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Roma - Piccoli ultras a lezione di bestialità

Publie le martedì 31 gennaio 2006 par Open-Publishing
6 commenti

Dazibao Estrema destra

Sugli spalti, tra le scritte naziste e le bandiere uncinate, le facce dei protagonisti: scarpe e giubbotti di marca, telefonate al cellulare

Ragazzini col passamontagna, piccoli ultras a lezione di bestialità

di EMANUELA AUDISIO

ROMA - Guardi le facce: sguardi giovani, pelle liscia. Minorenni all’anagrafe, bambini nella testa. La peggio gioventù, occhi per nulla spaventati. A reggere lo striscione "Got mit uns" (ma benedetti ragazzi, gott si scrive con due tt, imparare un po’ le lingue no?) anche due di sesso femminile. Una bionda, cappello militare alla Che Guevara, aspetto da velina, giubbotto con pelliccia, con la mano sinistra tiene alta la s fatta a svastica di uns, un’altra bruna, quasi sommersa, che regge la n. Nella nuova banalità del male anche le donne vogliono contare, avere un posto in prima fila, fa niente se si mischiano ideologie diverse.

Povero Albert Camus che da ex portiere aveva detto: "Lo stadio è l’ultimo posto dove mi sento innocente". Guardi l’abbigliamento: jeans, maglioni, piumoni, sneakers. Sciarpe al collo o attorno alla vita. Le marche sono quelle delle pubblicità, quelle dei nostri figli, non di chi è emarginato. Di chi vuole vestire bene, non essere tagliato fuori dall’attualità.

Ti chiedi: sono questi i mostri prossimi venturi? Questi ragazzi appena scesi dal motorino? Vestiti come quando li aspetti sotto scuola: Nike, Converse, The North Face, Slam, Carhartt. Regali magari ottenuti a Natale in cambio di un buon voto. Cerchi di capire: sanno quello che fanno, si rendono conto? O chissà: forse pensano di dare visibilità ad uno scarabocchio spiritoso. Come quelli che chiamano le radio per dedicare la canzone "Fuck" di Eamon alla loro fidanzata pensando sia romantica. Ti stupisci: dietro lo striscione nessuno ha il volto coperto, anzi nelle facce non c’è vergogna, molti ragazzi ridono, come se la scritta fosse una battuta da fumetto, uno spray psichedelico. Guardi i capelli: i ragazzi li hanno tutti cortissimi, quasi rasati, le ragazze invece lunghi. C’è un’altra bionda, volto angelico, maglia a collo alto, dietro ad un manifesto del duce e una bandiera del fascio. Tranquilla, come fosse ad un happy hour con le sue amiche: scusa e tu che rimmel usi? Accanto a lei uno parla al cellulare, appoggiato ad un bandiera con simbolo nazista. Modernità e orribile passato, come se niente fosse.

Colpisce la sicurezza, la normalità dello sguardo, come se lo stadio fosse una pattumiera dove liberarsi della propria bestialità. Tanto lì la tassa non si paga, tanto è normale, lo fanno tutti. Fa venire in mente altre foto di razzismi, quelle dei linciaggi in Alabama, dove accanto ai neri linciati che pendono dagli alberi, gli strani frutti che cantava Billie Holiday, vedi i cittadini bianchi in posa, con il sorriso sulle labbra. E ti chiedi: ma un po’ di vergogna, un po’ di senso dello schifo, magari uno sguardo basso, come per dire: al momento mi trovo qua, ma Dio sa se vorrei non esserci, proprio niente? Chi va ad Auschwitz con le gite scolastiche italiane è preparato: sghignazzi, grandi scambi di messaggini telefonici, suonerie musicali che trillano, nessun rispetto per la storia. E allora ti chiedi: perché dovrebbe essere diverso allo stadio? Infatti, poco più in là, c’è un’altra bandiera con la scritta Tradizione Cattolica e il simbolo di un cuore spinato e di una croce.

