Home > Il Postino di Sandino
di Giorgio Trucchi
Per Juan Bautista Lòpez, la Rivoluzione é arrivata quando aveva già 69 anni,
12 figli e un amore eterno, Doña Haydée Gonzàlez.
Quel 19 luglio 1979, per Juan erano già passati 52 anni da quando, ragazzino,
portava i messaggi e le lettere del General Sandino lungo le strade della Segovia,
regione nord del paese.
Il tempo era passato veloce, per lui che aveva combattuto contro i conservatori
e poi, contro i marines statunitensi che avevano invaso il Nicaragua.
Aveva dovuto abituarsi a vedere quei giovani con il basco e il fazzoletto sul
viso, un nuovo tipo di guerrigliero. Lui era rimasto all’immagine del Generale
Miguel Angel Ortez, biondo con il suo fucile e che morì durante la lotta di Sandino.
Entrò nella lotta contro i conservatori quando aveva solo 17 anni e più tardi
si unì a Sandino. Il suo compito era quello di portare le lettere. Usciva da
una casa vicina alla Casa del Obrero e si dirigeva con un mezzo pubblico verso
Jinotega. Da lì andava a San Fernando, nella Segovia, sempre accompagnato da
un’altra persona che gli leggeva il punto segreto dell’incontro, dato che Juan
era analfabeta.
Essere analfabeta non é però mai stato un impedimento per chi aveva coraggio
e ancora oggi a 94 anni continua a rimpiangere Sandino: "Eh, quell’uomo voleva
davvero liberare il Nicaragua. Era un uomo serio, onesto, che non pensava alle
cavolate. Non scherzava con nessuno. Io mi ricordo che una delle mie missioni
fu quando mi mandò a chiedere armi a Moncada, ma lui gliele negò. Erano i tempi
in cui Sandino era appena rietrato dall’Honduras. I suoi uomini erano senza armi
e aveva pensato a Moncada che a quei tempi era il Ministro della Guerra del gruppo
liberale insorto. Quando Moncada non volle dargliele si dice che Sandino fu fino
alla Costa Atlantica a raccogliere le armi dei liberali buttate via dai nordamericani
nei fiumi e poi se ne tornò nella Segovia".
" Poi Moncada tradì la causa" continua Juan Lòpez, "e firmò un accordo con i nordamericani. Alla fine chiese a Sandino che consegnasse tutte le armi, ma Sandino si rifiutò". Da quel momento Juan cominciò a vedere il suo compito di portalettere come una cosa veramente seria, una responsabilità maiuscola. Fino a quel momento la storia del Nicaragua era stata di colpi di stato, imposizioni nordamericane e di tradimenti.
"Tutti sono stati governi vendepatria, a parte quello dei sandinisti. Anche quello di Bolaños é lo stesso. Va dove più gli conviene come faceva Somoza. Ha girato tutto il mondo, ma sta sempre con gli yankee".
"Nell’Esercito Difensore della Sovranità Nazionale c’era di tutto. Adulti, bambini - come il Coro de los Angeles che recuperavano le armi e facevano rumore per far credere agli yankee che i combattenti di Sandino fossero tanti - e la gente che aiutava portando messaggi".
La notte del 21 febbraio del 1934 é stata la più triste per Juan Lòpez. Il giorno che uccisero Sandino non poté fare altro che piangere. "Perché si é consegnato e fatto prendere come un bambino? Morire così, impotente dopo tutto quello che era riuscito a fare...questo fa male, fa davvero male". La voce cambia e dagli occhi escono delle lacrime. Il dolore più grande della sua vita.
Sandino é stato per lui uno dei pochi uomini veri che ha avuto il Nicaragua, "non come quel Somoza che per me non era nemmeno nicaraguense, né liberale perché si é formato negli Stati Uniti e là gli hanno detto che cosa doveva venire a fare qui e cioé uccidere gente. Era un conservatore, un vendepatria".
Ora vivono in una casa molto umile a Los Brasiles con il figlio maggiore. In una borsa hanno ancora 1.800 cordobas dell’epoca sandinista, con impressa l’immagine di Sandino.
"Lei crede che se vince Daniel varranno ancora? Che ne pensa?".
(tratto da END)
16.07.2004
Collettivo Bellaciao