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Storia dell’ufficio affari riservati del Viminale
Publie le domenica 11 luglio 2010 par Open-Publishing2 commenti
Giacomo Pacini: IL CUORE OCCULTO DEL POTERE
di Nando Mainardi
Giacomo Pacini, Il cuore occulto del potere. Storia dell’ufficio affari riservati del Viminale (1919-1984), ed. Nutrimenti, 2010, pp. 256, € 14,00
Ricostruire la storia dei nostri servizi segreti serve indubbiamente a capire la storia recente del nostro Paese e la qualità della nostra democrazia. Giacomo Pacini, con Il cuore occulto del potere. Storia dell’Ufficio Affari riservati del Viminale, dà un contributo in questa direzione: non svela segreti inediti e sconvolgenti, ma prova a mettere insieme i diversi tasselli con un utilizzo rigoroso dei documenti, delle sentenze e delle testimonianze. Ne emerge un quadro a tratti compiuto e definito, a tratti sfocato e sfuggente.
E’ un dato assodato, ad esempio, la continuità tra l’Ovra – la polizia segreta fascista – e l’Ufficio Affari riservati sul piano del personale e delle modalità organizzative: segno evidente della “riconversione” repubblicana – nel nome dell’anticomunismo e sotto l’attenta regia dei servizi segreti americani - di agenti fino a poco prima convinti e spietati servitori del fascismo e della RSI. Così pure Pacini ricostruisce una fase particolarmente inquietante della storia dell’Uar: la “rivoluzione triestina”, e cioè la promozione al vertice degli Affari riservati – alla fine degli anni ’50 e per volere del ministro degli Interni Tambroni - della dirigenza della Questura di Trieste. Avvalendosi di tecnologie inedite e avanzate per il nostro Paese, i “triestini” misero sotto controllo gran parte della classe dirigente dell’epoca, fino a quando Tambroni stesso non si accorse di essere controllato, e quindi potenzialmente ricattabile.
Pacini ricorda, a questo proposito, l’ipotesi secondo cui il governo Tambroni, qualche mese dopo, sarebbe caduto non solo per i fatti del luglio del ’60, ma perché era troppo fresco – nella stessa Democrazia Cristiana - il ricordo dei “triestini” e l’idea che esistesse da qualche parte un archivio segreto contenente vizi, ruberie e peccati degli uomini di governo e di potere.
E’ a partire dalla seconda metà degli anni ’60 che avanza e s’impone Federico Umberto D’Amato, una delle figure più ambigue, difficilmente decifrabili e sfaccettate dei servizi segreti italiani. Uomo di fiducia del governo americano, ex repubblichino ma, secondo la propria ricostruzione ovviamente, persecutore di criminali di guerra nazisti, riuscì nel tempo a costruire una fitta rete di relazioni internazionali e nazionali che lo tenne, più o meno, al riparo dai maggiori scandali che colpirono i servizi italiani.
L’Uar ebbe un ruolo provato nella strage di Piazza Fontana: bloccò le indagini e spinse per il trasferimento del commisario Juliano della squadra Mobile di Padova, colpevole di voler fermare i nazi-fascisti veneti di Ordine Nuovo che stavano terrorizzando l’Italia con le bombe sui treni e si stavano preparando alla strage; ancora, l’Uar evitò accuratamente e sistematicamente di informare, dopo la strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura, la magistratura su indizi evidenti che avrebbero portato con largo anticipo a Freda, Ventura e soci.
Non solo: fu attraverso la fonte "Anna Bolena" (e cioè l’impresario musicale milanese Rovelli) che l’Uar imbastì buona parte della pista anarchica mentre, negli anni successivi, emersero le relazioni - mai pienamente chiarite - con Stefano Delle Chiaie e Delfo Zorzi.
L’Uar giocò un ruolo significativo anche nel fallito golpe Borghese, al punto che - rammenta Pacini - D’Amato venne dipinto come l’ispiratore e al contempo l’affossatore del colpo di Stato. L’obiettivo reale sarebbe stato, da una parte, compromettere e rendere ricattabili settori della destra eversiva e, dall’altra, diffondere presso l’opinione pubblica il terrore del golpe.
L’Ufficio Affari Riservati cessò di esistere nel 1974, poco dopo la strage di Piazza della Loggia. Stava cambiando la fase politica a livello internazionale e stavano venendo meno alcuni presupposti della strategia della tensione: perciò lo Stato cominciò a smantellare gli apparati maggiormente collusi, riverniciandoli di nuovo, nascondendo la cenere sotto il tappeto e scaricando le figure più compromesse. D’Amato se la cavò, venne mandato a fare il capo del servizio di polizia di frontiera e continuò a giocare il proprio ruolo fino alla fine con ambiguità, arroganza e sfrontatezza. Spiegò i contatti tra il capo dell’ufficio stampa della Direzione Generale di Polizia e l’ordinovista Zorzi con il comune interesse per le lingue orientali. Affermò, una volta smascherato, di aver aderito alla P2 per scoprirne i segreti e informare le istituzioni. Tutto ogni volta finiva con il diventare un gioco di specchi, in cui ogni azione sarebbe stata ispirata dall’obiettivo contrario e in cui spariva ogni possibilità di scoprire la verità. In realtà - ricorda l’autore - D’Amato proseguì a svolgere incarichi riservati per il ministero degli Interni fino al 1984.
Pacini, ricostruendo la storia dell’Ufficio Affari Riservati, ci ricorda quanta opacità e nebbia ancora oggi attraversino la nostra democrazia, e quanti ostacoli siano stati posti per provare a rendere impossibile conoscere fino in fondo alcune terribili verità.