Foto di gruppo con tifosi. In curva nord c’è un’altra banda di ragazzi che si diverte a sventolare bandiere nere e croci celtiche per sfregio ai tifosi del Livorno. Come se l’esaltazione del nazismo fosse una questione privata tra tifosi. Avranno 14-15 anni, sembrano coscienti della provocazione, infatti si nascondono il volto con le sciarpe. Ce n’è uno, più bambino degli altri, avrà una decina d’anni, con il passamontagna, lo zainetto, un giubbotto rosso e nero, che gioca ad agitare la bandiera come fosse un aquilone. Poi, subito dopo, la passa a un altro ragazzo, con il passamontagna, segno che sanno che è meglio non farsi riconoscere. Ti chiedi: ma questi qui i genitori non ce l’hanno? Parlano, a casa, dicono: vado a giocare al nazista allo stadio, o sono mostri con il silenziatore? E certo non saranno tutti bad boys, magari aiutano le vecchiette a portare la spesa sulle scale, e se c’è da fare un gesto generoso puoi contare su di loro, sempre che non sia giorno di partita. Perché la schizofrenia è proprio questa: essere ragazzini che vanno a vedere Schindler’s List e poi allo stadio prendono le parti del nazista.

Poveracci, si è sempre detto, gli ultrà sono ignoranti, guardano le figure, i disegni: che ne sanno veramente delle croci uncinate, della Shoah? Come se divertirsi con quelle scemate fosse una cosa da ribelli, da chi urla la propria rabbia al mondo. Ma basta guardare le foto: non ci sono volti pasolinani o lombrosiani, non ci sono vecchi, pensionati, gente che è cresciuta con il calcio, ma l’adolescenza delle piazze, dei muretti, delle scuole, dei bar, ci sono le coppie, lui e lei che ridono e si abbracciano sotto e sopra i luttuosi simboli del passato. Scene di ordinaria follia, come se essere sponsor di atti criminali non fosse più reato. Nessuno che si volti e dica: per favore, togliamo via questa indecenza. Perché l’idea è che allo stadio si può e si deve essere rozzi, tanto è legittimo, tanto è tutto un’allegoria. E’ questo che colpisce all’estero, come possa l’Italia, o anzi una parte del paese, passare delle domeniche così bestiali.

Riguardi le foto: per cercare, magari in un angolo, un rimorso solitario un segno di disagio. Niente. Allora ti domandi: ma se questi a 15 anni sono così, se glielo permettono, a 25 come saranno? E allora capisci: l’inferno sta proprio nella normalità, negli sguardi sereni, in quei sorrisi dello stadio. Istantanee di un paese che tutti vogliono raccontare e nessuno vede. Ragazzi che l’altra sera saranno tornati a casa con la loro bella faccia, si saranno seduti a vedere la tv, contenti di riconoscersi, mentre i genitori annuivano. Bella partita, vero?

www.repubblica.it

Messaggi

  • In uno sciagurato paese nel quale nel 2006 si fa ancora campagna elettorale contro i "comunisti portatori di morte e miseria" come se fossimo nel 1948 e l’Armata Rossa fosse al confine del Brennero, non si può pretendere che quei coglioni da curva siano più maturi del Presidente del Consiglio.

    Del resto, va pure detto che a Roma la destra è stata cacciata da tutte le istituzioni ( Comune, Provincia e Regione) e che lo stadio non è certo l’ ombelico del mondo.

    Vanni

    • CALCIO: STRISCIONI; GALEOTA(PRC), OFFESA ALLA NOSTRA CITTA’

      NECESSARIO PRENDERE PROVVEDIMENTI CONTRO GLI AUTORI

      (ANSA) - ROMA, 30 gen - " L’offesa di ieri all’Olimpico non
      é agli avversari sportivi, ma alla storia e alla intelligenza
      dei nostri concittadini". Lo ha dichiarato il consigliere del
      Comune di Roma Pino Galeota commentando gli striscioni esposti
      ieri all’Olimpico.

      "La A.S Roma è una squadra di calcio da sempre, nel bene e
      nel male nel cuore dei romani - ha spiegato Galeota - è
      tutt’uno con la città che è anche medaglia d’oro alla
      resistenza".

      Il consigliere comunale ha ricordato molti episodi
      in cui Roma si è dimostrata protagonista "contro l’occupazione
      nazista, di cui Porta San Paolo è sicuramente l’episodio più
      significativo. Una scelta eroica - ha spiegato - che riscattava
      il valor di patria e l’orgoglio nazionale svenduto dal
      collaborazionismo fascista, un sodalizio vigliacco che ha
      significato per la comunità ebraica romana lutti e sofferenze
      inaudite che - ha continuato Galeota - colpirono anche molti
      democratici e antifascisti a cui sono intitolate diverse vie di
      Roma. Questo è il vero volto della nostra città ".

