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LA VICENDA UNICREDIT E IL “PROFUMO”…DI GRILLO E DELLE "SINISTRE"

Publie le domenica 26 settembre 2010 par Open-Publishing
1 commento

Piccole vicende dell’ordinaria vita borghese possono fornire squarci di luce illuminanti sulla natura delle cosiddette “opposizioni”. Sia di quelle liberali. Sia anche di quelle che si presentano come “radicali” o antisistema. La destituzione del banchiere Profumo dai vertici di Unicredit è al riguardo esemplare.
Tutto l’arco delle opposizioni, in forme diverse, ha pianto l’estromissione del più grande banchiere italiano.
Il PD ha rivendicato la figura di Profumo come banchiere autentico, di profilo europeo e non provinciale, estraneo alle bassezze della politica. Al punto che il quotidiano La Repubblica non ha perso tempo per indicarlo come un possibile candidato premier del centrosinistra in contrapposizione a Berlusconi. Si tratta di una posizione naturale. Il PD è il partito borghese italiano più vicino al mondo bancario, in particolare attraverso l’associazione dalemiana Italiani europei ( direttamente finanziata da grandi banche). Il vicesegretario del PD, Enrico Letta, ha recentemente promosso un pubblico incontro tra la propria componente e il fior fiore dei banchieri italiani ( Profumo incluso). Del resto lo stesso Profumo, come tutti ricordano, è stato grande elettore alle primarie sia di Romano Prodi nel 2006, sia di Walter Veltroni nel 2008. Non a caso l’impronta dei banchieri sulle politiche dei governi di centrosinistra negli ultimi 15 anni è stata davvero indelebile: dalla promozione dei Fondi pensione sino all’abbattimento dell’Ires sui profitti bancari ( dal 34% al 27% nella sola Finanziaria Prodi del 2007). E il centrosinistra ha difeso significativamente l’ “autonomia” e la sacralità delle banche dalle battute populiste ( del tutto ipocrite) del ministro Tremonti o dalle “ingerenze” politiche di Centrodestra. La difesa liberale di Profumo non fa dunque una grinza.
Colpisce invece l’allineamento ai liberali dell’intero mondo delle sinistre.
Valentino Parlato su il Manifesto ha denunciato, in prima pagina, la liquidazione politica di “un banchiere di sinistra, di qualità, capace di mantenere in ordine e far crescere Unicredit” ( 22 Settembre). Il quotidiano Liberazione ha seguito a ruota, affermando che Profumo avrebbe “ rotto le regole non scritte del capitalismo italiano e il suo rapporto simbiotico con la politica, assicurando a Unicredit un profilo europeo, indipendente dai palazzi romani.. vicino all’economia reale” pur senza sostenere un’adeguata “politica di intervento pubblico”. Beppe Grillo, a sua volta, ha denunciato l’eliminazione del”banchiere italiano più stimato in Europa” , estraneo al “Sistema”, e per questo vittima del complotto della Lega e dei “Partiti”( v. blog). Tutti insomma sembrano celebrare con Profumo la naturalità di una banca capitalista ideale e moderna, insidiata dalle forze estranee della “politica” ( provinciale e maneggiona ).
Disgraziatamente per loro..”la banca capitalista ideale” vive di rapina ( come ogni banca).E la politica dominante ( di ogni colore) supporta le banche.
Non confondiamo intanto due piani distinti. Un conto è il profilo dell’operazione antiProfumo ,e un conto la natura della più grande banca capitalista italiana (e dell’amministratore delegato che l’ha gestita e impersonificata per 15 anni.).
E’ indubbio che alla liquidazione del banchiere abbiano concorso anche appetiti politici leghisti ( in particolare veneti) legati alle Fondazioni bancarie. Come è indubbio che vi possa aver partecipato il banchiere Geronzi ( unico grande banchiere berlusconiano). Del resto che la lotta politica borghese si svolga anche nei labirinti del capitale finanziario in funzione di diversi interessi e cordate , è cosa ovvia. Ciò che non è affatto ovvio è la difesa ammirata della natura del principale istituto del capitalismo bancario, e la rivendicazione della sua “autonomia”, da parte delle sinistre cosiddette “radicali” o di Grillo.
