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Previdenza complementare? Giustamente snobbata
Publie le lunedì 10 gennaio 2011 par Open-Publishing1 commento
CGIA: MENO DI UN DIPENDENTE SU QUATTRO HA ADERITO A UN FONDO PENSIONE
Previdenza complementare? Giustamente snobbata
Premiato chi ha lasciato il Tfr in azienda, penalizzati gli altri
MILANO – Le elaborazioni Inps non inducono all’ottimismo: i giovani assunti ora percepiranno meno del 45% dell’ultimo reddito quando andranno in pensione. La panacea è la previdenza complementare? Non proprio. O meglio: non ancora. A rilevarlo è l’ufficio studi della Cgia di Mestre. Che certifica il mancato decollo dei fondi pensione: solo un lavoratore su quattro – tra autonomi e dipendenti (non includendo chi presta servizio nel pubblico impiego) – si è iscritto a un fondo. In termini assoluti, poco più di cinque milioni su una massa critica di oltre 21,5 milioni di lavoratori.
I restanti 16,5 milioni – per incomprensione, per diffidenza, per cautela – hanno preferito mantenere il loro Tfr (trattamento di fine rapporto) in azienda. Accantonandolo, in attesa di investirlo, forse, in fondi pensione. Aperti, negoziali, individuali.
NUMERI – Qual è il montante annuo maturato dai lavoratori dipendenti italiani? Venti miliardi di euro, la cifra aggregata del Tfr, dice la Cgia su dati Covip. Ebbene: solo 5,1 miliardi di euro sono stati destinati a forme pensionistiche complementari, poco meno di sei miliardi sono accumulati nel fondo di Tesoreria dell’Inps, oltre 12,7 miliardi di euro restano accantonati nelle imprese. E come si ripartiscono i cinque milioni di «temerari» che hanno optato per la previdenza complementare? Presto detto: due milioni hanno aderito a fondi pensione negoziali, percepiti come più sicuri per la loro natura «concertata», perché istituiti sulla base di accordi tra i sindacati e le organizzazioni «datoriali» di specifici settori. Circa 820mila hanno puntato su quelli «aperti», più rischiosi, ma nel lungo termine a maggior rendimento (gestiti da banche, assicurazioni e società di intermediazione mobiliare), poco più di 1,5 milioni hanno scelto i Pip (Piani Individuali Pensionistici), vecchi e nuovi, a seconda del momento di adesione. La cui data di demarcazione è il 2007, quando l’allora governo Prodi stabilì per legge di scegliere tra il Tfr in azienda o di devolverlo a un fondo-pensione: i Pip ebbero un boom del 43,7% nel primo anno, per poi stabilizzarsi con una crescita poco superiore al 4% tra il 2008 e il 2009.
RENDIMENTI – Italiani lungimiranti almeno a giudicare contro-luce l’istantanea della Cgia. Dice Giuseppe Bortolussi, segretario dell’associazione di piccole imprese e artigiani di Mestre: «In questi ultimi due anni di crisi finanziaria, quei lavoratori dipendenti che hanno lasciato il Tfr in azienda hanno ottenuto un rendimento del 4,7%, Chi si è iscritto a un fondo negoziale ha ottenuto l’1,7%. Persino negativo è stato il tasso di chi ha devoluto il proprio Tfr nei fondi pensione aperti». La cassaforte delle imprese dispensava maggiore fiducia, ma «una valutazione più puntuale potrà essere fatta solo quando si ragionerà sul medio-lungo termine», aggiunge Bortolussi. Nell’attesa, meglio sapere a chi lasciare la propria pensione futura. Sarà anche irrisoria, ma almeno c’è.
Fabio Savelli
08 gennaio 2011 da "Il Corriere della Sera"
Messaggi
1. Previdenza complementare? Giustamente snobbata, 11 gennaio 2011, 06:24, di Memoria storica
L’ho sempre dichiarato, anche da prima che entrassero in funzione; per come impostati.
Ricordo un’Assemblea sul luogo di lavoro (ove ho invitato caldamente i colleghi - che ancora mi ringraziano - a resistere alle sirene dei Fondi), io già in pensione e relatore per conto della Struttura sindacale ove avevo militato, da sempre critica e contraria al "furto legalizzato" dei Fondi Complementari.
Questi non garantiscono un reddito (frutto) almeno pari a quanto viene riconosciuto al maturare del T.F.R.; ergo ... è "furto", e si rischia anche il capitale versato!
luigi