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La fatica di lavorare alla Fiat
Nessuno ne parla ma i carichi di lavoro negli stabilimenti di Marchionne sono già aumentati con un impatto pesante sulle patologie muscolo-scheletriche e rischi sempre crescenti per la salute.
di Salvatore Cannavò, da Il Fatto quotidiano
Nel 2007, 68 ex-manager e dirigenti di Fiat Auto finirono sotto inchiesta a Torino a seguito della denuncia di 187 operai della Carrozzerie di Mirafiori che avevano contratto malattie per sforzo ripetuto. Non trovando soluzione per via negoziale gli operai si rivolsero al giudice e quei manager decisero di patteggiare la pena. Soluzione avallata dal tribunale anche perché nel frattempo l’azienda aveva modificato l’organizzazione del lavoro in linea. L’ipotesi di reato era piuttosto grave: lesioni gravi e gravissime poiché gli operai, tra il 1992 e il 2002, hanno accusato disturbi a mani, spalle e braccia dovuti alle modalità di lavoro nelle linee di produzione.
Il fatto risale solo a pochi anni fa e nel frattempo la Fiat ha iniziato ad adottare, dal 2006, la metodologia Ergo-Uas che consente di valutare il rischio di sovraccarico biomeccanico di tutto il corpo. Un sistema molto sofisticato dotato di tabelle e di una metrica delle funzioni operative sezionate movimento per movimento in modo da definire il tempo esatto che una certa funzione richiede e il tempo di riposo necessario per evitare di pesare sulla salute degli operai. Inutile dire che tale sistema è considerato unilaterale dalla Fiom che ha realizzato una serie di studi (a cura di Franco Tuccino) per certificare come l’obiettivo della Fiat di far lavorare di più i suoi operai, riducendo i tempi morti o quelle operazioni “a non valore aggiunto”, alla fine pesano moltissimo sulla salute. Del resto basta ascoltare le testimonianze degli operai stessi.
In un’inchiesta della stessa Fiom, a cura di Eliana Como e basata su interviste realizzate con 100 mila operai, nel 68% dei casi si lamentano i movimenti ripetuti delle braccia e delle mani mentre il 32% (ma la percentuale sale al 44% tra gli operai di 3° livello) lamenta posizioni disagiate che provocano dolore. Soprattutto, il 40% degli intervistati, 47% tra le donne, ritiene che la propria saluta sia stata compromessa dalla condizione di lavoro. E questa “percezione” in realtà è suffragata da alcuni dati. I lavoratori con ridotte capacità lavorative, prodotte dalle mansioni, sono, secondo i dati prodotti dalla Fiom e non smentiti dalla Fiat, 1500 sui 5500 dello stabilimento di Mirafiori e addirittura 2200 su 5500 nello stabilimento di Melfi. Le patologie più diffuse sono quelle muscolo-scheletriche: discopatie lombosacrali, tendiniti, etc.
Secondo un’ulteriore indagine effettuata dal patronato Cgil, Inca, su un campione di circa 400 operai di Melfi, con età media di 38 anni, le patologie sono state riscontrate nel 45% dei casi.
Basta parlare con gli operai per rendersi conto della situazione. «In fabbrica io sono addetto allo smistamento dei pezzi – ci dice Pasquale Loiacono di Mirafiori – e questi pesano 6 o 7 chili l’uno. La mansione è sempre la stessa, tutto il giorno per otto ore e il mio non è il lavoro peggiore». Montare il pezzo sulla linea di montaggio, infatti, sottopone a un altro tipo di stress, quella della ripetitività e della monotonia.
E’ la stessa Inail ad aver realizzato delle tabelle in cui si afferma la correlazione tra determinate attività lavorative e alcune patologie: tendinite alla spalle da lavoro al montaggio o alla saldatura; tendinite mano-polso per lavorazioni meccaniche; sindrome tensiva del collo per compiti ripetitivi legati all’uso della forza. Esistono poi alcune condizioni lavorative che, se presenti, possono determinare il superamento delle soglie minime di rischio per l’acquisizione di determinate patologie: ad esempio, operazioni di durata di 45 secondi per un’ora continuativa; sforzo delle mani una volta ogni cinque minuti per due ore complessive, e così via. Movimenti che in una fabbrica come Melfi, Pomigliano o Mirafiori sono la norma. «Noi lavoriamo in piedi tutto il tempo», aggiunge Loiacono, «e il montaggio di una boccola alla scocca dell’auto si ripete con movimenti lenti delle mani e delle dita per ore e ore».
Il problema non è solo della Fiat ma europeo. Secondo i dati della Fondazione europea di Dublino sulle condizioni lavorative, il 57% della forza lavoro effettua movimenti ripetuti degli arti superiori e il 33% lo fa in modo intenso; sono 44 milioni (il 30%) i lavoratori in Europa che accusano dolori alla schiena e il 17% alle braccia. Il costo totale dei dolori muscolo-scheletrici in Europa oscilla tra lo 0,5 e il 2% del Pil, quindi si tratta di un costo sociale rilevante che ricade non solo sulle stesse aziende ma anche sulla collettività per il tramite dell’assistenza sanitaria.
