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VIVA MARADONA E I SUOI !

Publie le lunedì 28 giugno 2010 par Open-Publishing
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Essere ignoranti di quanto è accaduto prima di nascere significa vivere per sempre una vita da bambino.
(Marco Tullio Cicerone)

La libertà è stata perseguitata in tutto il mondo; la ragione è stata considerata una ribellione; e la schiavitù della paura ha reso gli uomini timorosi di pensare. Ma tale è l’irresistibile natura della verità che tutto ciò che chiede, tutto ciò che vuole è la libertà di apparire.
(Thomas Paine "I Diritti dell’uomo", 1791)

Come si può vedere da questa fotografia, pubblicata da nessun giornale al mondo, non sono uscito matto e sprofondato, al pari di tanti connazionali proni alla turlupinatura, in quella cloaca di truffe, pastette, stronzaggini, esibizionismi insulsi, personaggi al di sotto di ogni decenza, addirittura di ogni vera competenza nel più bello sport del mondo, che sono i mondiali di quel tanto disgraziato quanto mistificato paese che è il Sudafrica.

Sapete citarmi un’altra immagine che, come questa del gesto coraggioso dei giocatori argentini, indubbiamente formatisi alla scuola dell’ irregolare Diego, amico di Fidel e Hugo e fan del Che, sollevi il livello dei mondiali africani da quota sotto i talloni perfino dei paguri a quello delle corna della giraffa? Un livello che simboleggi quello che dovrebbe essere un confronto mondiale di sportivi, uomini, persone, popoli, secondo le regole dell’onestà, del rispetto, dell’amicizia, della competizione solidale?

Diversamente da quasi tutti gli altri, i calciatori di Maradona, volendo innalzare al massimo della visibilità planetaria, peraltro subito sabotata da tutti i media, la proposta del Nobel della pace finalmente a un candidato degno come le immarcescibili Madres de Plaza de Mayo (un’alternativa tonante agli obbrobri Kissinger, Begin, Sadat, Aung San Suu Kyi, Dalai Lama, Obama su tutti, o alle toppate alla Rigoberta Manchu), hanno fatto fiorire una giunchiglia nella maleodorante palude di questa manifestazione. Hanno ripetuto il gesto di Tommy Smith e John Carlos alle Olimpiadi nello Stato Canaglia del Messico. Stato-mafia, non dissimile da quello del fascismo postmoderno del nostro guitto mannaro, che aveva appena finito di massacrare migliaia di studenti in Piazza delle Tre Culture al fine di blindare, in un paese incandescente di rabbia e rivolta, la tirannia di un’oligarchia bulimica, venduta alle altrettanto fameliche multinazionali Usa. Chi si ricorda più, tranne tra i microcefali della stampa sportiva, degli esiti e dei protagonisti di quella kermesse rubata, in chiave di mercato, lucro e aggiotaggio, come tutte le altre nel lupanare capitalista, agli uomini-dei e agli dei-uomini dell’Olimpo? Rimangono indelebili, invece, i due pugni neri sopra le teste nere, in onore e a conferma di una rivolta di nere e meno nere pantere, che gli scagnozzi dell’Impero del Male seppero, sì, a forza di assassinii e montature, affogare nel sangue e seppellire dietro le sbarre, ma che basta uno striscione per le madres a far rimbalzare tra le sinapsi addette alla memoria e trasformare il giallo di vecchie foto nel rosso del tutto è ancora possibile.

I pugni del Messico e lo striscione di Maradona ci parlano di segni immortali. Segni dell’ essere umano come dovrebbe e potrebbe essere, come davvero è e come vincerà sul modello bifronte del bruto al comando e dello schiavo a servizio, che questo putrefatto capitalismo vorrebbe imporre tra Pomigliano, Abu Ghraib e Gerusalemme. Rivincite della memoria, condizione e promessa di vittorie possibili, in un presente dove la memoria è una bancarella dell’usato, da svendere fino a esaurimento.

