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Dazibao Guerre-Conflitti medio-oriente Michele Giorgio
Sotto il fuoco dei carri armati israeliani, migliaia di nuovi «profughi» dal
campo profughi
di MICHELE GIORGIO, Jabalya(Gaza)
Fuggono, sono centinaia, forse migliaia, i profughi di Jabaliya che lasciano
il campo profughi per sottrarsi al fuoco dei carri armati israeliani e ai combattimenti,
ora più sporadici, che infuriano nella zona. «Giorni di Pentimento», la devastante
offensiva militare scatenata da Israele una settimana fa, in apparente risposta
al lancio da parte palestinese di razzi artigianali Qassam, si lascia alle spalle
non solo 90 morti palestinesi, molti dei quali civili innocenti, ma anche una
lunga distesa di macerie e distruzioni.
In una striscia di terra larga tra i 7 e 9 km a nord di Gaza che le forze di occupazione stanno trasformando in una «zona cuscinetto», rimangono intrappolati decine di migliaia di palestinesi. I bulldozer qui lavorano giorno e notte, spianano terreni, abbattono palazzi e alberi, spingono indietro i centri abitati. Dopo Rafah e Khan Yunis, ora anche Jabaliya e i villaggi di Beit Hanun e Beit Lahya, assomigliano ad un girone dell’inferno dantesco. «Abbiamo lasciato casa tre giorni fa ¡ racconta Mohammed Shalabi, uno dei tanti sfollati ¡ ma ho potuto portare con me solo mia moglie e i miei figli. I miei genitori sono ammalati e hanno scelto di rimanere a casa, anche a costo della vita».
Regna il caos alla periferia di Jabalya, il più noto e affollato dei campi palestinesi (110mila abitanti), dove 17 anni fa ebbe inizio la prima Intifada contro l’ occupazione israeliana. Autocarri carichi di povere cose si muovono lentamente tra le strade strette del campo profughi mentre una folla di gente confusa, che urla, senza una meta, si sposta come uno sciame d’api. «E’ così da una settimana, a Jabaliya ormai non si vive più, le persone non sanno cosa fare, come comportarsi», spiega Abu Jamil, un commerciante di ricambi per auto. In lontananza, all’interno del campo, si scorgono le sagome dei combattenti palestinesi, con il volto coperto e armati di mitra M-16 e kalashinkov. Aprono il fuoco con le loro armi automatiche che nulla possono contro le corazze dei carri armati israeliani. Dall’altra parte sparano anche cannonate.
Come avvenuto martedì notte a Beit Lahya dove Hamdan e Hammude Obeid, padre e figlio, sono stati fatti a pezzi da un colpo di cannone contro la loro abitazione. «Terroristi» da eliminare per Israele, gli shebab che combattono armi in pugno sono degli eroi per la popolazione locale. «Cercano di difenderci dagli attacchi israeliani, fanno quello che spetterebbe ai militari dell’Autorità palestinese che neppure vengono da queste parti», dice Sadiyye Abu Allayan, 56 anni, ammettendo di aiutare i combattenti passando loro acqua e cibo. A coordinare gli shebab di Hamas, la maggioranza dei giovani armati a Jabaliya, è Nizar Rayan, responsabile per il movimento islamico della zona nord di Gaza.
Per ragioni di sicurezza invia i suoi ordini con gli sms oppure grazie a messaggeri, spesso ragazzini, che sfidano la morte nelle stradine strette del campo profughi. «Ogni volta che Sharon manda i suoi soldati nelle nostre strade, per Hamas è una vittoria, perché conferma che i palestinesi non si arrendono e difendono la loro terra», sostiene Rayan. Hamas ieri ha comunicato di disporre di Qassam potenziati, capaci di colpire a 14 km di distanza, e la loro nuova versione avrà una gittata di 18 km. Raja Surani, direttore del Centro per i diritti umani di Gaza, è contrario al lancio di Qassam verso Israele ma, allo stesso tempo, punta l’indice contro Sharon: «E’ capace solo di provocare distruzioni, morte e maggior rabbia. Gli israeliani con la loro operazione militare hanno creato nuovi kamikaze».
Gli ospedali di Gaza city sono pieni di feriti e non mancano i bambini. Dal 28 settembre, 24 bambini palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano, ha calcolato l’Onu, denunciando che Israele nega al personale umanitario un ingresso sicuro a Gaza, quindi non è stato possibile distribuire razioni di cibo a nord di Gaza. Dure critiche al governo Sharon per le accuse di collusione con il terrorismo palestinese lanciate all’Onu, sono apparse ieri sulla stampa israeliana. Venerdì scorso Israele aveva sostenuto che su un’ambulanza dell’Unrwa era stato caricato un razzo Qassam. Ora Israele si corregge: l’oggetto allungato ripreso da un aereo spia potrebbe essere una barella, come sosteneva l’Unrwa-Onu.
Per l’agenzia Onu dall’inizio dell’Intifada, quattro anni fa, Israele ha demolito 2.571 case palestinesi (il 40% nei primi 8 mesi di quest’anno), sradicando e bruciando 382 mila alberi (il 30% nel 2004 per il Ministero dell’agricoltura palestinese). «Giorni di pentimento» andrà avanti «finché non cesserà la minaccia dei Qassam», ripete il governo Sharon. E a Gaza si continua a morire. Tre palestinesi armati sono stati uccisi in un raid nella colonia di Kfar Darom. E’ morto dissanguato l’operaio thailandese che avevano preso in ostaggio ferito negli scontri a fuoco.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/07-Ottobre-2004/art16.html