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PERCHE’ BISIGNANI - TERZA E ULTIMA PARTE

Publie le giovedì 30 giugno 2011 par Open-Publishing

OMISSIS ANDREOTTI, MORTI AMMAZZATI E OPERE PIE VATICANE

Grembiulino Bisignani non è mai apparso nelle carte delle indagini sulla P3, Cricca, Banda Larga Finmeccanica, eppure il suo nome è il collante prezioso per tutte.

Improvvisamente dirompe il suo caso, le prime pagine di tutti i quotidiani si riempiono del suo viso, ne raccontano i "servigi" e soprattutto emergono le intercettazioni.

Chissà come mai solo ora e chi si cela dietro l’oscuramento di certe notizie da far emergere solo a tempo debito?

De Magistris che ci aveva provato è stato ostacolato, ridicolizzato, avocato.

La Forleo: stessa sorte.

Questi sono solo i due casi più eclatanti di magistrati "messi" a tacere dai poteri forti.

Mai successe cose simili a personaggi come l’ammazza sentenze Carnevale, Antonio Martone o Alfonso Marra.

Logge segrete virtuali o fisiche, massonerie di Piazza del Gesù che appoggiano Ballusconi, Servizi al servizio, vecchi e navigati neonazisti che tirano le fila.

Tanto ci saranno sempre i pennivendoli servitori che, a caratteri cubitali o con mezzi minzoliniani, diranno agli italiani: "quattro sfigati, pensionati nullafacenti scambiati per sovvertitori dello Stato".

Le pecore ci crederanno e Ciqui Cicchitto Incappuccione Azzurro assicurerà l’Italia, in Parlamento: "E’ un’invenzione del terrorista Travaglio!"

Grembiulino Bisignani non risulta ufficialmente "consulente di fiducia di Palazzo Chigi", non è neppure sottosegretario di Stato, però lo è la sua ex compagna, la Benita Petaccia Santadeché, che adesso si capisce perché occupa quella poltrona: meritocrazia di famiglia e master ottenuto direttamente da Villa Wanda, Castiglion Fibocchi; che vale ben di più della Bocconi in questa Italia dei cialtroni delle libertà.

"Giggi" è potentissimo: collegato alla grande Finanza,agli imprenditori e all’informazione; comanda persone e connette ambienti.

Gianni Lecca lo considera Vangelo puro e lo ascolta in tutto e per tutto: Bisignani è quindi molto più che un sottosegretario, visto che li mette lui come ha fatto con Daniela Menevanto, più influente di un ministro.

Da buon massone piduista attivo, non "in sonno", detesta apparire, non vuole essere citato, è anche un’impresa trovare sue foto negli archivi.

Lascia quei "quattro sfigati, amici di nonna Abelarda" a scannarsi l’uno con l’altro quando vengono scoperti, tanto quelli sono il livello basso come le "bande", le "cricche" e le "logge" e si lasciano in pasto appunto ai pennivendoli favolai per confondere le acque già settiche.

Lui, Grembiulino Bisi, stava nel caveau, blindato e sicuro, ai comandi di regia, insieme agli utilizzatori finali.

"Giggi" è anche scrittore di romanzi gialli, si intrattiene da pari con Gianni Lecca, è amico di Balducci e Bertoladro [Prostituzione Civile], Incredibile Hulk Verdini [Banche, PdL e P3], Pier Francesco Guarguaglini [Finmeccanica], Paolo Scaroni [Eni], Cesare Geronzi [Generali].

Nega di appartenere alla P2, ma la sua tessera risulta essere la 1689, la sua qualifica: "reclutatore".

Nel 1981 i giudici Turone e Colombo scoprono gli elenchi segreti di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi, Bisignani aveva allora 28 anni, giornalista all’Ansa, capo ufficio Stampa del ministro piduista Stammati nei governi Andreotti degli anni ’70.

Cresce presto il ragazzo; a 38 anni viene condannato a 3 anni e 4 mesi perché ha smistato la maxitangente Enimont, la Cassazione poi lo premia e riduce la pena a 2 anni e 8 mesi; a 40 anni, 1993, è il potente responsabile relazioni esterne gruppo Montedison.

Gianluigi Nuzzi in "Vaticano SpA", racconta che "negli anni ’90 Bisignani manovra una gran quantità di soldi parcheggiati in Vaticano. Con l’aiuto di mons. Donato de Bonis, già segretario di Paul Marcinkus, cardinale e indimenticato compagno di scorrerie dei bancarottieri Michele Sindona e Roberto Calvi. L’11 ottobre 1990, Giggi, con 600 milioni in contanti, apre un conto riservatissimo presso lo Ior: è il numero 001-3-16764 intestato alla Louis Augustus Jonas Foundation - USA - "Aiuto bimbi poveri".

