Home > Sulla fase politica e gli sviluppi possibili.
Sulla fase politica e gli sviluppi possibili.
Publie le venerdì 10 settembre 2010 par Open-PublishingLa crisi politica italiana si intreccia in maniera evidente alla crisi
economica internazionale che ormai dura da più di due anni. Eppure,
questo fatto solare è del tutto espunto dal dibattito politico, dalle
analisi che si incentrano sui “caratteri” dei personaggi, sugli
scontri personali ma mettono in ombra gli aspetti strutturali della
crisi. La crisi economica è invece così pervasiva e strutturale che
non manca di avere ricadute pesanti sugli equilibri politici,
trasformandosi essa stessa in crisi politica, a volte anche crisi
istituzionale. Basti guardare alle difficoltà del presidente Obama che
dopo una vittoria trionfale circa due anni fa rischia oggi di perdere
la maggioranza al Congresso. Anche il caso francese ha un andamento
analogo con un Sarkozy, anch’esso trionfalmente eletto nel 2007, oggi
ai minimi livelli di popolarità. La crisi politica è dunque figlia
della crisi economica.
Il governo Berlusconi ha vinto le elezioni del 2008 grazie soprattutto
al fallimento del centrosinistra. In termini assoluti, i voti raccolti
nel 2008 non sono nemmeno paragonabili a quelli raggiunti nel punto
più alto del berlusconismo, il 2001. Eppure, grazie alla legge
elettorale “truffa”, Berlusconi ha potuto godere di un’ampissima
maggioranza parlamentare che è stata utilizzata piuttosto
efficacemente in una direzione precisa: attaccare in radice il
movimento operaio, minarne conquiste fondamentali (lo Statuto dei
lavoratori), riducendone il salario reale (contratti Pubblico
impiego), redistribuendo risorse ai settori di riferimento del
centrodestra (piccole e medie imprese, professioni, evasori, grandi
patrimoni, banche e finanza), avviando, con il federalismo fiscale,
una politica di stravolgimento del patto sociale che ha retto questo
paese dal dopoguerra. La crisi ha messo in discussione questo progetto
o comunque ha fatto risaltare progetti diversi, interessi diversi e
scontri politici che vanno ricondotti all’essenziale. Il cuore del
discorso di Fini a Mirabello, il cuore della sua presa di distanza da
Berlusconi, non è la giustizia (infatti è stato promesso un nuovo
“scudo” giudiziario) ma l’economia. Fini ha difeso il pubblico impiego
(tramite forze di sicurezza e scuola pubblica), il Sud d’Italia, una
politica industriale basata sul rapporto compromissorio tra “capitale
e lavoro” criticando la manovra di Tremonti. Lo scontro di fondo è
quindi sull’analisi della crisi e sulle vie d’uscita.
Nel suo scontro, il centrodestra mostra così tutti i suoi limiti e
tutta la sua crisi. Se Berlusconi è riuscito a comporre una sorta di
“blocco sociale” nei suoi quindici anni di vita politica – piccole e
medie imprese del nord, economie illegali del Sud, commercianti,
professioni, evasori fiscali, ma anche sottoproletariato assistito,
giovani precari e elettorato anziano – lo ha fatto non componendo tra
loro in una visione economica e sociale unitaria, interessi diversi ma
giustapponendo i vari settori dentro un perimetro il cui collante è
stata la retorica e la propaganda, la forza ideologica del personaggio
mediatico. Il berlusconismo come collante di un blocco sociale che
però, nel momento in cui viene insidiato e eroso dalla crisi, mette in
discussione anche la propaganda e la retorica. Fini oggi si candida a
rappresentare una parte di quei settori per un progetto politico che
chiaramente guarda oltre Berlusconi e punta a definire gli orizzonti
di un nuovo centrodestra. Anche l’ipotesi del Terzo polo, più che un
progetto strategico e un passaggio per ricostruire una forza
conservatrice, liberale alternativa al centrosinistra, adeguata ai
bisogni delle classi dominanti.
La crisi incide ovviamente anche sulle classi dominanti, i poteri
forti, la Confindustria e le banche, il capitale finanziario. Questo
oggi non sa se puntare ancora su governo Berlusconi che offre una
chiara determinazione a stritolare il lavoro dipendente – vedi manovra
Tremonti o vertenza Fiat – o se invece costruire equilibri diversi.