Stiamo scherzando? Unicredit è, per molti aspetti, il cuore economico dell’imperialismo italiano. E’ nata e si è sviluppata attraverso le gigantesche privatizzazioni bancarie della seconda repubblica a partire dal 92, sospinte dai governi Amato, Ciampi, Prodi ( a proposito di..autonomia dalla politica). Ha beneficiato, direttamente e indirettamente, delle politiche di detassazione di rendite e profitti promosse indistintamente da centrodestra e centrosinistra per ben 15 anni ai danni del lavoro salariato. Quale grande detentrice di titoli di Stato ( tassati scandalosamente al 12,5%), beneficia ogni anno del pagamento statale degli interessi sul debito pubblico, concorrendo così alla rapina sociale su scuola, sanità, pensioni, servizi, contro la maggioranza della società italiana. Coi soldi regalati dai governi o rapinati a lavoratori e risparmiatori italiani ( e non solo), ha promosso un’espansione internazionale enorme, con acquisizioni ( Hvb e Capitalia), fusioni, partecipazioni finanziarie in tutta Europa e in particolare nell’Europa dell’est ( soprattutto in Polonia e nei Balcani), contribuendo alle privatizzazioni antioperaie di quei Paesi , all’estensione della dittatura del mercato, al supersfruttamento di manodopera a basso costo. Come tutte le banche capitaliste ha fatto affari con tutti i governi. Incluso peraltro il governo Berlusconi cui ha garantito il sostegno determinante alla cosiddetta Banca del Sud ( in funzione della rapina del Nord) e la creazione del primo fondo pubblico-privato per la ricapitalizzazione delle Pim ( nuovi soldi di contribuenti e piccoli risparmiatori ai capitalisti). E’ un caso che Tremonti si sia prodigato sino all’ultimo per salvare Profumo, in contrasto con un settore della stessa Lega?
L’incredibile abbellimento di Profumo e Unicredit da parte delle sinistre obbedisce in realtà a due ragioni complementari. La prima è che se si vuole fare l’Alleanza Democratica con il centrosinistra liberale, ricandidandosi a sostenere un suo governo, occorre subordinarsi alla difesa di quelle banche che fanno parte organicamente della sua costituzione materiale. Del resto se si votarono negli anni di governo le politiche e i programmi delle banche, in cambio di ministeri o ruoli istituzionali, non si capisce perché la stessa prospettiva politica non dovrebbe trascinare le stesse conseguenze. Ma c’è una ragione più profonda. Le sinistre e lo stesso Grillo, al di la delle chiacchiere, non immaginano un mondo senza capitalismo. L’anticapitalismo, quando c’è, è retorica verbale o comiziesca, a fini elettorali, non un programma reale di trasformazione. Ne deriva che le banche private sono un istituto naturale del paesaggio sociale, salvo chiedere loro eventualmente ( e invano) un po’ di pietà per lavoratori e piccoli risparmiatori. E dunque se una grande banca privata “fa bene” “è stimata in Europa” o è insidiata dalla Lega, è naturale difendere l’autonomia e il prestigio della banca. L’argomentazione di Grillo è al riguardo esemplificativo di una concezione del mondo. Per il comico guru “il Sistema” non è la dittatura degli industriali e dei banchieri sul lavoro salariato ( per il quale non mostra interesse), ma l’indistinta cupola della “Vecchia Politica dei Partiti” che si intromette nella vita reale dell’”economia” ( senza aggettivi) per condizionarne il corso e lederne le virtù. La soluzione? Non il rovesciamento del capitalismo, a partire dalla nazionalizzazione ( senza indennizzo) delle banche, ma la difesa dell’autonomia delle banche dalla “Politica”. Anche dalla politica anticapitalista. Non la nazionalizzazione di Unicredit, ma la difesa di Profumo, in ..compagnia di quella politica liberale dei “morti viventi” contro cui, a volte, si inveisce nei comizi. Non il controllo operaio e popolare sul sistema finanziario, quale condizione decisiva di un ‘alternativa di società, ma un rosario di innovazioni telematiche e tecnologiche all’interno di questa società. Non un altro potere nel mondo reale, ma l’immaginario del mondo virtuale. Nel mondo reale, viva Profumo, e l’autonomia dei banchieri. Dunque il potere borghese.
C’è di più. Il risvolto politico paradossale di questa difesa di Profumo è un ulteriore insperato regalo alla Lega di Bossi: che avrà un argomento in più per denunciare una sinistra scic, amica dei banchieri, e per dare un’immagine popolare alla propria rivendicazione di controllo sulle banche.
Come sempre la sudditanza al capitalismo “democratico” è benzina nel motore della reazione. Tanto più in tempo di crisi sociale.
Quanto a noi, troviamo confermate, ancora una volta, tutte le nostre ragioni. La liberazione del lavoro salariato dallo sfruttamento del capitale non verrà dai parolai di una sinistra subalterna o di un populismo democratico, ma solo da un programma reale di rivoluzione sociale e da un partito che per questo si batta in ogni lotta.