Bisignani ha ottimi rapporti con lo Ior da quando si occupava di Calvi e dell’Ambrosiano”, raccontò poi de Bonis in un’intervista. “La sua è una famiglia religiosissima; suo padre, Renato, un alto dirigente della Pirelli scomparso da anni, era un sant’uomo, la madre, Vincenzina, una donna tanto perbene. Bisignani è un bravo ragazzo. L’Istituto si occupa di opere di carità e gli amici aiutano i poveri, quelli che non hanno niente. Anche il sarto Litrico mi diceva ‘io vesto i ricchi per aiutare i poveri’"

I bimbi poveri, in realtà, non ebbero gran giovamento dai soldi della Jonas Foundation. Il 23 gennaio 1991, De Bonis si presenta allo Ior con quasi 5 miliardi di lire in titoli di Stato, li monetizza e suddivide il ricavato su due conti: 2,7 miliardi sul deposito dell’amico Bisignani, mentre quasi 2,2 li accredita sul conto cardinale Spellman, che gestisce in proprio e per conto di “Omissis”, come viene chiamato in Vaticano Giulio Andreotti.

Dal conto Spellman parte subito un bonifico da 2,5 miliardi al conto FF 2927 della Trade Development Bank di Ginevra: è la prima tranche della supermazzetta Enimont, “la madre di tutte le tangenti”, che andrà a irrorare, a pioggia, i partiti politici italiani per benedire il divorzio di Stato tra Eni e Montedison.

Nel giro vorticoso della lavanderia vaticana, sul deposito Jonas Foundation di Bisignani entrano 23 miliardi.

E lui, fra l’ottobre 1991 e il giugno 1993, ne ritirerà in contanti 12,4.

Che l’uomo sia sveglio lo si capisce già nell’estate del 1993, quando annusa il disastro [i magistrati di Mani pulite stanno per arrivare alla maxi-tangente Enimont]: così il 28 giugno di quell’anno corre allo Ior, ritira e distrugge i documenti che vi aveva lasciato all’apertura dei conti e chiude il Jonas Foundation. Ritira, in contanti, quel che resta: 1 miliardo e 687 milioni. Non avendo borse abbastanza capienti, deve fare due viaggi per portar via il malloppo.

Un mese dopo è latitante.

È il momento più nero di Mani pulite.

Tre protagonisti della vicenda Enimont muoiono in circostanze drammatiche: il presidente dell’Eni Gabriele Cagliari con un sacchetto di plastica in testa in una cella di San Vittore; il regista sconfitto dell’operazione Enimont, Raul Gardini, con un colpo di calibro 7,65 nella sua dimora milanese; il direttore generale delle Partecipazioni statali, Sergio Castellari, con il volto spappolato nella campagna romana.

Tanti conti non tornano, in questa storia. Anche quelli dei soldi.

La tangentona Enimont, rivelano i documenti vaticani messi a disposizione da Nuzzi, era ben più grossa di quella individuata dai magistrati di Mani pulite. E molti personaggi sono stati coperti dai silenzi vaticani.

Tra questi, l’ineffabile “Omissis”.

Almeno 62 miliardi sono stati nascosti, si sono volatilizzati. E di questo tesoro rimasto segreto, 1,8 miliardi sono passati sul conto di Bisignani.

Quattordici anni dopo, un altro magistrato bussa alla sua porta.

E’ Luigi De Magistris, alle prese con l’inchiesta Why not.

Sta indagando su un comitato d’affari attivo in Calabria, ma con la testa a Roma.

È convinto che sia organizzato come un’associazione segreta, una nuova P2, tanto che contesta ai suoi indagati proprio il reato previsto dalla legge Anselmi.

È convinto che Bisignani di questa nuova P2 sia uno dei punti di riferimento.

Il 5 luglio 2007 si presenta di persona, a sorpresa, ai suoi indirizzi romani, l’abitazione e la sua azienda Ilte [Industria Libraria Tipografica Editrice] di piazza Mignanelli.

Ha un mandato di perquisizione. Bottino scarso: qualche documento e un Blackberry 7230 blu. “Ho avuto l’impressione che fosse stato avvertito: lui era volato improvvisamente a Londra”, dice oggi De Magistris. “Dopo quella perquisizione, le manovre contro di me hanno un’accelerazione. Due mesi dopo mi sottraggono l’indagine”.

Di Why not restano oggi soltanto i rapporti accertati degli indagati. Bisignani, per esempio, era in contatto con molti politici, imprenditori, manager, uomini degli apparati. Tra questi, Clemente Mastella, allora ministro della Giustizia, Walter Cretella Lombardo, potente generale della Guardia di finanza, Salvatore Cirafici, il dirigente di Wind responsabile della gestione delle richieste di intercettazioni e tabulati inviate all’azienda telefonica da tutte le procure italiane.

Ora, quattro anni dopo, nuova indagine, nuovo comitato d’affari, una nuova P2. Luigi Bisignani resta a guardare, dall’alto, e aspetta. Ha visto sbriciolarsi la Prima Repubblica, la Dc, il Psi.

Non s’impressiona certo per la decomposizione del berlusconismo.

Il PD può ben sperare.

Fonti: il fatto quotidiano, Gianni Barbacetto, La Repubblica, Corriere della Sera, Nuzzi - Vaticano SpA - ChiareLettere, AnnoZero, Blu Notte Rai

Lucio Galluzzi

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