Home > Sotto accusa il Terminator israeliano
Dazibao Guerre-Conflitti medio-oriente Michele Giorgio
Inchiesta per l’ufficiale che sparò sul cadavere di una 13enne palestinese
di MICHELE GIORGIO
L’ufficiale israeliano della Brigata Ghivati che la scorsa settimana a Rafah
ha crivellato di colpi a distanza ravvicinata la tredicenne palestinese Iman
Al-Hams, è una «mela marcia» o la punta dell’iceberg? Visto ciò che sta accadendo
a Gaza - 115 palestinesi uccisi (tra cui una trentina di minorenni) in 12 giorni
di offensiva militare israeliana nel zona nord-est della Striscia - la risposta
sembrerebbe scontata. Ma ormai nulla è ovvio, palese, quando si parla di palestinesi che, anche se muoiono da innocenti, finiscono ugualmente per essere chiamati in causa come colpevoli.
Di fronte alle proteste di alcuni soldati contro il comportamento dell’ufficiale «Terminator» e allo sdegno suscitato dalla vicenda di Ayman anche in Israele, il capo di stato maggiore, generale Moshe Yaalon, ha prontamente affermato che la bambina, la mattina in cui venne uccisa con ben venti colpi di mitra, si trovava molto distante dal tragitto che avrebbe dovuto percorrere per andare da casa a scuola, forse era stata indotta da militanti dell’Intifada ad avvicinarsi al fortino per distrarre i soldati ed esporli al tiro di cecchini palestinesi. Nel timore di un «attentato incombente», da tre postazioni diverse venne fatto fuoco sulla «figura sospetta», distante ben 70 metri. L’esercito ora sta svolgendo un’inchiesta sull’ufficiale che ha svuotato un intero caricatore sul corpo, già esanime, di Ayman. Ai microfoni della radio delle forze armate, alcuni militari hanno riferito che dopo i primi spari, la bambina giaceva immobile a terra. Il comandante della compagnia si è avvicinato al corpo e «ha sparato altri due colpi» per accertarsi che fosse morta. «È tornato verso la nostra unità, quindi si è voltato di nuovo verso di lei, ha messo il fucile in posizione automatica e ha svuotato il caricatore. L’ha sforacchiata». «Eravamo sotto shock - ha aggiunto un soldato - ci tenevamo la testa nelle mani. Provavamo grande dolore per lei.
Era solo una bambina di 13 anni. Come si fa a crivellarla, a bruciapelo? Lui moriva dalla voglia di abbattere qualche terrorista, ha sparato alla bambina per liberare la grande pressione». L’ufficiale sotto inchiesta, da parte sua sostiene che la maggior parte dei proiettili sono stati sparati nella prima fase dell’incidente e non da lui. Intanto mentre tutti puntano l’indice contro «la pecora nera» di turno, nessuno appare turbato dal fatto che tra i 115 morti palestinesi dell’operazione israeliana «Giorni di Pentimento» in corso a Gaza, ci siano numerosi bambini e ragazzini. Ieri peraltro un palestinese è stato ucciso nel corso di una nuova incursione di reparti corazzati israeliani. Altri due, feriti domenica, sono deceduti in ospedale. Un dirigente del Jihad islami, Mohammed Sheikh Khalil, ha riferito di essere sfuggito ad un tentativo di assassinio mirato (un razzo ha colpito la sua abitazione nel campo profughi di Rafah). Israele ha negato ogni coinvolgimento nell’accaduto. Sempre ieri è divampata la protesta di migliaia di dipendenti palestinesi dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu che assiste i profughi, che ricevono stipendi almeno dieci volte inferiori rispetto a quelli del personale internazionale. L’Unrwa, che svolge una attività di grande valore per i profughi palestinesi, tuttavia non ha mai curato la sua cronica malattia: i mega salari dei dipendenti stranieri (quasi sempre anglosassoni), peraltro in una situazione di cronica mancanza di fondi per lo svolgimento delle operazioni.
Ad accrescere il disagio dei palestinesi - che non ricevono aumenti salariali da alcuni anni - è stata anche la decisione dei vertici della agenzia di spostare in zone più tranquille - Gerusalemme e Amman - decine di funzionari internazionali, a causa della situazione a Gaza. Intanto ieri, all’apertura dei lavori della Knesset, il premier israeliano Ariel Sharon ha comunicato che il voto del parlamento sul progetto di ritiro da Gaza avrà luogo il 25 ottobre. Sharon ha ribadito di essere determinato a realizzare il ritiro da Gaza nei tempi previsti (2005). Il primo ministro ha anche confermato che l’operazione «Giorni di Pentimento» andrà avanti (nonostante i forti dubbi dei comandi militari).
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/12-Ottobre-2004/art46.html