Marco Ferrando

portavoce nazionale del
Partito Comunista dei Lavoratori

Messaggi

  • E’ già stato postato a commento di un’altra discussione ... ma credo che il punto di vista, da parte di una organizzazione sindacale "di classe" dei lavoratori Unicredito, abbia pieno titolo di stare anche in questa discussione ... per legare la sacrosanta analisi di Ferrando, che però ha il vizio di sembrare come sempre un pò "politicista" e "calata dall’alto", ai problemi della "gente in carne ed ossa" ... e cioè di chi in Unicredito ci lavora ...

    K.


    LA CADUTA DI PROFUMO: NESSUN RIMPIANTO E NESSUNA ILLUSIONE

    E’ sempre sbagliato personalizzare troppo gli eventi, ma è indubbio che la caduta dell’osannato ex-supermanager abbia un significato simbolico importante.

    Noi non ci siamo mai uniti al coro osannante e possiamo, a buon diritto, criticare il suo operato, non per la scarsa capacità di produrre profitti nell’ultimo periodo del suo regno, ma per la gestione complessiva di tutto il periodo in questione.

    Diciamo pure che le sue colpe andrebbero in gran parte condivise proprio da quelli che oggi lo hanno tirato giù dal piedistallo, quegli azionisti silenti che per anni hanno incassato miliardi di dividendi e di plusvalenze, per poi svegliarsi di botto quando il capo ha loro richiesto sette miliardi di euro, con due aumenti di capitale, per restare a galla.

    Troppo comodo farlo ora che i risultati non arrivano e Alessandro il grande ha dovuto cercare i rinforzi della cavalleria libica per rafforzare il patrimonio e difendere le trincee nei 22 paesi in cui oggi Unicredit è ramificata.

    La sua caduta dovrebbe essere lo spunto, anche, per una riflessione sul modello bancario sorto sulle ceneri della "foresta pietrificata", dopo che il sistema, a larga maggioranza pubblico, è stato sottoposto ad una drastica privatizzazione a partire dal 1990, senza peraltro che si vedessero dei privati con soldi veri da investire. La quotazione ha però reso scalabili le banche (mettendo in pericolo l’"italianità" del controllo), frenetica l’attesa di risultati a breve, ansiogena la gestione corrente.

    Da lì è partita la gara a creare concentrazioni sempre più grandi con fusioni spesso discutibili e politiche commerciali sempre più aggressive, con l’aiuto di immancabili consulenti alla McKinsey, perché bisognava alimentare una corsa all’espansione senza fine.

    Non è certo Profumo l’unico responsabile per le strategie commerciali forsennate e la corsa a creare colossi creditizi "troppo grandi per fallire", anche se qualcosa di suo lo ha messo: sotto la sua guida il gruppo Unicredit ha conquistato un poco invidiabile primato nella vicenda dei derivati ad aziende ed enti pubblici. Inoltre la sua politica di acquisizioni all’estero dissennate ha portato il gruppo a trovarsi in una posizione particolarmente rischiosa, rispetto alle altre banche italiane, al momento dello scoppio della crisi nel 2008.

    In cambio l’ex-A.D ha ricevuto bonus, azioni e prebende da banchiere all’americana, culminate nella liquidazione da 40 milioni di euro, fatti che inspiegabilmente non sembrano intaccare la sua fama di uomo di sinistra, vittima di complotti leghisti o centro-destri.

    Adesso è cambiato il solista ma non l’orchestra ed il rischio è, soprattutto, che non cambi la musica per i lavoratori. Per loro gli anni dell’era Profumo non saranno certo ricordati con rimpianto, anche grazie agli atteggiamenti accondiscendenti dei sindacati firmatari, che oggi lamentano il rischio di un nuovo assalto dei partiti alle banche, ma dimenticano il prezzo che i lavoratori devono pagare ogni giorno al "mercato" e alle sue logiche.

    Tutti tendono poi a dimenticare che la tanta decantata "autonomia dei manager" ha prodotto, soprattutto nel sistema anglosassone e nel Nord Europa, disastri finanziari inenarrabili, che hanno dovuto essere tamponati con interventi provvidenziali dei "politici", disponibili o costretti a convogliare verso il patrimonio di vigilanza delle banche gigantesche quantità di contributi pubblici, prelevati principalmente dalle tasse dei semplici lavoratori, pensionati e risparmiatori. Anche in Italia non è mancato il ricorso ai Tremonti Bonds, in alcuni casi critici.

    Un trasferimento di soldi che spesso grava, in misura doppia o tripla, sugli stessi soggetti, spennati prima come risparmiatori, poi come contribuenti e infine come destinatari di pensioni irrisorie, per garantire i saldi della finanza pubblica.

    E’ importante che alla caduta di Profumo corrisponda un cambio di atteggiamento aziendale, soprattutto ora che sono in corso trattative dove la banca chiede deroghe pericolosissime alla normativa (esodi, trasferimenti, mansioni) che rischierebbero di riscrivere, di fatto, il contratto nazionale, seguendo il cattivo esempio di un altro osannato e sopravvalutato manager come Marchionne.

    La strada per la banca che vogliamo passa per alcune semplici innovazioni: prodotti semplici, ossigeno creditizio all’economia, utili sostenibili, crescita organica, gestione consensuale del personale, politiche retributive egualitarie e solidali, soddisfazione dei bisogni elementari della clientela, modello di servizio orientato in senso etico e sociale. E’ un modello di banca totalmente diverso da quella costruita in questi 15 anni da Profumo, un modello che tutti gli altri banchieri hanno cercato di imitare, per fortuna con meno successo. La crisi di quel modello è conclamata, ma molti ancora non hanno capito che non è più possibile riprendere a fare le stesse cose di prima, come se nulla fosse successo.

    Ci hanno salvati l’arretratezza, la prudenza ed il buon senso, i soli elementi capaci di arginare la modernità devastante dei McKinsey’s Boys. Perché solo noi osiamo chiamare le cose con il loro nome?

    C.U.B.-S.A.L.L.C.A. Credito e Assicurazioni

    23 Settembre 2010