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Ondate migratorie dal Nord Africa, intervista a Mohamed Hamdi

Publie le domenica 3 aprile 2011 par Open-Publishing
3 commenti

E’ interessante sentire il punto di vista di cittadini che sono nati dall’altra parte del mediterraneo dove hanno trascorso la loro infanzia e adolescenza. Conoscono bene l’Italia perchè ormai sono nel nostro paese da molto tempo e oltre a trovare lavoro, si sono ben inseriti nella società. Ne parliamo con Mohamed Hamdi diventato già da anni cittadino italiano, coniugato con due figli che sono nati in Italia.

Mohamed, come vedi le reazioni dell’Italia a questo continuo flusso migratorio che proviene soprattutto dalla Tunisia?

Se ci si limita a chiudersi dentro i propri confini alzando muri e pensando così di tutelare il proprio benessere non si risolve il problema. Armarsi di coraggio e di altruismo non è soltanto una questione etica di condivisione di un benessere ottenuto anche grazie alle risorse dei paesi poveri e delle ex colonie.
Si tratta anche di progettare un futuro di armonia tra generazioni di società diverse in modo da evitare rotte di collisione da esiti imprevedibili. E’ senza dubbio vero che lo sforzo e le risposte dovrebbero essere allargate all’Europa, ma andrebbe chiamata in causa la stessa ONU.

Pensi che possa esserci una soluzione politica ed economica per dare un futuro vivibile nel loro paese ai giovani africani che mettono a rischio la vita nelle acque del Mediterraneo sognando di sfuggire alla fame?

Sono enormi i profitti ricavati ogni anno dalla vendita di automobili nei paesi africani. Enormi i profitti delle grosse multinazionali del petrolio, del gas e dell’automobile. A partire da queste ingenti risorse, l’Europa potrebbe istituire un “Fondo per lo Sviluppo dei paesi del Mediterraneo”.
Risorse e soldi che non devono assolutamente essere consegnati ai regimi corrotti e pseudodemocratici di quei paesi, ma ad Agenzie dell’ONU in loco che riescano a innescare il circolo virtuoso di micro progetti e nuove piccole imprese a beneficio delle migliaia di giovani che oggi vedono nella traversata l’unica speranza di sopravvivenza. Queste Agenzie dovrebbero fare da tramite tra le societa’ europee e le piccole imprese africane.

Puoi citare un’esperienza pilota che conosci e che potrebbe essere indicata come modello?

Un’esperienza pilota c’è già ed è un progetto italiano in fase di realizzazione. Si chiama “Green Corridor”, ossia corridoio verde tra l’Italia (e l’Europa) e l’Egitto (con altri paesi africani). Esso consiste nel raggruppare le piccole imprese egiziane in campo agroalimentare biologico in un Consorzio. E’ da quel Consorzio italo-egiziano che il nostro paese importa prodotti biologici prodotti e controllati in loco. "Dal seme alla tavola”. Il beneficio per chi produce è quello di vendere questi prodotti a “prezzi europei" e non africani. Una pratica concreta di sviluppo economico che incoraggia i giovani a preferire la scelta di partecipare a questi progetti rispetto all’opzione migratoria.
Si tratta di buone pratiche di cooperazione internazionale da far proliferare in diversi settori, abbinandole a corsi di formazione gratuita in loco sulle moderne tecniche agricole e artigianali. Tutti i paesi europei dovrebbero successivamente impegnarsi ad importare da questi paesi e a detassare.

Insomma una sorta di Piano Marshall per il Nord Africa?

Si è una specie di Piano Marshall, ma un pò diverso dai Piani Marshall annunciati in questi giorni dal Presidente del Consiglio. Infatti vi sono Piani annunciati per la nona volta in nove anni, come dice Carlo Bonini su "La Repubblica" del 2 aprile 2011 (Piano Marshall per la Somalia nel 2002, P.M. per il Medio Oriente nel 2003, P.M. per l’Abruzzo nel 2008, P.M. per la Sardegna nel 2009, P.M. per il Sud nel 2009, P.M. per la Palestina nel 2010, Secondo P.M. per il Sud nel 2010, P.M. per i Giovani nel 2011, P.M. per il Maghreb nel 2011). Di questi Piani si è visto poco o nulla.

Roma 2 aprile 2011

Intervista realizzata e curata da

Domenico Ciardulli

Messaggi

    • condivido l’impostazione dell’articolo ma metto in luce la contraddizione che c’è dietro l’idea di portare africani prodotti al prezzo europeo attraverso il trasferimento di conoscenze e pratiche europee

      in egitto si è arrivati all’assurdo con aiuti della cooperazione incentivando i piccoli contadini a mettersi inn concorrenza con i produttori agricoli europeei.

      il metodo? ad ognuno la sua pompa!

      grazie al dono di migliaia di pompe sommerse e lo scavo di centinaia di pozzi di falda "preistorica" i piccoli contadini hanno incominciato a produrre addiritttura il riso!!! o ancora in questi anni sono arrivati sui porti pugliesi per essere immessi nel ciclo della lavorazione in concorrenza con il carciofo brindisino , i carciofi egiziani!!!

      chi conosce queste due piante sa l’enorme quantita di acqua che viene sprecata

      ... acqua proveniente da falde antichissime praticamente l’ultima riserva di quei luoghi quella che dovrebbe garantire la sopravvivenza in caso di anni e anni di siccità

      ...provate ad andare in oasi che sino a pochi anni fa si reggevano ancora su canalizzazioni fatte dagli arabi del tempo di Maometto

      ... stanno morendo per l’impoverimento a causa dello sfruttamento delel acuq suoperficiali e sotterrnee ad opera delel richieste degli agricoltori "moderni" e costruttori di villaggi turistici....
      antonio camuso

    • Ciao, sono Osman, egiziano, condivido e apprezzo la risposta di Antonio Camuso. Si sente che e’ ben informato. In effetti i progetti in campo agrario devono essere orientati da esperti (per es. della FAO). Mio fratello, per esempio, ha un terreno nel deserto dove ha coltivato molte alberi da frutta, annaffiandoli dall’acqua delle falde. Ma poi, dopo qualche anno ha visto che le piante non godevano di buona salute perche’ l’acqua non era idonea.
      Secondo me, oltre all’agricoltura, devono creare piccoli progetti in tanti settori, come la pesca ed affini (furgoni frigo per il trasporto del pesce tra le citta’), banchi frigo per la vendita nei mercati (ricordo quando ero piccolo si mettevano sotto il sole per terra a vendere il pesce fresco, che poi non rimane fresco. Idem per la carne dai macellai, esposta all’aperto quando fa 45gradi. Piccole fabbriche di gelato, forni per fare il pane, mulino per il grano, autofficine. L’Italia ha un’ottima scuola (Don Bosco) sia al Cairo che ad Alessandria. Ma non so se insenga ancora mestieri. Ho notato che la maggior parte degli egiziani che vengono in Italia ultimamente non hanno mestieri. Ecco perche’ si buttano nel campo della ristorazione (iniziando con lavapiatti), oppure a vendere verdura anche se sono diplomati o laureati.
      Osman