vissuto un tentativo di golpe di stato. Nella mattina un piccolo gruppo di circa 100 poliziotti e di infiltrati di partici politici della destra ecuadoriana ha preso possesso del Parlamento e dell’aeroporto di Quito. Il legittimo presidente Rafael Correa è stato ferito dai rivoltosi con un lacrimogeno ed è stato sequestrato per 10 ore nell’ospedale dove era giunto per curarsi, rischiando invece di essere assassinato. Precisamente Correa si era recato dai “ribelli” per discutere sulla legge che prevede il riordino ed il miglioramento dell’efficienza delle forze di polizia, secondo il rispetto della Costituzione, legge che la maggior parte dei lavoratori di questo settore ( che ha ricevuto molti miglioramenti negli ultimi 3 anni ) ha appoggiato, ma che una parte facilmente manipolabile ha voluto prendere come pretesto per compiere un colpo di stato, una scusa utilizzata dall’opposizione per attentare al governo legittimo e democratico dell’Ecuador. "Signori se volete uccidere il presidente, sono qui, uccidetemi se volete, se ne avete il coraggio invece di rimanere nascosti da vigliacchi" ha detto Correa una volta arrivato dove aveva luogo la protesta dei poliziotti, aprendosi la camicia per mostrare di non indossare un giubotto anti-proiettile. “Non voglio tornare indietro, possono uccidermi, come diceva Neruda, potranno tagliare i fiori, ma non impedire l’arrivo della primavera. Uccidetemi, ma migliaia di Rafael Correa sorgeranno ancora, migliaia di rivoluzionari verranno a portare avanti la Patria. Siamo la stragrande maggioranza degli ecuadoriani quelli che sostengono questo governo ed a causa di un piccolo gruppo, a chi abbiamo dato loro le armi per difendere la Patria, non capitolerà la Rivoluzione Cittadina” ha detto durante il suo sequestro.
Il presidente dell’Ecuador è Rafael Vicente Correa Delgado di anni 47: nel 2005 è stato nominato ministro delle Finanze. Vincitore delle elezioni presidenziali nel 2006 è divenuto presidente della Repubblica ed è stato riconfermato nel 2009 (che in Ecuador un presidente fosse riconfermato non accadeva dal 1979, cioè dal ritorno alla democrazia). Cattolico osservante, ex missionario seminarista, si definisce umanista e cristiano di sinistra ed è fautore del "socialismo del XXI secolo". Sta guidando il proprio paese a riparare il “debito pubblico” causato da anni e anni di regimi militari e governi neoliberisti attraverso l’accrescimento dei commerci soprattutto tra i paesi dell’America Latina (ALBA) ed è sostenuto dalla maggioranza della gente per la politica di aiuto e sostegno dei meno abbienti ( il 38% vive sotto la soglia di povertà ), permettendo che scuola, sanità e diritti primari siano sempre più accessibili non a una piccola oligarchia di potere, ma a tutti i cittadini. Correa ha vinto anche nel referendum di riforma della Costituzione con il 65% di voti favorevoli (dato riconosciuto anche dall’opposizione) con un testo che affida allo Stato il controllo della Banca Centrale, la possibilità di espropriare latifondi improduttivi per ridistribuire terre a famiglie di contadini povere, riconosce il concetto di unione civile fra coppie dello stesso sesso e l’assistenza sanitaria gratuita per gli anziani, sancisce il diritto per le donne a scegliere sulla propria vita riproduttiva, articolo che ha suscitato la netta opposizione della Chiesa Cattolica e di quella evangelica. Oggi l’Ecuador, come molti altri paesi in America Latina, difende la propria sovranità nazionale, che appartiene al popolo, dai gruppi di potere che si sono visti privati delle proprie ricchezze e dei propri privilegi, oligarchie interne legate alle multinazionali e ripetutamente appoggiate dagli Stati Uniti d’America, basta ricordare il golpe di stato del 2001 in Venezuela contro Chavez, del 2009 in Honduras contro il liberale Zelaya e in Ecuador con milioni e milioni di dollari dati ai gruppi dell’opposizione dell’estrema destra per finanziare l‘attività politica anti-democratica e para-militare contro un governo legittimo e un popolo che sta riscattando la propria dignità, sovranità ed indipendenza, ad esempio smantellando nel 2009 la base militare statunitense di Manta e imponendo alle società petrolifere di versare dividendi più importanti. Dignità dei popoli dell’America Latina calpestata per centinaia e centinaia di anni dal colonialismo e dall’imperialismo statunitense che ancora oggi considera questi paesi come terre da sfruttare per i propri interessi, costringendo milioni e milioni di persone a vivere nella miseria e nella povertà estrema, attaccati da colpi di stato e criminali spargimenti di sangue. Oggi, il vento sta cambiando direzione e si è aperto in molti paesi latinoamericani un periodo di conquiste sociali, di aumento dei salari delle lavoratrici e dei lavoratori, di accesso alla scuola, all’università e alla sanità per tutte e tutti, di una partecipazione della popolazione ai processi decisionali senza precedenti, di sfruttamento delle risorse minerarie e del sottosuolo per ricavarne un beneficio comune e non di pochi ricchi.
Partecipazione e solidarietà popolare è stata la risposta al colpo di stato di un piccolo gruppo che difende gli interessi di una minoranza, oggi opposizione del paese, principalmente rappresentata dall’ex presidente del paese Lucio Gutierrez che sarebbe tra i promotori di questa cospirazione coordinata e ben programmata fino al punto che alcuni ”ribelli” avrebbero cercato di interrompere le programmazioni delle due principali reti televisive pubbliche prevedendo l’oscuramento mediatico dei fatti.
Migliaia di persone sono immediatamente accorse presso l’ospedale dove è stato sequestrato il presidente al grido di “Correa, amigo, el pueblo está contigo!” e “el pueblo unido jamás será vencido!” e con l’aiuto dei militari ( l’esercito ha detto di essere fedele solo al governo legittimo ) hanno liberato Correa rimettendolo al posto che gli spetta.
"Hasta la victoria siempre. La rivoluzione dei cittadini non la ferma nessuno” ha detto Correa parlando ai suoi sostenitori che in migliaia hanno festeggiato la sua liberazione.