Home > Iyad Allaoui, il protetto della CIA
LEMONDE, Patrice Claude
Il nuovo primo ministro ad interim dell’Irak, Iyad Allaoui, ha una reputazione
che scotta e un pesante passato al servizio dello spionaggio britannico e della
CIA. Ritratto di un uomo segreto.
A prima vista, il fisico pesante di Iyad Hashem Allaoui al posto di capitano
della nave impazzita che é diventato l’Irak non dovrebbe piacere affatto ai due
burattinai, l’americano e il britannico, che da quindici mesi tirano le fila
del paese. Ex baathista puro e duro, il primo ministro ad interim ha contro di
lui trentadue anni di esilio fuori dell’Irak, una reputazione di affarista che
scotta, un partito politico senza alcuna base popolare e soprattutto, soprattutto,
un pesante passato di « onorevole cliente » prima dell’agenzia di spionaggio
britannica MI 6 e poi anche della sua omologa americana la CIA. OAS_AD (‘Middle’)
;
All’MI 6 Iyad Allaoui ha fornito, all’inizio 2003, la clamorosa indicazione che
per poco non é costata il posto a Tony Blair, secondo cui Saddam Hussein disponeva
di armi di distruzione di massa « operative in quarantacinque minuti ».
Quanto alla CIA, nel 1996 ha fatto, grazie ad Allaoui, « il più colossale fiasco della sua storia, secondo solo a quello della baia dei Porci » secondo l’ottimo libro di Patrick e Andrew Cockburn, due giornalisti veterani a Bagdad (Saddam Hussein, an American Obsession). Ci torneremo.
Il dottor Haifa Al-Azzaoui ha conosciuto il nostro uomo in gioventù : « Chiunque abbia fatto studi di medicina a Bagdad negli anni 60 non puo’ aver dimenticato questo picchiatore baathista. Si diceva sindacalista, girava per il campus con una pistola al fianco e inseguiva gli studenti fino alla porta ». Secondo questo raro testimone, che scrive in un giornale arabo, la laurea di cui si vanta il « dottor » Allaoui « é falsa. E’ « il Baath che glie l’ha fornita prima di mandarlo a Londra, con una borsa dell’OMS, in teoria per terminare gli studi, in pratica per spiare gli studenti mandati all’estero”. Alla fine degli anni 60, Iyad Allaoui é presidente, per l’Europa, dell’Associazione degli studenti irakeni all’estero. Il posto gli permette di viaggiare, di fare amicizia con altri giovani nazionalisti arabi, ed anche di dare la caccia ai « traditori » e dissidenti della prima ora che saranno, secondo il dottor Azzaoui, “denunciati e puniti” in modo a volte sbrigativo.
La rottura con Saddam Hussein, nominato vicepresidente alla fine del 1969, avviene ufficialmente due anni più tardi. Si parla di disaccordi personali. Certuni parlano piuttosto di divorzio politico. Iyad Allaoui é un baathista storico prima versione. Come la maggior parte dei giovani del Medio Oriente del tempo, é socialista e nazionalista arabo. Crede agli ideali della rivoluzione. Le « deviazioni » ideologiche e lo sfruttamento sistematico del partito da parte di Saddam e del suo clan tribale di Tikrit non gli piacciono.
Si vedrà che non é il solo. Alla fine del 1971, secondo la storiografia ufficiale, l’ex presidente degli studenti irakeni in Europa straccia la tessera del partito e va in esilio. Prima in Libano, poi di nuovo a Londra. Ha 27 anni. Non assomiglia ancora in modo cosi’ impressionante, come oggi, a Tony Soprano, il mafioso della celebre serie televisiva americana.
Cosa fa da allora ? Mistero. L’interessato non ha dato seguito alle richieste di intervista di Le Monde. Nessuna di quelle accordate finora illumina questo periodo. Secondo la breve biografia distribuita a Bagdad dalla coalizione, consegue il master in medicina nel 1976 ed il dottorato tre anni più tardi. Inoltre, é consulente dell’OMS e del PNUD. E’ anche, come affermano Patrick e Ardrew Cockburn, « clandestinamente al servizio del Baath » ? Oppure, e non é contraddittorio, lavora già, come agente doppio, per l’MI 6 britannico ?
