Home > Torturare è consentito. Anzi, è un ordine
di Sabina Morandi
Le violenze contro i prigionieri iracheni non sono state opera di "poche mele
marce". La catena di comando partiva dalla Casa Bianca
«Quando vengono emanati questo tipo di ordini sappiamo cosa poi accade: avremo
la deprivazione del sonno, l’impiego dei cani, le umiliazioni sessuali che tutti
abbiamo visto…e, alla fine, avremo i cappucci». Il senatore Edward Kennedy non
poteva essere più esplicito quando, la settimana scorsa, si è scagliato contro
lo scaricabarile che tenta di arginare lo scandalo delle torture sacrificando
i soliti pesci piccoli. Ma, lungi dall’essere materiale per gli esperti di psicopatologia,
quanto si è visto ad Abu Ghraib - e quanto si continua a non vedere a Guantanamo
– è frutto di una precisa strategia decisa a tavolino e imposta dall’alto. Ricostruirne
la cronologia, attraverso i documenti ufficiali che cominciano a emergere, è un
buon modo per fare luce sulla catena di comando che parte direttamente dalla
Casa Bianca e arriva fin nelle squallide celle gestite dai soldati semplici.
28 dicembre 2001
Il Dipartimento di Giustizia spedisce un memorandum al Pentagono. Siamo in piena isteria post-11 settembre e le truppe statunitensi sono decise a trarre il massimo delle informazioni che possono ricavare dai guerriglieri catturati in Afghanistan. Come fare? Secondo quanto suggerito nel memo, l’impiego di una base extraterritoriale come quella che gli Usa hanno in territorio cubano sarebbe preferibile a qualsiasi altra soluzione di detenzione visto che il campo di prigionia di Guantanamo non ricade sotto la giurisdizione dei tribunali statunitensi. Il fatto che i guerriglieri siano stati dichiarati "terroristi" e non soldati, dispensa gli americani anche dal rispetto delle norme della Convenzione di Ginevra che, in caso di guerra, stabiliscono diritti e doveri delle truppe d’occupazione.
25 gennaio 2002
Alberto Gonzales, capo dei consulenti legali della Casa Bianca, scrive un memorandum direttamente al presidente. Bush ha appena annunciato la sua intenzione di eliminare le restrizioni previste dalla Convenzione di Ginevra sugli interrogatori quando si tratta di estorcere informazioni ai membri di Al Qaeda o ai talebani catturati sul fronte afghano. Per rassicurarlo Gonzales scrive nero su bianco che la decisione è perfettamente legale e che «consente una certa flessibilità». Nel memorandum Gonzales sostiene inoltre che l’immunità di cui Bush gode in quanto capo delle forze armate in tempo di guerra «riduce sostanzialmente il rischio di incorrere in misure legali sui crimini di guerra, almeno per quanto riguarda la legge nazionale».
1 agosto 2002
Le rassicurazioni di Gonzales evidentemente non bastano. Viene allora sollecitato il Dipartimento di Giustizia che spedisce alla Casa Bianca un documento di cinquanta pagine in cui viene specificato, fin nei minimi dettagli, cosa viene considerato tortura secondo la legge statunitense. Le conclusioni sono tutto un programma: «sebbene certi atti possano essere crudeli, inumani o degradanti» si legge nel rapporto «non producono il dolore e la sofferenza richiesti per ricadere sotto la normativa che proibisce la tortura». Una normativa che comunque, conclude il memo, in tempo di guerra il presidente può ignorare o violare.
Ottobre 2002
Il generale Geoffrey Miller sostituisce il generale James Hill, accusato di essere troppo "morbido", alla guida del campo di prigionia di Guantanamo. Non è che Hill sia un "buono", ma è un militare di vecchio stampo, abituato a comandare gli eserciti - è infatti Comandante delle forze statunitensi del Sud - e non a fare il carceriere. Quando arrivano le prime sollecitazioni sugli interrogatori, Hill cerca di prendere tempo impugnando il regolamento militare che proibisce tassativamente le sevizie sui prigionieri, e chiede al Pentagono maggiori rassicurazioni legali. Al loro posto arriva invece un nuovo comandante.
Dicembre 2002
Si apre un conflitto sulla questione torture. Donald Rumsfeld approva una lista di nuove tecniche di interrogatorio che possono venire impiegate sugli operativi di Al Qaeda detenuti a Guantanamo. Alcuni ufficiali dell’esercito, per i quali la tortura è considerata una grave violazione sostanzialmente «inutile e controproducente», com’è scritto nel regolamento, respingono i nuovi metodi. Rumsfeld fa subito marcia indietro.