Se Emma Marcegaglia continua a premere sugli equilibri attuali, Luca
Cordero di Montezemolo cerca una nuova soluzione. La divergenza tra i
due ultimi presidenti di Confindustria è in fondo emblematica di
questa incertezza. Il problema è che, nonostante la sua crisi e il suo
logoramento – la crisi dimostra che il berlusconismo in fondo non ha
nulla da offrire – Berlusconi gode ancora di un forte consenso sociale
e la sua alleanza con la Lega è garanzia di questa possibilità di
vittoria. Tutto questo rende la situazione molto incerta. In ogni
caso, sia pure nell’incertezza, l’offensiva contro lavoratori e
lavoratrici prosegue senza esitazioni. La Fiat ha approfittato della
fase di crisi, e delle paure del mondo del lavoro, per chiudere la
partita con il contratto nazionale e con la necessità di dover
trattare le condizioni di fabbrica con il sindacato. Il governo
sostiene questa strategia con l’ipotesi di riforma dello Statuto dei
lavoratori. L’attacco al Pubblico impiego – si pensi alla scuola – ha
fatto da battistrada. Tutto ciò aiuta a illuminare meglio la
situazione politica: la crisi del governo, di cui ci si può
evidentemente rallegrare, non è accompagnata da una crisi degli
assetti dominanti, anzi questi tendono a rafforzarsi.
E’ evidente che la situazione vede un’opposizione politica
parlamentare, ma anche extraparlamentare, del tutto inadeguata. La
confusione e l’incertezza del Pd sono espressioni non solo delle sue
divisioni interne, irreversibili, ma anche della piena internità di
quel partito al quadro stesso della crisi. Non va dimenticato che, in
occasione del voto parlamentare sul piano europeo di “salvataggio”
della Grecia – un piano fatto del più duro attacco mai subito dai
lavoratori di quel paese – il Pd è stato il partito che più si è
battuto per il voto favorevole. Una solerzia europeista, rigorista e
filopadronale che è ormai nel suo Dna. Non stupisce, quindi, se l’ex
ministro dell’Economia del governo Prodi, Padoa-Schioppa, abbia
dichiarato al Sole 24 Ore di vedere una «continuità» tra la politica
economica di Tremonti e quella del governo di centrosinistra.
Ma oltre all’inconsistenza e alle vere complicità dell’opposizione di
centrosinistra la fase vede in azione una definitiva involuzione delle
principali forze sindacali con Cisl e Uil ormai direttamente asservite
alla logica di impresa e agli interessi confindustriali e la Cgil che
cerca di rincorrere questa politica con una opposizione interna che al
momento fa leva soprattutto sulla capacità di resistenza della Fiom.
Che sta tenendo duro sulla vertenza Fiat e sul contrasto alla
strategia padronale, sia pure con incertezze o oscillazioni
soprattutto a livello locale, e che resta un punto nevralgico della
resistenza di classe. Gli spazi per un rilancio di un sindacalismo
alternativo, fondato sulla reale rappresentanza, la democrazia e il
conflitto, sono quindi ampi. Lo stesso sindacalismo di base ha una
nuova opportunità che però oggi, per ragioni complesse e diverse, non
sembra in grado di cogliere. Il nostro sostegno alla sua battaglia
resta convinto consapevoli che un cambio di passo, però, si impone.
Se la crisi economica si traduce in crisi politica, la centralità
della fase è quella di costruire una resistenza alla crisi e una
prospettiva di via d’uscita alla stessa. Il passaggio fondamentale di
questa prospettiva resta quella dell’unità delle lotte, della
ricomposizione sociale – a partire dai migranti intesi come parte
integrante del nuovo proletariato - dell’individuazione di una
piattaforma unitaria con l’obiettivo di far pagare la crisi a chi l’ha
provocata: attacco ai profitti e alla rendita, nuove rigidità del
lavoro, regolarizzazione del lavoro precario, nuovi e più avanzati
diritti, diritti sociali, difesa ecologica del territorio, controllo
pubblico su gangli essenziali dell’economia e sui beni comuni, a
cominciare dall’acqua, difesa dei diritti dei migranti. Contro la
crisi unire le lotte resta la nostra indicazione di fase. Per questo
lavoreremo nei prossimi mesi a rafforzare i coordinamenti delle lotte,
anche con esperienze autoconvocate, a costruire comitati unitari
contro la crisi, a facilitare le relazioni unitarie tra le diverse
sinistre sindacali e tra i diversi soggetti, ad esempio tra studenti e
precari della formazione. La manifestazione del 16 ottobre è
un’occasione per questa ipotesi anche se le forme di indizione e di
gestione della manifestazione stessa non sembrano sfruttare ad oggi
questa possibilità. Crediamo che quella scadenza, che costituisce un
appuntamento centrale, debba essere occasione di convergenza del più
ampio numero di lotte e soggetti sociali ma soprattutto debba avere
“un domani”: la presenza in piazza il 16 ottobre sarà tanto più utile
quanto più darà vita a organismi unitari per una resistenza comune
alla crisi e agli attacchi del governo e del padronato.