Ovviamente tutto ciò è noto alle imprese che infatti sviluppano sistemi di valutazione degli sforzi e della condizione lavorativa come nel caso del sistema Ergo-Uas che la Fiat sta applicando. Spiegare come funziona è piuttosto complicato ma sostanzialmente si tratta di applicare alle funzioni operative dei modelli standard che indicano la tempistica di lavoro da rispettare con alcuni scostamenti determinati proprio dalla necessità di evitare le patologie. Per applicare il sistema Ergo-Uas la Fiat ha disdetto l’accordo del 1971 che regolava i ritmi di lavoro aumentando però di circa il 5% i carichi sugli operai.
La spiegazione è che migliorando le caratteristiche ergonomiche di una postazione di lavoro la riduzione delle pause non comporta maggiori rischi. Ovviamente il sistema è contestato dalla Fiom che chiede una maggiore scientificità dell’analisi dei rischi e una sperimentazione più ampia e meglio confrontata con altri metodi e sistemi. Per capire il problema è sufficiente un esempio: applicando il sistema Ergo-Uas la Fiat arriva a ridurre le pause a 30 minuti nell’arco delle 8 ore lavorative. Secondo un altro modello, l’Ocra (occupational ripetitive actions), le pause dovrebbero essere di 10 minuti ogni 50 minuti continuativi di lavoro, quindi almeno il doppio.
(3 gennaio 2011)
Messaggi
1. La fatica di lavorare alla Fiat, 11 gennaio 2011, 20:02, di cinquantenne con le mani callose di lavoro
Per dire che tanta gente è lamentosa si possono inventare tante teorie filosofiche.
Che dire dei contadini, dei muratori, dei carpentieri, dei operai di mercati generali, dei portuali?
Certo non fanno una vita sedentaria, dalle tue parole si evince che solo gli operai della Fiat lavorano e, conseguentemente, hanno delle ricadute sul fisico.
Alzano pesi di sei o sette chili!!!! Che fisico.
Se sei contro a Marchionne dillo apertamente.
Considera che forse, dico forse, in questo sistema capitalistico mondiale lui non potrebbe fare altro che queste scelte.
1. La fatica di lavorare alla Fiat, 11 gennaio 2011, 21:54, di geupx
dalle tue parole invece si evince che sei filomarchionne, l’autrice dell’articolo sta solo riportando dei dati europei su studi fatti da esperti su lavori e sforzi ripetitivi e continuativi.e non sta affatto dicendo che il carpentiere o il muratore siano meno pesanti se vuoi smentire quei dati puoi faùrti assumere nel magazzino pezzi dell’officina in cui lavoro (ti assumono subito)a togliere pezzi dai 4 ai 14 kg dalle casse per timbrarli e imballarli 1 a 1 per qualche decina d’?anni e poi vedrai che sicuramente cambierai idea
2. La fatica di lavorare alla Fiat, 11 gennaio 2011, 22:04, di Margherita
Mi pare giusto occuparsi anche dei contadini, dei muratori, dei carpentieri, degli operai dei mercati generali e dei portuali. Ma, se ci vogliamo occupare, nella loro generalità, delle fasce di lavoratori più esposte a rischi fisici e psicologici, allora sì che ci occorrono teorie generali filosofiche e sociologiche! E se vogliamo, poi, proporre delle ipotesi di cambiamento in senso migliorativo ci servono anche quelle politiche. Occorrono nuovi modelli di produzione e di sviluppo, ispirati, dal mio punto di vista, a ipotesi di società molto diversa da quella nella quale oggi viviamo. L’intento di Salvatore Cannavò non è certo quello di formulare una teoria generale sui lavoratori metalmeccanici della Fiat, esattamente il contrario, ovvero riportare fatti sulle condizioni che determinano e/o favoriscono i danni fisici e psichici a loro carico ed inferire da questa situazione considerazioni che valgono nella generalità di casi analoghi, ormai molto diffusi nel mondo "globale" dei lavoratori sfruttati e defraudati. E’ ovvio che Salvatore è contro il modello Marchionne, non ha alcun motivo di nasconderlo in questa occasione, considerato il fatto che il suo operato quotidiano è una costante denuncia delle storture del sistema capitalistico di cui Marchionne è un esemplare più che rappresentativo. Vorrei farti notare, però, che la denuncia all’insano modello di Marchionne scaturisce spontaneamente dalla semplice lettura dei dati esposti. Essi parlano da soli!
Caro compagno cinquantenne con le mani callose di lavoro, a parte il fatto che dovremmo confrontarci sulla validità del capitalismo, affermatosi ormai come modello unico, sei davvero convinto che anche in questo sistema, per mantenerlo in vita, non esistano scelte diverse e più efficaci? Secondo l’opinione di alcuni, intellettuali e non, il modello Marchionne è già obsoleto....
Per concludere: la FIOM si sta facendo carico, attraverso un’azione molto coraggiosa, di un atto di denuncia che, qualunque siano le conseguenze, restituisce dignità al mondo del lavoro. SOSTENIAMOLA!!!
3. La fatica di lavorare alla Fiat, 11 gennaio 2011, 22:20, di Margherita
Mi corre l’obbligo di portare l’attenzione sul fatto che l’articolo non è di Margherita, ma del giornalista SALVATORE CANNAVO’. Io l’ho solo postato sul sito, perchè l’ho trovato molto interessante. Sono proprio le statistiche e le informazioni, più dei commenti personali, a renderci consapevoli delle ragioni di chi denuncia e protesta.