15 gennaio 2003
Il ministro della Difesa ci riprova. All’inizio di gennaio ordina al consigliere generale del Pentagono William Haynes di istituire un gruppo di lavoro insieme al Dipartimento di Giustizia per individuare quali possibili tecniche di interrogatorio possono essere impiegate e quali leggi possano venire applicate a nel campo di prigionia cubano.
6 marzo 2003
Il gruppo di lavoro del Pentagono partorisce un rapporto nel quale, oltre a fornire un elenco di tutte le possibili interpretazioni delle leggi nazionali e internazionali sulla tortura, insiste con forza sul fatto che «il Congresso non ha voce in capitolo sulla politica presidenziale relativa alla detenzione o agli interrogatori così come non si può esprimere sulle decisioni presidenziali che riguardano i movimenti di truppe sul campo di battaglia».
16 aprile 2003
Rumsfeld fa pervenire al comandante di Guantanamo, il generale Miller, le nuove regole sulle tecniche di interrogatorio, derivate dal rapporto della squadra legale del Pentagono. La "dottrina Miller" - ma, visto quanto sta emergendo forse andrebbe ribattezzata "dottrina Rumsfeld" - oltre all’impiego di ogni tecnica in grado di terrorizzare e disorientare i prigionieri, come l’uso dei cani o la deprivazione del sonno, si fonda su di un metodo ferreo di premi e punizioni. I prigionieri vengono tenuti in un perenne stato di deprivazione a malapena sufficiente per garantire loro la sopravvivenza: razioni scarsissime, freddo d’inverno e caldo d’estate, nessun accesso ai servizi igienici e via dicendo. L’unico modo per godere di condizioni di detenzione più umane è offrirsi come delatori. Inutile dire che, oltre a essere inumano e contrario a ogni norma internazionale, il metodo Miller è perfetto per ottenere informazioni poco attendibili.
Agosto 2003
Spaventato per l’andamento della guerra in Iraq, il Pentagono corre ai ripari. Stephen Cambone, sottosegretario alla difesa per l’intelligence, spedisce il generale Miller ad Abu Ghraib per valutare lo "stato delle operazioni". Una volta giunto nel carcere iracheno Miller illustra agli ufficiali le nuove tecniche utilizzate a Guantanamo. Davanti alla Commissione d’inchiesta del Senato, il generale insisterà sul fatto che, nel suo tour educativo dell’estate scorsa, è stato molto puntuale nel sottolineare le opportune differenze fra la base in territorio cubano - dove tutto è consentito - e i centri di detenzione in territorio iracheno, che ricadono invece sotto le regole della Convenzione di Ginevra. E’ inoltre il generale Miller che, in un tentativo di organizzare il caos che trova nelle prigioni irachene, propugna una maggiore collaborazione fra la polizia militare e l’intelligence. Con questa mossa esautora di fatto la responsabile delle prigioni irachene, il generale di brigata Janis Karpinski, da tutto ciò che riguarda gli interrogatori. Una situazione che i legali della Karpinski, accusata di aver perso il controllo della truppa, non hanno mancato di sottolineare.
10 settembre 2003
Secondo alcuni documenti in possesso del Washnington Post, il giorno immediatamente seguente alla partenza di Miller, il generale Ricardo Sanchez, comandante delle truppe di terra della Coalizione, approva la Interrogation and Counter Resistance Policy (Politica relativa agli interrogatori e alla contro-resistenza) che rispecchia molto da vicino le tecniche in uso a Guantanamo. Secondo alcune fonti interne all’esercito, sulle pareti di Abu Ghraib vennero perfino appesi alcuni manifesti con l’elenco delle nuove procedure d’interrogatorio. Sanchez, appena rimosso dall’incarico, è il livello più alto toccato dallo scandalo. Almeno fino a questo momento.
Ottobre 2003
Su ordine di Miller - almeno secondo quanto sostiene la difesa - il colonnello Thomas Pappas della Brigata di Intelligence Militare autorizza l’impiego dei cani. Secondo la riorganizzazione effettuata dal generale, del resto fortemente perseguita dal Pentagono, è ormai l’intelligence ad avere integralmente in mano la gestione degli interrogatori. La truppa viene impiegata soltanto per "ammorbidire" i prigionieri, come è ormai tristemente noto, prima dell’interrogatorio vero e proprio che viene condotto dagli agenti dei servizi o da specialisti privati. Ed è sempre a ottobre che vengono scattate le prime fotografie delle sevizie che ritraggono i sette principali accusati: Megan Ambuhl, Sabrina Harman, Charles Graner, Lynndie England, Jeremy Sivits, Javal Davis, Ivan Frederick. Tutti sotto il diretto comando di Pappas, anche lui sotto inchiesta, e tutti finiti davanti alla corte marziale.
20.06.2004
Collettivo Bellaciao