Home > Perché abbiamo sbagliato tanto, in Iraq
di Scott Ritter, ex ispettore capo dell’Onu per l’Iraq
All’inizio di quest’anno ho testimoniato davanti a due organismi che investigavano sui fallimenti dei servizi di intelligence inglese e americano - il Senate Select Commitee e la Butler Commission. Entrambi si occupavano dei rapporti sui programmi di armi di distruzione di massa in Iraq. La supposta esistenza di questi programmi è stata la base per l’invasione del paese, nel marzo 2003.
Il Senato ha prodotto un rapporto il 9 luglio, la commissione Butler ha fatto lo stesso mercoledì. Entrambi sono stati fortemente critici, entrambi hanno sottolineato le competenze dei due servizi di intelligence, che erano stati accusati di aver in malafede esagerato e mal presentato i dati realmente disponibili sulle capacità di produzione di armi dell’Iraq. Quest’errore da parte dei servizi è stato grave e l’impatto negativo sulla reputazione dei principali servizi segreti al mondo, la CIA e la DIA degli Usa e il MI-6 inglese, impiegherà anni, forse più, per essere dimenticato.
Sia il Senato che la commissione Butler sono parsi delusi sottolineando le mancanze e i fallimenti dell’intelligence riguardo alle armi "scomparse". Ma gli esperti, da entrambe le parti dell’Atlantico, paiono aver dimenticato che il lavoro di raccolta di informazioni consisterebbe non nel dire ai capi cosa vogliono sentirsi dire, ma piuttosto nel riferire i fatti reali, senza curarsi delle conseguenze politiche.
Puntare il dito sull’inesattezza delle analisi è giusto, limitare le critiche ai fallimenti non lo è.
Sia il presidente Bush che il Primo Ministro Tony Blair paiono aver dato via libera alle indagini. Queste non sono riuscite a dimostrare lo sforzo diretto della Casa Bianca e del numero 10 di Downing Street di "cucinare al punto giusto" le informazioni di intelligence sulle armi dell’Iraq.
Come ho testimoniato dinnanzi a entrambi gli organi investigativi, cercare il legame diretto e immediato è piuttosto inutile. La questione, ho fatto notare, è molto più complessa, implica anni di relazioni svoltesi tra gli Usa e la Gran Bretagna perché avvenisse un cambio di regime a Baghdad. Collusione che ha permeato il governo iracheno a tutti i livelli, coinvolgendo anche formulazioni politiche come quella per la quale Saddam Hussein "costituiva una minaccia". Qualunque cosa facilitasse la sua rimozione era ben accetta, indipendentemente dalla sua realtà.
Questo tipo di approccio è in atto dall’inizio del 1995, quando il MI-6, lavorando con la sede CIA di Londra, cominciò a spalleggiare Iyad Allawi - allo scopo di rovesciare Saddam - ora primo ministro iracheno e allora capo di un movimento di opposizione di rifugiati all’estero, conosciuto come l’Iraq National Alliance.
Per tutto il 1995 e fino all’estate del 1996 la CIA e l’MI-6, lavorando con il gruppo di Allawi - organizzando un colpo di stato interno alla leadership vicina a Saddam. I servizi di sicurezza di Saddam scoprirono il complotto e liquidarono i complottisti.
Nello stesso tempo in cui il tentativo di colpo di stato era stato pianificato, gli ispettori Onu stavano facendo notevoli progressi nel quantificare i programmi dell’Iraq riguardo alle armi. Nel luglio del 1995, circa nello stesso periodo in cui la CIA e l’MI-6 si alleavano con il gruppo di Allawi, il governo dell’Iraq, sotto pressione degli ispettori Onu, finalmente rendeva pubblici i suoi programmi sulle armi biologiche.
Nell’agosto 1995 il cognato di Saddam, Hussein Kamal, fuggiva in Giordania e dichiarava all’Onu, alla CIA e all’MI-6 che tutte le armi di distruzione di massa dell’Iraq erano state distrutte nell’estate del 1991, dopo suo preciso ordine. Il governo iracheno, in risposta alla dichiarazione di Hussein Kamal, rendeva pubblici centinaia di migliaia di documenti sui suoi programmi bellici precedentemente secretati, confermando i dati già a disposizione degli ispettori Onu, e illuminandone i lati oscuri.
Mentre l’Onu non si trovava nella posizione di poter verificare completamente l’attenersi dell’Iraq all’obbligo al disarmo, gli eventi drammatici nel paese e l’alta tecnologia a disposizione delle ispezioni (la più avanzata in tutta la storia), diedero all’Onu la sicurezza che il 90- 95% delle armi a disposizione dell’Iraq potessero essere realmente calcolate, e che con l’ausilio delle ispezioni in loco la possibilità che ci fossero armi di distruzione di massa ancora nascoste fosse davvero vicina allo zero.
Lo sforzo per disarmare l’Iraq stava cambiando. Da una ricerca di capacità belliche celate a un problema di minaccia molto meno quantificabile. Per i sostenitori del cambio di regime, che necessitavano di uno spettro minaccioso, questo non era sufficiente.
Il tentativo del 1996, di colpo di stato, e il seguente cambio di regime, non erano tanto sostenuti da rinnegati dei servizi ma piuttosto si trattava di una manovra politica approvata da Clinton (futuro presidente), da Blair e dal loro establishment.
All’interno, sia del Senato che della Butler Commission, sono infiltrati tanti personaggi che erano direttamente coinvolti nell’impegno di cambiare il regime iracheno. Tutti sono ben consci e partecipi degli sforzi per utilizzare l’intelligence non per aiutare gli ispettori Onu nel processo di disarmo, bensì come strumento per il cambio di regime. Queste attività non hanno mai avuto il mandato del Consiglio di Sicurezza, al contrario hanno minato l’integrità degli sforzi volti al disarmo.
La volontà dei governi, inglese e statunitense, di capitalizzare sull’importante svolta relativa al disarmo, occorsa in Iraq tra il luglio 1995 e il luglio 1996, dimostra, semplicemente, che il destino di Saddam e dell’Iraq era già stato deciso. Non c’è mai stata l’intenzione di permettere all’Iraq di dimostrare l’ottemperanza ai suoi obblighi di disarmo. Saddam doveva essere deposto, e le armi di distruzione di massa dovevano essere la scusa per farlo.
Il fallimento sia del Senato che della Butler Commission nel dimostrare che il ruolo della politica nel cambio di regime era parte degli sforzi dei servizi segreti Usa e britannici, significa non solo che sarà sempre più difficile ottenere un cambiamento di questi stessi servizi ma, cosa più importante, che l’opinione pubblica continuerà a ignorare il vero scopo dei fallimenti relativi all’Iraq.
Per cosiddette democrazie, come gli Usa e l’Inghilterra, che ora hanno persone che agiscono per definire che ne sarà dell’Iraq, questo è un controsenso inaccettabile.
Tradotto da Nuovi Mondi Media
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