      "Chiedo pertanto - ha dichiarato l’esponente del Prc - che di
      fronte al ripetersi di episodi che nulla hanno a che fare con la
      responsabilità di Roma nel mondo, vengano presi provvedimenti
      contro gli autori della pagliacciata e che - ha concluso Galeota
       nell’eventualità del rinnovarsi di tali situazioni vengano
      immediatamente sospese le partite e perseguitati penalmente gli
      autori".(ANSA).

      BBB-TZ
      30-GEN-06 19:15 NNNN

  • CALCI ALLA DEMOCRAZIA
    a cura di Paolo De Gregorio – 12.01.06

    Per chi avesse dubbi che la “democrazia” in Italia è solo lo scenario finto nel quale prevale la legge del più forte, li invito a leggere i fatti che accadono in questi giorni che riguardano il calcio e il denaro dei diritti TV, quale metafora del funzionamento ordinario dei conflitti di interesse più generali e di tutto il sistema di potere.
    I fatti sono chiari e la posta in gioco anche: in estrema sintesi si tratta di spartire i soldi dei diritti televisivi dando di più ai più forti, ossia a Milan, Juve, Inter, che con questo denaro avrebbero la certezza assoluta di mantenere la loro superiorità, visto che non si tratta più di Sport, ma di un mercato dove vince chi ha più risorse finanziarie.
    Questo immondo mercato, che non ha più nulla di sportivo, ha prodotto il risultato che negli ultimi 20 anni il 90% degli scudetti sono stati vinti dalle tre squadre del Nord di cui abbiamo detto, togliendo tutto il fascino al calcio, facendo decadere la nostra nazionale visto che gli italiani non giocano più, e ciò ci farebbe dubitare della salute mentale dei”tifosi” che ancora vanno allo stadio a tifare per una SPA che ormai può essere venduta in toto a chiunque, rappresenta non già i colori sociali, ma gli interessi e la visibilità del capitalista di turno, non rappresenta nemmeno più il risultato dei vivai e degli allenatori della propria città o regione.
    L’osservazione di questo fenomeno ci consente di affermare, senza alcun dubbio, che il calcio è diventato come la politica: vince il più ricco e la tanto sbandierata “democrazia” e “libertà” non è altro che la dittatura degli interessi economici dei più forti, insomma è la “libertà” di lor signori.
    Questa situazione ha prodotto una “cultura” diffusa e profonda della legge del più forte e più ricco, ha devastato ogni spirito sportivo, ha innestato frustrazione e violenza nei tanti esclusi dal giro che conta.
    Culturalmente ciò corrisponde a tutti i valori fondanti la nostra società attuale ed è enormemente funzionale a far accettare alla gente una vita sociale che è fatta proprio come il calcio: discriminazioni, prepotenze, strapotere dei ricchi, violenza.
    Se esistesse una “buona politica”, né di destra né di sinistra, che sentisse il dovere di intervenire nel disciplinare un settore che fabbrica mentalità e comportamenti negativi ed antisociali dovrebbe stabilire queste norme:
     dichiarare che lo Sport non è un lavoro ma una attività sportiva e quindi non è governato dalle leggi del lavoro ma da quelle del diritto dello Sport
     che al campionato italiano non può essere iscritto alcun giocatore straniero
     che i diritti TV debbano essere divisi in parti uguali tra tutte le squadre che partecipano al campionato
     che il mercato dei giocatori debba riguardare solo la regione in cui il giocatore è nato ed è stato avviato al calcio
     che vengono impedite le trasferte con il loro carico di scontri, devastazioni, impiego di polizia, con il semplice meccanismo che il biglietto sia nominale e possa essere venduto solo ai residenti con la carta di identità
     che le società sportive diventino delle “public company” in mano agli appassionati e ai tecnici con elezioni democratiche e partecipazione di tutti gli iscritti e sostenitori. La cultura che potrebbe discendere dalla totalità di queste norme è facilmente intuibile: attaccamento ai colori sociali e ai propri giocatori come espressione del lavoro e dei vivai della propria società
     partecipazione e responsabilità, compreso il servizio d’ordine allo stadio che dovrebbe sollevare la polizia da ogni impegno e premiare gli iscritti più adatti e responsabili
     fine della pianificazione di violenza chiamata “trasferta”
    Ci vorrebbe solo la dignità e la lungimiranza di una “buona politica” che oggi non conta niente, ha abbandonato tutto nelle mani dei “nuovi barbari” del liberismo totale di cui vediamo il trionfo, per portare in Parlamento queste disposizioni, che tra l’altro NON COSTANO NULLA!
    Proprio come dovrebbero funzionare partiti politici e Chiesa cattolica: nessun aiuto statale, ma vivere del contributo dei propri aderenti.
    E’ lecito prevedere che sia politica che religione verrebbero presi con maggior considerazione.
    Paolo De Gregorio

