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Dazibao Religioni Viviana Vivarelli
di Viviana Vivarelli
Una delle cose che piu’ mi ha offeso in questi tempi, come donna, come
cristiana e come persona, e’ l’ipocrita e lisciosa ’Lettera ai vescovi’ del
cardinale Ratzinger, vero prosieguo della Santa Inquisizione e di quella
dottrina retriva e dispari della Chiesa del Potere che si esplica oggi
proprio negli organi che Ratzinger presiede: Prefetto della Congregazione
per la dottrina della fede, presidente della Pontificia commissione biblica
e della Pontificia commissione teologica internazionale, vice decano del
Collegio cardinalizio.
Comprendo che parlare delle donne come specie o genere o antropologia
biblica o figura dentro/fuori (piu’ spesso fuori) dei sistemi del potere o
del partito o dell’idologia o della chiesa non sia affatto un affare facile.
Comprendo anche che e’ impossibile per qualsiasi donna non vedere l’offesa
nelle parole di chi finge di lusingarti per calcare piu’ forte il dominio
che da duemila anni ha deciso di imporre su di te, e vedo che e’ altrettanto
facile capire quando invece hai davanti un alleato, e il fatto che sia un
uomo non fa differenza, se si spera di poter vivere un giorno in un mondo di
’persone’ e non di destini sessuati imposti da altri usando differenze
biologiche per creare disparita’ giuridiche.
Metto Francesco Merlo nella
categoria delle ’persone’ con cui voglio condividere il futuro e il
Cardinale Ratzinger nella categoria di persone che spero di sotterrare in un
passato vergognoso e ingiusto, insieme a tutti i fondamentalismi, i
maschilismi, gli abusi, i condizionamenti, le alchimie di un Potere che usa
tutti i mezzi propri e impropri per conservare se stesso schiacciando
qualcun altro. Odio il maschilismo come odio il femminismo ma odio piu’ di
ogni cosa questa melassa che mi offende in primo luogo intellettivamente. E’
come se mi avessero detto: come è bella la schiavitu’! come è funzionale la
disuguaglianza! come devi essere felice di servire e non esistere per la mia
maggiore gloria!
Come e’ buona la tua mansuetudine! Come andra’ meglio il
mondo se non ti metterai in concorrenza! Come e’ bello per te non essere
persona e non poter diventare mai libera!
Lei ci prende per sceme, Cardinale! Questa, cardinale Ratzinger, e’
mistificazione!
Dio li creò uguali, Cardinale Ratzinger, uguali!! Non uno sopra e l’altra
sotto. Questa sua interpretazione ci offende, come ci ha offeso la Chiesa
per duemila anni. Non mi sembra il caso di insistere oltre. Ci dovrebbe
essere un limite di pudore da qualche part,,
Io vedo che il Cardinale Ratzinger e’ un uomo, e vedo che Francesco Merlo
e’ un uomo.
Ma sono due persone.
E nessun uomo e’ uguale a un altro uomo. Nemmeno nella sua considerazione
della donna.
Di cuore ma veramente di cuore, come donna, ringrazio il cielo che esista
questa differenza.
di Francesco Merlo
La Repubblica, 5 agosto 2004
Ci permettiamo di consigliare al cardinale Joseph Ratzinger, autore di una
sapiente lettera episcopale sulla Donna, di andare a trovare il sindaco di
Cosenza, la signora Eva Catizone, che è una donna reale e non teoretica, una
persona e non una figura retorica, un corpo e non un fantasma ideologico,
una storia e non una fantasia, un aldiquà e non un aldilà, un’anima con i
suoi desideri, i suoi pudori, le sue ambizioni, i suoi valori, tutti non
"sponsali".
Sindaco, madre e femmina, la signora, com’è noto, si è regalata
un bambino, un dono d’amore fuori dal matrimonio e dentro il legittimo
desiderio di maternità, fregandosene dell’antropologia biblica di cui
discetta il cardinale, perché somiglia a una silloge dei luoghi comuni di
paese.
Quella dotta lettera sulle donne alimenta, per via involontaria ma
diretta, i sorrisetti salaci e l’imbarazzo di Cosenza: sacre scritture e
volgari storture per il gossip pruriginoso di fine estate su cui si è
avventato il peggiore giornalismo italiano, il trash moralistico
dell’informazione.
Oppure, se Cosenza può apparire un po’ troppo fuori mano, il prefetto
Ratzinger venga con noi che, sdraiati sulla spiaggia, con in mano la sua
lettera, cerchiamo il punto di coincidenza tra la fisica e la metafisca. In
quest’agosto, caldo di minacce terroristiche, rimuginiamo sulla connessione
tra la fisica dei corpi femminili che ci passano davanti, bagnati, sudati e
abbronzati, e la metafisica della "antropologia biblica" di cui scrive il
Prefetto Vaticano della Congregazione della Fede. In riva al mare, a colpi
d’occhio mettiamo sottosopra, dentro e fuori, tutte le costole e le
costolette d’Adamo.
Nessuna bagnante ci sfugge, né grassa né magra, né altera né dozzinale, né
mamma né figlia, né casalinga né in carriera, né studentessa né insegnante,
né giornalaia né giornalista. Tutte insieme, desiderate, teorizzate o
bocciate, esprimono la faticosa banalità di essere donna. Ma in nessuno dei
corpi, che qui si espongono senza veli e senza morbosità, troviamo traccia
dell’alambiccato "carattere sponsale" che, al contrario, lampeggia
nell’intera lunghissima disamina, nell’acribìa sacro-testuale, nel
dissezionamento della Donna operato col bisturi ideologico da un cardinale
teologo che permettendosi di dare il tu a Dio tratta la donna come i
conquistadores trattarono gli Incas, gli Atzechi, i Selvaggi del Nuovo
Mondo.
