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Dazibao Cinema-video - foto Enrico Campofreda
di Enrico Campofreda
Algido, asciutto, duro, immediato. Aggettivare il secondo lavoro di Paolo Sorrentino
non è difficile, forse lo sarà stato più per lui costruirlo. Ma il giovane regista
partenopeo ha talento, narra all’anglosassone, in maniera essenziale seguendo
un intreccio noir. Una strada già scelta e realizzata solo in parte con L’imbalsamatoreda Matteo Garrone; come il suo collega Sorrentino colora l’obiettivo con le fredde
tinte dei crepuscoli, mentre negli interni la camera insiste su ambienti asettici
e vuoti siano garage, camminamenti o scale mobili di centri commerciali. Però Sorrentino
non si ferma alle sole atmosfere, fa molto di più e meglio.
Disegna un mondo preciso, lineare, perfetto, simile a quello della pubblicità, che nasconde dietro alla maniacale precisione perbenista la depravazione di esistenze stravolte dal denaro. Quello mafioso di cui Di Girolamo è il cassiere, quello perduto dal vecchio marito baro o quello vizioso del donnaiolo che può comprare i corpi giovani e belli di donne senza volto.
Il regista non condanna né assolve, narra, e la storia è cruda, esplicita, ricca di colpi del destino che non lasciano spazio a ovvietà buoniste. Ma alla fine la realtà non è fredda, trova emozioni, sentimento, battiti di cuore. Nel marciume in cui è caduto il protagonista incontra una variabile impazzita che a cinquant’anni cercava di escludere: l’amore.
Per esso rompe il cerchio dell’accettazione, di silenzio e solitudine che da otto anni l’hanno rinchiuso nella gabbia di una vita-non vita sospesa a una roulette russa esistenziale. All’improvviso lui metodico e ossessivo compie il gesto folle ed eroico che lo riscatta da sottomissione, acquiescenza, complicità.
Perfetti nei ruoli Toni Servillo, in tutte le fasi del racconto dove appare distaccato e cinico e mesto poi impaurito, disilluso, folgorato, generoso, e addirittura coraggioso. Un’interpretazione superba. E Olivia Magnani, stesso sguardo intrigante della nonna, bella d’una bellezza personalissima, solare, semplice, casta, innamorata. Il rigore della narrazione è sostenuto dalla scenografia e dall’ambientazione.
Una gran bella pellicola che ha colpito la critica all’ultimo Festival di Cannes e noi stessi.
TRAMA
Titta Di Girolamo aspetta e fuma. Una, due, decine di sigarette al giorno. Non deve far altro se non, a scadenze prestabilite, trasportare una valigia dalla sua camera d’albergo a una vicina banca svizzera. Lì il denaro viene contato a mano da impiegati della filiale alla presenza del direttore. Titta desta le attenzioni di qualche cliente del lindo albergo, di una coppia di anziani coniugi col vizio del gioco delle carte, di un’avvenente ragazza che funge da barman. Lei lo guarda con occhi profondi come l’acqua marina, lui sembra non vederla né mai la saluta quando la giovane, terminato il servizio, sale su un’auto e va via.
Di Girolamo ogni tanto telefona a Salerno: ha una moglie da cui è separato e tre figli che non amano sentirlo. Ha anche un fratello minore che a un tratto compare, ma è lì di passaggio, la sua meta è un’isola dei Caraibi per fare l’istruttore di surf.
Un giorno, nel giorno destinato alla consegna della valigia in banca, nella camera d’albergo di Titta irrompono due ‘picciotti’ in trasferta. Devono stendere su ordinazione due persone e lo fanno. Quando stanno per lasciare la stanza giunge la valigia e commentano ‘Ecco dove vanno a finire i nostri soldi’. Di Girolamo ha un altro segreto inconfessabile, da anni ogni mercoledì s’inietta una dose di eroina. Non è esente da droghe e non è nemmeno un tossicomane, è a metà strada, metodico anche in quello, svizzero come il paesaggio in cui è costretto a condurre le sue noiose giornate.
A volte parla con qualche cliente, ma evita di svelarsi, preferisce passare qualche ora a giocare a carte nonostante debba subìre i trucchi d’un vecchio baro (ex proprietario dello stesso albergo che nei casinò ha perduto l’intero patrimonio). Titta non risponde invece agli insistenti sguardi della barista che un bel momento non ce la fa più e gli mostra il suo disappunto ricordandogli come lo saluti inutilmente da due anni. Sofia, così si chiama la giovane, sente per quell’uomo rigido, solo, timido, rituale non si sa quale fascino. “Sedermi su questo sgabello è la cosa più pericolosa che ho fatto nella vita” afferma il colletto bianco della Mafia davanti alla barista e da quel momento si fa travolgere dalla passione. Misurata nei gesti non nel subbuglio interiore. A Sofia, Titta rivela ogni passo della sua esistenza: l’essere stato importante commercialista che trattava anche l’acquisto di petroliere e poi punito dalla malavita organizzata per un errore commesso. E deve ritenersi fortunato perché Cosa Nostra l’ha tenuto in vita, relegandolo in quell’albergo a ripulire il denaro sporco.
I due si danno appuntamento per il giorno seguente, è il compleanno dell’uomo ma a quell’appuntamento Sofia non arriverà. Lei, neopatentata, ha un incidente stradale con la Bmw fiammante che Titta le ha regalato e ora che non la vede sembra rinunciare al piano che aveva ordito. L’ultima valigia da consegnare con nove milioni di dollari non giunge a destinazione. Ma Titta che la conserva, se n’è impossessato in seconda battuta. Precedentemente i due picciotti-killer erano tornati da lui con l’intento di prenderla e accusarlo dello sgarro alla Famiglia. Per questo il compassato Di Girolamo diventa uomo d’azione, recupera la valigia e ...
Non diciamo altro, svelare il resto fuori dalla sala sarebbe un torto al buon Sorrentino. Una storia con almeno tre colpi di scena solidi non s’inventa mica tutti i giorni e merita d’essere vista.
In più un vantaggio: niente di quel sangue che tanto piace ai cultori di pulp e pulpette. La violenza è interiore, sta nel mondo di plastica che ci circonda. E fa più male di tanti schizzi rossastri.
Regia: Paolo Sorrentino
Soggetto e sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Direttore della fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Giogiò Franchini
Interpreti principali: Toni Servillo, Olivia Magnani, Raffaele Pisu, Angela Goodwin, Adriano Giannini
Musica originale: Pasquale Catalano
Produzione: Fandango, Indigo
Origine: Italia, 2004
Durata: 100 minuti
Info ufficiali: Fandango / TrovaCinema (intervista al regista)
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