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Quando la musica cantava piu’ forte di cento cannoni

Publie le lunedì 19 luglio 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Giorgio Trucchi

I migliori o peggiori momenti della nostra vita sono sempre accompagnati da una
canzone. Esistono canzoni che sintetizzano i sogni di un’epoca. Con esse sono
invecchiati in molti, le canticchiano e le ammirano come fossero un paesaggio
che conduce ad un orizzonte lontano.

Con il tempo, le raffiche di vento si portano via frammenti di queste melodie,
ma più tardi tornano per ricordare quei giorni in cui molti, armati di fucili
o di parole, volevano costruire un mondo che sognavano.

Da quelle esperienze sono nate dozzine di gruppi che divennero i cantori della
Rivoluzione, quelli che hanno creato la base sonora di un’intera decade e le
cui canzoni furono assaporate da migliaia di persone.

Verso la fine del 1975, armati di guirro, un bongo e due chitarre, quattro studenti della UNAN entrarono nella storia rivoluzionaria del paese con il nome di Pancasàn.
"Il nome del gruppo fu una coincidenza. Si stava commemorando un altro anniversario della "Gesta Eroica di Pancasàn" nell’auditorio 12 della UNAN. Dora Marìa Tellez fungeva da maestra di cerimonia e ci chiese il nome del gruppo e quando le dicemmo che non lo avevamo ci disse che ci avrebbe annunciati come Grupo Pancasàn e così restò".

Francisco Cedeño, Marlene Alvarez, Martìn Fonseca, Augustin Sequeira e più tardi, Salvador Baltodano, provocarono Somoza e la sua Guardia Nacional senza molte abilità musicali, ma con molta chimica e con temi che chiamavano al cambiamento, alla lotta per la libertà del popolo, come recita una delle loro melodie.
Nacquero spontaneamente. A Marlene piaceva cantare con i suoi compagni durante gli anni di studentessa nella UNAN, insieme ad Arlen Siu, una giovane guerrigliera che morì nel 1974 e compositrice della canzone Maria Rural, presente in uno dei dischi di Pancasàn.

Francisco Cedeño suonava con amici e si ritrovò con Marlene durante una manifestazione nel Colegio Centroamerica e decisero di unirsi.
Facevano tutti parte del Frente Estudiantil Revolucionario (FER) e quando formarono il gruppo, suonavano almeno una volta la settimana nella UNAN in un’aula che trovavano sempre aperta.

Erano una cellula rivoluzionaria a cui partecipavano molti studenti e studentesse ed alla fine rimasero solo in quattro ed incisero il primo disco che si chiamava Pancasàn.

"Era molto difficile che gli universitari di quell’epoca rimanessero impassibili davanti alla situazione politica del paese. Ti motivava a participare, a coinvolgerti e impegnarti in un modo o nell’altro. Questo disco lo registrammo in due notti. Fu realizzato clandestinamente perché tutta questa musica era proibita, come erano proibite le canzoni rivoluzionarie latinoamericane. In quell’epoca le radio che trasmettevano questa musica erano sottoposte a pesanti multe o alla Legge della Museruola, applicando il Codice Nero e quindi chiudendole.

C’era un solo microfono e stavamo tutti attaccati, mentre controllavamo che non arrivasse un Becat (Battaglioni Speciali della Guardia Nacional).
Il disco quasi non riesce ad essere pubblicato perché lo mandammo a riprodurre in Costarica proprio il 22 agosto del 1978, il giorno dell’Assalto al Palacio Nacional" racconta Marlene.

Quattro mesi dopo apparve una persona alla UNAN con 10 mila pesos della vendita del disco e i soldi finirono subito nella cassa per la lotta.

Il disco successivo, "Vamos haciendo la historia", venne registrato nel novembre del 1979 a Cuba. Augustin se ne era andato. Il FSLN aveva bisogno di gente e l’aveva mandato a combattere in montagna. Al suo posto entrò Salvador Baltodano.

Qui appare la canzone "Apuntes sobre el Tio Sam", che venne lanciata per la prima volta in giugno del 1979 alla UNAN durante una attività in cui si costituì il Movimiento Pueblo Unido (MPU), una grande alleanza tra varie organizzazioni, partiti politici progressisti, gruppi di settore e sindacali in lotta contro la dittatura.

"In quell’occasione vedemmo un bambino piuttosto magro che saliva sul palco, prendeva il microfono e cominciava a declamare una poesia. Alla fine cominciò ad arringare la folla. Era Luis Alfonso Velasquez. Fu una cosa che conservo ancora nella mia memoria e dopo soli quattro mesi fu ucciso dalla Guardia.
Luis Alfonso ci veniva a vedere quando provavamo e ci diceva che stava raccogliendo fondi per comprare bombolette spray e fare scritte nelle strade".

Pancho, Marlene e Martìn non si ricordano più quante volte dovettero lasciare bongo e chitarre per fuggire e più di una volta si trovarono in mezzo a due fuochi, come a Ciudad Sandino quando, uscendo da un concerto, videro alcuni guerriglieri abbattere due Guardias.

"Il nostro lavoro era di mobilitazione. Organizzavamo marce nei quartieri e facevamo da corrieri per i compagni che erano in clandestinità. Quando la Guardia ci inseguiva, la gente ci nascondeva nelle loro case, ci dava altri vestiti e ci faceva passare per loro nipoti o cugini".

Le loro voci fanno parte della memoria sonora della rivoluzione. Prima e dopo il 1979 sono sempre stati presenti e 25 anni dopo dicono ancora che é valsa la pena mettere la propria arte a disposizione di una causa. "Cantare alla Rivoluzione era un atto di coscienza".

Come molti giovani che hanno impugnato le armi, Pancasàn visse la rivoluzione a suo modo...cantando.

(tratto da END)

19.07.2004
Collettivo Bellaciao