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PUO’ CONTINUARE IL SILENZIO DI PRODI SULLA DIRETTIVA BOLKESTEIN?
Publie le venerdì 24 giugno 2005 par Open-PublishingCon un’intervista a pagina intera su Repubblica del 22 giugno scorso, Rutellistein
si schiera.
di Marco Bersani di Attac Italia
Evidentemente impegnato a tempo pieno sugli importantissimi temi della lista
unica, della fed e dell’ulivo, il ’nostro’ non ha potuto girare per le città
di Francia durante la campagna referendaria e assistere alla straordinaria
prova di democrazia e autoeducazione popolare che i francesi hanno dato.
Ma niente paura, a chi per anni si è alimentato con robuste dosi di cicoria,
non può far difetto la conoscenza e la capacità di analisi. Ed ecco allora
che ’ i francesi si sono opposti alla direttiva Bolkestein in chiave protezionistica
(..) e hanno strumentalizzato la falsa minaccia dell’idraulico polacco’.
Ed ecco quindi le ricette per uscire dalla crisi : promuovere subito l’esercito
europeo (e una politica estera fallica) e ’ forti iniezioni di competitività
e concorrenza nelle professioni, nei servizi locali e in quelli pubblici’.
Esattamente quello che popoli e movimenti hanno rifiutato, scendendo in
piazza a milioni contro la guerra senza se e senza ma, costruendo campagne
europee per il ritiro della direttiva Bolkestein, dicendo un No di massa
e partecipato al Trattato Costituzionale.
Non c’è che dire : Rutellistein è la miglior cartina di tornasole delle
convulsioni da cui sono pervase le elites politiche ed economiche dopo essersi
accorte che le magnifiche sorti e progressive del processo d’integrazione
tali non sono, e qualcuno ’decine di milioni- disturba il manovratore.
Impossibilitati a prendere atto che le popolazioni europee non sono disponibili
a sacrificare sull’altare della competitività le conquiste sociali ottenute
in più di un secolo di straordinarie lotte di emancipazione, si affidano
a categorie psicologico-sociali come ’ha vinto la paura del nuovo’ o ’ha
prevalso il nazionalismo identitario’. Proprio non gli viene di pensare
che, per chi fa fatica a tirare la fine del mese, la messa sul mercato dei
servizi pubblici o la definitiva precarizzazione del lavoro non sia l’orizzonte
più desiderabile.
Hanno detto per anni che la democrazia è libero mercato più elezioni formali;
oggi che le popolazioni votano per dire no al libero mercato, congelano
i referendum e ripropongono la coazione a ripetere in campo economico e
sociale.
Ma allora siamo noi o sono loro che non vogliono l’Europa? Noi la vogliamo,
lo abbiamo sempre detto quando ce lo hanno permesso. Ma l’Europa che vogliamo
è quella che ripudia la guerra, che riduce drasticamente le spese militari,
che controlla i capitali finanziari, che riconosce diritti continentali
del lavoro, che fa dell’ambiente, dei beni comuni e dei servizi pubblici
il proprio elemento costitutivo, che riconosce diritti, accoglienza e libertà
a chi attraversa il mare in cerca di futuro. L’Europa che non compete. L’Europa
che condivide.
Probabile che Rutellistein non sappia neppure di cosa si stia argomentando,
anche se gli va riconosciuto il merito di parlare chiaro. Già perché non
ci sono solo i suoi proclami a destare preoccupazione. C’è anche un silenzio
assordante che prosegue giorno dopo giorno senza soluzioni di continuità:
quello di Romano Prodi.
Romano Prodi è stato per cinque anni Presidente della Commissione Europea.
Quella che all’unanimità il 13 gennaio 2004 ha approvato la proposta di
direttiva Bolkestein. Contro la quale si è prodotta una mobilitazione senza
precedenti di movimenti, organizzazioni sindacali e partiti, determinante
anche per la doppia vittoria dei NO in Francia e in Olanda.
Da quel 13 gennaio 2004, Romano Prodi non si è più pronunciato e tuttavia
si propone come leader della coalizione dell’Unione per governare il Paese
dalle elezioni del 2006.
Può continuare il suo silenzio sulla direttiva Bolkestein ovvero sul disegno
di quale Europa si candida a rappresentare? Ha chiaro che, in caso di reiterato
silenzio, valgono gli atti depositati, ovvero il suo voto favorevole da
Presidente della Commissione Europea?
Forse è ora che qualcuno glielo ricordi.
Noi saremo fra quelli.