Sta di fatto che, sette anni dopo la sua « defezione » ufficiale, tre sconosciuti si introducono, il 4 febbraio 1978, nella sua villa di Londra e gli vibrano tre colpi di ascia. Uno dietro la testa, uno sul petto e l’ultimo sulla coscia, che « gli tronca quasi la gamba ». Gli assassini lo credono morto, ma non é cosi’. L’MI 6 lo fa discretamente ricoverare sotto falso nome in una clinica gallese. Ricompare un anno dopo. La sua famiglia afferma di aver ricevuto una minaccia anonima cosi’ formulata: “Potete scappare pure su Marte, vi ritroveremo ». Per Allaoui, che non presenta oggi alcuna cicatrice apparente, non zoppica neppure leggermente, « é la prova » che gli assassini, mai identificati, erano agli ordini dell’apprendista stregone di Bagdad.
Contrariamente ad alcuni nostri interlocutori, più sospettosi quanto alle circostanze dell’attentato, il professor Saadoune Al-Douleimi, rientrato dall’esilio nel 2003 per dirigere il Centro irakeno di ricerche e studi strategici, non contesta la versione ufficiale : « Iyad Allaoui era un personaggio importante del Baath. Sapeva molte cose e le passava all’MI 6. E’ per questo che gli agenti del Moukhabarat, la sicurezza dello stato, hanno avuto l’ordine di ucciderlo ». Il futuro pilota del grande progetto democratico americano in Irak sparisce in ogni caso dai radar giornalistici.
Nel settembre 1980 Saddam Hussein attacca la Repubblica islamica d’Iran. Comincia un’ecatombe durata otto lunghi anni. Iyad Allaoui, titolare allora di un passaporto britannico, passa la maggior parte del suo tempo intorno al suo paese, in Giordania, Siria, Kuwait, Arabia saudita. Erede di una grande famiglia di commercianti sciiti di Nassiriya, figlio di un medico già parlamentare sotto la monarchia, con uno zio ministro della sanità fino alla caduta della monarchia e con un nonno grande notabile, che aveva partecipato ai negoziati che dovevano portare l’antica Mesopotamia all’indipendenza nel 1932, Iyad Allaoui ha la politica nel sangue. Non romperà mai completamente i ponti con gli ufficiali baathisti dell’esercito e dei servizi segreti, che pensano come lui, senza volere o potere agire, che Saddam Hussein porta il paese alla rovina.
Nel 1983 i servizi sauditi s’interessano a loro volta alla sua persona. Presto lancia, da Gedda, la Radio dell’Irak libero, che non avrà grande successo ma gli permetterà di restare in corsa. Parallelamente, si lancia negli affari – petroliferi, si dice – e accumula un bel malloppo. Nel febbraio 1991, quando Saddam Hussein é cacciato da Kuwait dall’operazione americana « Tempesta del deserto » ed il regime sembra più traballante che mai, Iyad Allaoui crea Al-Wifaq, in altre parole l’Intesa nazionale irakena (INI). Obbiettivo : prendere posizione per il dopo Saddam, che non dovrebbe più tardare. Ma il dittatore, risparmiato dalle legioni di Bush il vecchio, resta.
L’anno dopo l’INI, spinta dai Sauditi e dai loro alleati anglo-americani, si allea con un altro movimento, il Congresso nazionale irakeno (CNI). Iyad Allaoui conosce bene l’uomo che dirige questa formazione rivale : é un cugino acquisito, Ahmad Chalabi. I due hanno gli stessi committenti, appartengono entrambi alla tendenza più laica desli sciiti irakeni ed hanno praticamente la stessa età – Allaoui é nato nel 1944, Chalabi nel 1945. Ma si detestano cordialmente. La ricchissima famiglia Chalabi ha lasciato l’Irak portandosi i suoi milioni fin dalla caduta della monarchia, nel 1958. Nel 1992, l’anno in cui suo cugino é costretto ad allearsi con lui, Chalabi é accusato di frode bancaria in Giordania e condannato in contumacia a ventidue anni di carcere. L’alleanza tattica dei cugini non andrà lontano.
Affarista liberale, Ahmad Chalabi é fondamentalmente antibaathista. Lo dimostrerà dall’aprile 2003 spingendo gli Americani a fare uno dei loro più grandi errori tattici nell’Irak occupato, « la debaathizzazione » a 360 gradi e lo smantellamento completo dell’esercito e dell’amministrazione. Al contrario, Iyad Allaoui, come ha ricominciato a fare dopo il suo rientro a Bagdad – si sforza di reclutare i suoi ex compagni d’armi e farà di tutto, dal suo ritorno dall’esilio, per opporsi alla politica suicida delle purghe massicce decise dal proconsole Paul Bremer.
In fondo nulla é cambiato. Già nell’ottobre 1995 Ahmad Chalabi aveva convinto i suoi padroni americani a finanziare ed armare una sollevazione popolare irakena comandata da lui dal Kurdistan. Allaoui non aveva mai creduto che potesse avere successo. Aveva ragione. Fu una disfatta sanguinosa.