Si presume che un cardinale, sia pure intramondano, non conosca e non
frequenti con assidua familiarità e con intima commozione i reali corpi
femminili che pure egli ci spiega. Eppure Ratzinger, professore di
"donnologia", invita le nostre donne a starsene a casa, "ad accudire
all’altro per cui sono state create", a piangere perché le lacrime
distinguerebbero gli uomini (le donne in questo caso) dagli animali (dalle
animale), a lavare i piatti quando non asciugano il moccio al bambino, a
"non concupiscere", a battersi contro "la sessualità polimorfa", che per
Ratzinger è una degenerazione tutta maschile perché il male come il bene
hanno sostanza maschile. Dunque di omosessualità femminile neppure ne parla,
perché è il peccato del peccato, impensabile per chi ritiene che ’la
mascolinità pisellica’, secondo l’antropologia ratzingeriana, sia il dato
assoluto dal quale deriva tutto, anche il sesso femminile, come una
essudazione, come un disfacimento fisico, come un baccello di piselli
dischiuso.
Nel dibattito estivo su questa lettera cardinalizia, più esaltato
dell’interesse nevrotico sul "lupo", più appassionato del coro discorde sul
concerto di Simon e Garfunkel, nessuno si chiede perché un cardinale debba
spiegarci la donna, per quale scienza infusa un maschio, celibe per voto,
trovi, nelle sacre Scritture di cui è fatta la sua vita, quella donna che in
un’altra vita, nelle nostre vite, semplicemente non c’> è. È come se un
Tuareg del deserto subsahariano ci parlasse di ghiacci, ghiaccioli, granite
e surgelati; come se una geisha o una pornodiva ci spiegassero il celibato
religioso, definissero la reale fisionomia di Ratzinger, la sua carta
d’identità sostanziale, con i criteri dell’ossessione sessuale.
Di sicuro sulle nostre spiagge, dove davvero c’è di tutto, la donna del
cardinale non s’è mai vista. Perché la donna del cardinale non esiste. Ed è
una inesistenza piena, come vuole la pur nobile tradizione di quei pensatori
che trovano insignificante ai fini della forza dell’Idea la dura
concretezza, come quei filosofi naturalisti che prescindevano dalla
conoscenza della Natura nella produzione dell’Idea di Natura.
Sono in tanti ad avere sicurezze sulla donna: gli imam coranici che hanno
fatto annegare le cinque ragazzine arabe, costrette a suicidarsi
immergendosi con la zavorra dei pregiudizi "scientifici" della teologia
islamica; le bagnanti musulmane della piscina di Piacenza intabarrate dentro
l’acqua come comanda la sapienza del Profeta; i Taliban del burqa, ma anche
i disperati alla Bukowski che, strateologando sull’essenza femminile,
ritengono le donne "macchine da fottere", i poeti dell’altra metà del cielo,
i campioni di Sanremo, i sociologi femministi delle quote riservate, i
politici marpioni che demagogizzano sulla fecondazione assistita, infamando
la faticosa problematicità della ricerca scientifica cacciata, per comodo,
nelle allucinazioni dell’eugenetica.
Dunque la lettera di Ratzinger, che ad un esame ravvicinato risulta un
poco troppo impegnativa e male serve la grande forza evocativa del racconto
biblico, non meriterebbe più di un’occhiata se non fosse un segno dei tempi:
la donna, infatti, ad Oriente e ad Occidente, è diventata il problema reale
dello scontro tra civiltà, come se la donna fosse un animale feroce da
catturare, lì con il burqa e qui con "la cura dell’altro". Insomma, abbiamo
il sospetto che più del petrolio, più della democrazia, più del rispetto
della vita umana, più dei territori occupati, la libertà si vada
identificando con l’ontologia femminile. Invitiamo perciò il cardinale a
chiacchierare con le donne vere delle nostre spiagge, a toccarle, a viverle.
Oppure vada a Cosenza a scoprire che una sola emozione della signora
Catizone vale più di un’intera bibliografia sulle donne, più della teologia
e della storiografia internazionali, più dell’antropologia femminista e
antifemminista, più di una disputa epocale sull’ontologia mariana.
Il cardinale si accorgerà, per prima cosa, che le donne non sono
costolette che aspettano la graticola biblica dei luoghi comuni maschili. Si
accorgerà poi che sono loro la nostra graticola come noi siamo la loro, e
che è già molto farsi un’idea della donna con cui viviamo perché non solo la
donna non è uguale all’uomo, ma non c’è nessuna donna uguale ad un’altra
donna, e nessuna abita le Sacre Scritture; una donna che non vuole figli
vale una mamma casalinga; tutte le donne reali subordinano la riproduzione
al piacere, uguali ai maschi e diverse dai preti e dalle suore. Si accorgerà
infine che nessun burqa le cambierà, né quello della religione islamica, né
quello dell’antropologia biblica. Le donne si possono annientare con luoghi
comuni o con prigioni dorate. Ma sempre in quell’annientamento galleggia un
mostro: il maschio cretino.