C’è un secondo appuntamento centrale dell’autunno dato dalla
preparazione del referendum sull’acqua che vedrà il movimento
referendario riunirsi a Firenze il 17 e 18 settembre. Sinistra Critica
è pienamente interna a questa battaglia, parte integrante delle
strutture di movimento, dei comitati e del Forum nazionale che restano
le strutture decisionali e i soggetti titolari della vertenza. Anche
per accompagnare questa lotta lavoreremo nel corso dei prossimi mesi a
un Convegno di carattere internazionale, che servirà a mettere a fuoco
la nostra identità ecologista parte costitutiva del nostro movimento
politico.
Sul piano strettamente politico, la prossima fase potrebbe sfociare
rapidamente in elezioni politiche. Le vuole la Lega, Berlusconi non le
disdegna anche se i sondaggi e la paura di perdere tutto lo rendono
prudente. Il paradosso è che a temerle di più è l’opposizione che non
riesce a capitalizzare la crisi acuta del centrodestra e le sue
convulsioni a cielo aperto. Ancora una volta il centrosinistra
dimostra la sua inadeguatezza e la sua “residualità” nel panorama
politico. Il Pd oggi ripropone un “nuovo Ulivo” come forza motrice di
una coalizione che potrebbe abbracciare non solo l’Udc di Casini ma
anche il nuovo partito di Fini. Una prospettiva tutta difensiva e
politicista i cui contenuti sociali sono in piena continuità con le
esperienze di governo del centrosinistra. Le prospettive che si danno
le forze politiche della sinistra cosiddetta radicale, sia nella
versione “Opa sul Pd” di Vendola sia nella versione “desistenza” della
Federazione della Sinistra, hanno come effetto evidente di avallare
quel quadro e quella forma politica, sancendo la formula del
centrosinistra, nella versione “alleanza democratica” come l’unica in
grado di sbloccare la situazione. In tal modo si legano le mani e si
condannano a una marginalità politica evidente.
La prospettiva che secondo noi resta attuale, per quanto fragile, è
quella di una sinistra di classe in grado di rappresentare un’altra
opzione rispetto al Pd e al centrosinistra. Una Sinistra
Anticapitalista che abbia alcune coordinate semplici: la propria
esternità dalla coalizione “democratica” a egemonia Pd; un programma
radicale di uscita dalla crisi; una prospettiva orientata al futuro,
priva del residualismo o, peggio, del nostalgismo, che ancora permea
gran parte delle sinistre di classe italiane, ma in grado invece di
offrire una soluzione politica innovativa; la capacità di attrazione
di movimenti sociali, comitati di lotta, soprattutto di nuove
generazioni più disponibili a una resistenza sociale e a un’ipotesi di
alternativa. In caso di elezioni politiche anticipate, ma anche in
previsione delle elezioni amministrative della prossima primavera,
intendiamo lavorare alla formazione di una lista anticapitalista con
queste caratteristiche. Non ci interessa piantare la bandierina di
Sinistra Critica né annunciare urbi et orbi la nostra autonoma
presenza elettorale. Vogliamo costruire un “processo” che possa
sfociare in un una proposta attraente, innovativa, utile al conflitto,
animata dal conflitto e dalle giovani generazioni. E’ su questa
proposta che ci rivolgeremo alle forze politiche disponibili ma anche
a quelle sociali, per ribadire, ancora una volta, che le nostre vite
valgono più dei loro profitti.
Nota politica a cura dell’Esecutivo nazionale di Sinistra Critica