Quattro mesi dopo, debitamente autorizzata da Bill Clinton in campagna elettorale, l’Agenzia di Langley (la CIA : NdT) prepara un secondo tentativo di colpo di Stato. Questa volta tocca al cugino Allaoui. « A differenza di Chalabi, ricorderà Samuel Berger, consigliere per la sicurezza del presidente Clinton, Allaoui aveva saputo conquistare la fiducia dei potentati arabi della regione. Era ben visto da quelli che preparavano l’operazione. Meno scintillante del cugino, sembrava meno interessato alla sua promozione personale ».
A metà gennaio 1996 l’affare é concluso. La CIA fornisce 6 milioni di dollari, i Sauditi ed il Kuwait idem. La Giordania garantisce le retrovie dell’operazione. Il colpo sarà fatto dall’esercito.
Allaoui va fiero dell’appoggio di diverse decine di ufficiali di alto rango. Forse era vero, non si saprà mai. Un mese prima della fine di giugno, data prevista per l’operazione, il capo dell’INI, che vuole comunque posizionarsi per il seguito, rivela al Washington Post « l’imminenza di un’operazione segreta » contro il regime detestato. Nessuno ci crede, meno Saddam, che ha già catturato uno degli inviati di Allaoui nel paese. E che lo fa parlare. Il 20 giugno gli arresti cominciano. In dieci giorni una trentina di generali felloni sono giustiziati. Altri centoventi saranno arrestati e torturati. In totale, si valuterà che la sanguinosa purga eliminerà quasi ottocento persone. « Un fiasco colossale », scrivono i Cockburn. Ma un fiasco segreto, che non é costato neppure una vita americana e che sarà discretamente sepolto sotto una pila di pratiche a Langley.
Dopo la sua sconfitta del 1995, Chalabi é andato a trovare orecchie più comprensive al Pentagono. Allaoui resta « Joe », debitamente retribuito dalla CIA, dal MI 6 e dai Sauditi. Dirige, nel luglio 2003, il comitato di sicurezza del defunto Consiglio di governo insediato da Paul Bremer, mentre suo cugino, il generale Ali Allaoui e suo cognato, Nouri Al-Badrane, occupano i posti, più esposti, di « ministri » della difesa e dell’interno – nessuno dei due sarà presente nel nuovo gabinetto. Finalmente, « in mancanza di meglio », come dicono, i mandarini del dipartimento di Stato americano lo adottano a loro volta e, il 27 maggio, il loro puledro é nominato capo del governo ad interim, con buona pace delle Nazioni unite – e dei Francesi, che l’interessato disprezza. Eccolo a posto per un galoppo di prova prima del grande derby elettorale, previsto per gennaio 2005. Il fondista ha una chance ? « Con lui, é un po’ la CIA che sposa il nostro paese », constata, senza illusioni, un commentatore locale. « Ma, nel caos attuale, dove la priorità assoluta é il ristabilimento della sicurezza pubblica, Allaoui é senza dubbio il meglio del peggio. E’ sciita senza essere religioso. Pro-sunnita senza esserlo lui stesso. Va d’accordo con gli Americani, gli Inglesi, i Sauditi e con tutti i regimi che ci circondano. Salvo forse con l’Iran, sebbene il grande ayatollah Sistani – un Iraniano – gli abbia accordato una sorta di timido sostegno. In breve, é qualcuno che ha il vantaggio di suscitare una diffidenza pressoché uguale in tutti i campi. Puo’ tornare a suo vantaggio », conclude il nostro interlocutore.
« Bisogna ammettere », aggiunge un diplomatico europeo, che il modo in cui ha costruito la sua strategia di presa del potere, infiltrando gli avanzi dei servizi segreti prima di rimetterli in moto e conciliandosi gli ex generali sunniti di un esercito che sta ricostituendo lui stesso, é astuto. E’ una strategia all’antica, che si dimostra valida. »
Iyad Allaoui é proprio questo « democratico irakeno » annunciato dalla Casa Bianca ? “Andiamo, sogghigna Kaïs Al-Azzaoui, direttore francofilo di Al-Jadida, il giornale dei socialisti irakeni, é un ex ufficiale del “Moukhabarat”, i servizi segreti. In redazione lo chiamano già il “Saddam senza baffi”. Hazem Abdel Hamid An-Noueïmi, ricercatore di scienze politiche all’università di Bagdad, non é d’accordo. Certo che é un democratico, sorride. Un democratico all’araba. All’egiziana, o all’algerina se preferité...”
Patrice Claude
Tradotto dal francese da Karl e Rosa
01.07.2004
Collettivo Bellaciao