  • "Quello che sconcerta oltre il fatto in se, di gravità estrema, è anche la assoluta mancanza di reazione da parte del resto del pubblico : i cosidetti “veri tifosi”. All’Olimpico hanno fatto tutti finta di non vedere e non sentire e nessuno dico nessuno ha sentito il bisogno di protestare o in qualche misura dissociarsi dal comportamento di quegli “infami”.
    Del resto da tifoserie di squadre sistematicamente e ripetutamente salvate da fallimenti e retrocessioni per dichiarati motivi di ordine pubblico c’è poco da sperare !!
    Vorrei inoltre osservare quanto sia ipocrita e fuorviante anche il ragionamento di coloro che non attribuiscono valenza politica a questi fatti, riducendoli a manifestazioni poco più che goliardiche o semplici ragazzate : secondo me il problema è proprio politico ed anche in senso stretto. Quella gente, chiamamola così, che viene fatta entrare negli stadi con striscioni di tal fatta ed a cui si consente di fare e dire quello che vogliono, gode di sicure protezioni a livello politico e a livello di parte delle forze di polizia . La verità è che in Italia ci sono dei gruppi di potere, più o meno occulti, che hanno interesse, specialmente sotto elezioni, a creare tensioni e situazioni di scontro di piazza, con cui giustificare azioni e provvedimenti repressivi a più vasto raggio e convogliare i consensi elettorali sui cosidetti partiti d’ordine !!"
    MaxVinella

  • Un atto vergognoso che esplica come il ns Bel Paese sia stato caricato di odio dal Cavaliere con il suo anticomunismo. La traduzione dei violenti in striscioni dei loro pensieri folli è una manifestazione che doveva essere domata e prevenuta. I poliziotti che fanno entrare allo stadio dovevano controllare gli striscioni e l’entrata delle bandiere fasciste e naziste.

    RINALDO SIDOLI
    SIDOLI.ORG

  • Eh si, infatti tutto sembra questione di moda, di schierarsi accanto ad un messaggio qualunque, bisogna soltanto che sembri ribello. Ed è la stessa cosa qua in Francia, nel mio paese : svastiche contro stelle di Davide sulle parete del bagno nei licei, slogan antisemiti e razzisti sui muri per strada... Non sanno cosa dicono quei ragazzini, infatti, ma mi chiedo : non è per tanto più pericoloso ? Perché ormai significa che il messaggio che ci hanno trasmesso i nostri genitori e prima ancora i nostri nonni, sulla guerra e le sue stragi, sulle conseguenze dell’estremismo politico, questo messaggio mi sembra perso. In piazza a Bologna c’erano chi si vergognava di cantar "Bella ciao", perché è un messaggio troppo di sinistra, e che oggi per i giovani la sinistra non fa più sognare : bisogna, per sentirsi ribelle, fare parte di gruppi pseudo-politici estremisti, non importa per loro se quelli siano razzisti. Sarebbe un modo di esprimersi, di sentirsi esistere di fronte ad una società adulta. E nel frattempo, ci si cancella delle menti la paura di fronte all’estremo, alla Bestia nazifascista. Bisogna vedere qua in Francia il risultato delle ultime elezioni presidenziali, o la situazione attuale (avete presente la reazione di fronte alle "rivolte" delle banlieue ? L’aspetto sociale è stato del tutto dimenticato, e i "giovani delusi" sono stati qualificati di "immigrati di seconda generazione", cioè maghrebini...). Non è meglio di la delle alpi, certo. E spero veramente che, di qua come di la, la gioventù si riprenderà nel futuro : ragazzi, siamo tutti figli della nostra storia. Non ce ne scordiamo ! La politica non è un gioco, non è una partita di calcio nella corte del liceo. Non facciamo dei nostri stadi dei lager.

    Della Francia, con affetto !