Pubblicato Luglio 11, 2010
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Messaggi
1. Storia dell’ufficio affari riservati del Viminale, 11 luglio 2010, 12:04
L’ambiguità di Federico Umberto D’Amato andò ben oltre ...
Mantre copriva prove della responsabilità fascista per Piazza Fontana agli inquirenti ... non disdegnò di far pervenire all’Avv. Eduardo Di Giovanni del "Soccorso Rosso" - tramite contatti parentali con esponenti del gruppo marxista-leninista "Stella Rossa" - elementi che invece portavano a questa responsabilità fascista, alcuni dei quali saranno poi la base del libro "La Strage di Stato" del quale l’Avv. Di Giovanni, sia pure in incognito, fu col giornalista Marco Ligini il principale autore.
Naturalmente ... il tutto nel perfetto stile dei servizi segreti ... che ricorda molto da vicino alcune "esternazioni", anche recentissime, di Francesco Cossiga, da sempre intimo di D’Amato ... e quindi mischiando elementi di verità a bugie clamorose ... e creando raffinate cortine fumogene ....
Ad esempio, se nel libro "La Strage di Stato" emerge innegabilmente l’innocenza degli anarchici e quel libro sarà sicuramente alla base della caduta della montatura contro Valpreda e gli altri .... al tempo stesso l’attenzione viene particolarmente gettata, grazie alle "dritte" di D’Amato, sui fascisti romani di Avanguardia Nazionale, interni alla trama più generale ma estranei alla bomba di Piazza Fontana, piuttosto che sulla cellula nera veneto/milanese di Ordine Nuovo, che invece esprimeva gli autori materiali delle bombe milanesi e che aveva al suo interno direttamente agenti della Cia amerikana ....
Più o meno la stessa strategia fu usata da D’Amato per il golpe Borghese del 1970 ... prima ha fomentato i fascisti poi ha fatto fallire il golpe .... più o meno come dice l’articolo che sto commentando ....
D’Amato, quindi, al di là dei suoi precedenti "repubblichini", pur con larghissima autonomia personale ( era in grado probabilmente di ricattare chiunque) fu soprattutto uomo del potere, della Democrazia Cristiana e degli Usa .... ed usava i fascisti, e a volte non solo i fascisti, esclusivamente come pedine di un gioco più generale teso ad impedire un cambiamento radicale in Italia ... e non disdegnò quindi, in alcune occasioni, di porsi anche come "antifascista", scaricando i suoi servetti a libro-paga .... quando questo serviva ai suoi scopi ed a quelli dei poteri che serviva .... tra l’altro si disse che fu proprio lui a far ritrovare gli elenchi, in parte però prima "depurati", degli iscritti alla P2 nella villa di Gelli a Castiglion Fibocchi ...
E’ certamente a lui che si ispira la figura del "Vecchio" nel libro "Romanzo Criminale" ... anche se va detto che, ai tempi dei "fasti" della banda della Magliana, l’Ufficio Affari Riservati era stato abolito ... ma D’Amato continuava comunque a lavorare come autorevole "consulente" per i servizi segreti ...
Clamoroso, anche se nello spirito tipico del personaggio, che negli ultimi anni della sua vita, D’Amato abbia tenuto una rubrica fissa di culinaria proprio su quel settimanale, "L’Espresso", che ne aveva in parte negli anni precedenti sputtanato le gesta .....
Ma anche questo era perfettamente nel suo stile .... doppiezza, ambiguità, depistaggi, cortine fumogene, ricatti .... ed anche una narcisistica voglia di stupire e di spiazzare gli interlocutori ....
Come appunto Cossiga ....
K.
1. Storia dell’ufficio affari riservati del Viminale, 13 agosto 2010, 02:55, di Rolando Toro
La manipolazione del ballerino fallito nonchè pregiudicato per rapina a mano armata Pietro Valpreda da parte dei neofascisti (per la verità turlupinati anch’essi nell’ottica democristiana dello "destabilizzare per stabilizzare) e degli Affari Riservati, fu evidente; fu lui infatti a collocare l’ordigno nella banca di piazza Fontana. Banca che lui conosceva a menadito, poichè aveva vissuto per mesi nell’attiguo albergo "Commercio" locale abbandonato ed occupato abusivamente.Fu riconosciuto dal tassinario Cornelio Rolandi,iscritto al PCI, che lo trasportò e lo scaricò poco dopo che l’anarchico aveva depositato l’ordigno, Valpreda era sofferente del morbo di Burger , che non gli consentiva di deambulare normalmente e che rappresentò la fine della sua carriera di ballerino da avanspettacolo che erroneamente a quanto credeva il Valpreda, doveva esplodere ad orario di chiusura già avvenuto della banca,(come a Roma nella Banca Nazionale del Lavoro) ma che per ignoranza non sapeva che il venerdì veniva posticipata..Ecco il motivo perchè il giorno dopo era a Roma,forse per chiedere a chi gli aveva dato l’esplosivo che cosa doveva fare, fu riconosciuto da una decina di testimoni, e non inchiodato a letto a Milano, come le ziette care nonchè spergiure sostenevano. L’anarchico fu assolto per insufficienza di prove a Catanzaro, non perchè estraneo ai fatti, ma per insuffiicenza di prove, mentre le ziette spergiure condannate per falsa testimonianza.Un macellaio anarchico che una immonda campagna mediatica di tutta la sinistra parlamentare ed extraparlamentare trasformò in un santo laico e vittima del potere,fu varata una legge speciale che lo scarcerò e divenne una vera e propria "mucca sacra" della sinistra ini tutte le salse, in realtà egli fu vittima del proprio velleitarismo e di se stesso!Badate bene che questi fatti furono certificati da una contro inchiesta delle Brigate Rosse, ma anche costoro non la resero pubblica, perchè oramai l’anarchico stragista, era diventato una icona sacra!