Home > FRANCIA : sciopero in difesa delle pensioni
Attacco contro le pensioni e gli altri diritti: Tutti uniti contro i mondiali dell’austerità !
21 giugno 2010
La settimana passata, il governo ha dato il via al match contro il mondo del lavoro, con la riforma delle pensioni e le nuove riduzioni della spesa pubblica.
E’ ufficiale, i lavoratori dovranno subire i prolungamenti, con lo spostamento a 62 anni dell’età legale per il pensionamento, l’aumento della durata dei contributi a 41,5 anni e lo spostamento a 67 anni dell’età al di sotto della quale le pensioni che non hanno tutte le annualità subiranno una riduzione. Il governo, dunque, contrasta su tutti i piani le pensioni, tra l’altro con un aumento dei contributi per gli statali, cioè con la riduzione dei loro salari netti, che erano ben lungi dall’essere molto alti.
E per la « gravosità », la sola rivendicazione che i sindacati portano avanti davvero ? Si procederà caso per caso, un controllo medico dovrà accertare un’invalidità di almeno il 20% per permettere il pensionamento a 60 anni. Bisognerà attendere di essersi rotta la schiena. Il riposo è accordato soltanto a quelli che, logorati da anni di sfruttamento, non avranno il tempo di godersi la pensione.
Ci sarebbero « troppo pochi attivi » rispetto al numero dei pensionati, ci fischiano nelle orecchie le vuvuzelas del governo. Ma, se si volesse aumentare il numero di quelli che versano contributi, si dovrebbe cominciare ad affrontare la disoccupazione, proibendo i licenziamenti, assumendo in tutti i servizi pubblici e costringendo il padronato ad aumentare i salari (dando l’esempio nella funzione pubblica), la cui riduzione abbassa i contributi in proporzione.
Ma proprio il contrario è annunciato da Fillon, con 45 miliardi di riduzione della spesa pubblica. Si vanta dei brutti tagli già realizzati: « Dal 2007, 100 000 statali non sono stati rimpiazzati, non conosco molti paesi che abbiano fatto un simile sforzo ». Gli stessi attacchi che in Grecia, Portogallo, Spagna, Germania. Un vero mondiale dell’austerità! Per « ridurre il deficit pubblico » ? Bella barzelletta ! Quanti miliardi sono stati versati un anno fa ai banchieri, gli stessi che oggi speculano sui debiti pubblici.
Di fronte a questa dichiarazione di guerra del governo e dei sindacati, il partito socialista si accontenta di parlare dei 60 anni, almeno per quei socialisti che non applaudono entusiasticamente il progetto governativo. Non opporsi all’allungamento della durata dei contributi, non rivendicare il ritorno a 37,5 annualità, oggi che i giovani ci mettono anni a trovare un lavoro stabile, e i vecchi sono spesso licenziati prima dell’età della pensione, vuol dire accettare pensioni amputate. Isolare questo problema da quello dei licenziamenti e dei salari vuol dire non affrontare le cause e coloro che vuotano le casse.
Quanto ai dirigenti delle confederazioni sindacali, che dovrebbero giocare il ruolo di trascinatori, non si può dire che siano all’altezza. Mendicano al governo « veri negoziati » e, tanto per non screditarsi troppo, si accontentano del susseguirsi di alcune giornate di lotta, senza precisarne realmente gli obiettivi, né prendere in considerazione i passi successivi che bisognerà fare.
Dobbiamo essere molto numerosi in piazza giovedì 24, per preparare la continuazione della mobilitazione !
In un recente sondaggio sul tipo d’azione più efficace contro il progetto governativo, il 67 % degli intervistati ha risposto « lo sciopero generale ». Hanno ragione. Sarà il solo modo di piegare padronato e governo sulle pensioni, sui licenziamenti, sui salari, sulle soppressioni di posti di lavoro nei servizi pubblici e sul loro degrado. E le direzioni sindacali condurranno realmente l’offensiva soltanto se i lavoratori le costringeranno.
La nuova giornata di lotta e le manifestazioni previste per il 24 giugno dalle confederazioni sindacali devono essere una tappa in questa direzione. Devono essere seguite ancora più largamente di quelle precedenti, per mostrare la nostra determinazione a non lasciar passare questi attacchi. Ma non dovremo fermarci qui.