Mi viene in mente, a caso, ma so io perchè, Goffredo Mameli, ectoplasma che nessuno conosce, ma che secondo frettolosi paragrafetti dei manuali delle medie parrebbe l’autore di quanto mercenari mutandati, ignari e ottusi, sbraitano con la mano massonicamente sul cuore. Sbraitano in vista di un compenso da calci e scalciate per il quale uno di Pomigliano dovrebbe farsi sodomizzare da un coglione zannuto come Marchionne per tredicimila turni senza domeniche e senza malattia. L’abisso tracciato tra uomini e mercenari da quello striscione argentino! E’ l’abisso che si estende sconfinato tra attiva consapevolezza e inerte inconsapevolezza. Se al posto di quel ominicchio dalla stupida spocchia dalemiana, da anni con le mani nella marmellata, che recita la parte dell’allenatore della nazionale italiana, ci fosse Diego Maradona, forse quegli undici ciangiottanti che friniscono l’inno saprebbero cosa dicono, chi glie lo ha fatto dire e perchè.

Aveva vent’anni, Mameli, e aveva già scritto di libertà, uguaglianza, repubblica, fine dei feudi e baroni e fuori lo straniero, più di quanto uno di noi scriva di comunismo in una vita. Cadde, sapendolo benissimo, nella difesa della Repubblica Romana contro il Male Assoluto della Chiesa, lo straniero colonialista, il pecoraio puttaniere sabaudo, le putrescenti parrucche borboniche.Una cosa da leccarsi i baffi se si pensa che la Comune , avendo dietro Marx e Engels, venne vent’anni dopo. Nel nostro tempo, Mameli sarebbe stato un partigiano, un sessantottino, un combattente contro la Nato , uno davanti ai cancelli di Pomigliano. Niente, lo abbiamo offerto gratis, come Garibaldi, Mazzini, Morosini, i fratelli Bandiera, quelli che ci hanno filiato tutti, ai fascisti e al loro uso di patrioti da commedia degli equivoci e di autentici servi di ogni padrone.

Ma, in quell’ambiente, Maradona e i suoi ci hanno fatto allungare il pensiero a territori più vasti, oltre il mercimonio dei gabbamondo alla Blatter, Abete, Carraro, Platini, Lippi... Le Madri di Plaza de Mayo hanno dipanato un filo che, dai tempi dei carnefici a quelli dei vendipatria alla Menem, ha avvolto, imprigionato e alla fine strozzato gli assassini dei loro figli e oggi insiste a attorcigliarsi intorno allo stivale di chi insiste a calpestare la carne e lo spirito degli umani. Il grido che si esprime in quel voto per un Nobel alle combattenti per la giustizia, straccia anche i veli rosati sotto cui l’arma mediatica di distrazione di massa ha voluto nascondere la realtà di una promessa tradita. La fine dell’apartheid. Fine un bel cazzo! A dispetto dell’icona dai perenni sorrisi obnubilanti di un Nelson Mandela (cosa avrà mai da ridere?), che per il Sudafrica ha fatto ciò che Ghandi ha fatto per l’India: il rilancio aggiornato, travestito da pacifismo, del discrimine di razza, di casta e di classe, uno strapuntino alla megatavola del mercato capitalista. Il caravanserraglio dei ciarlatani mediatici, fatto un fugace excursus di colore umanitario, quando non c’era più niente da spremere dalle esternazioni di Buffon, su qualche piccola risacca dell’oceano nero di miseria, disperazione, ingiustizia, collera, razzismo bianco tuttora al potere in combine con quattro razzisti neri arricchiti di stampo Karzai o Al Maliki, ha allontanato ogni rischio di constatazione della realtà effettiva. Ci ha inchiodato a uno spettacolo grandiosamente squallido, degno delle competizioni di "Amici", da trasformare in trance collettiva, anche con l’aiuto di quella colossale rottura di timpani e coglioni che sono i wuwuzele. Wuwuzele e bagole di cronisti pallonari che, tra le altre molte cose, ci hanno assordato anche rispetto ai rombi delle 11 navi da guerra USraeliane, portaerei lanciamissili atomici compresa, che hanno attraversato Suez in direzione Golfo Persico per il compito fallito dalla "rivoluzione verde" e al fragore dei droni che continuano a rovesciare morte su bambini e donne dall’Afghanistan al Pakistan, dalla Somalia allo Yemen.

E allora lanciare nel mondo l’urlo di verità che si sprigiona dallo striscione argentino, ulteriore conferma che quanto di vita s’infiltra in questa notte dei morti viventi ci viene dall’America Latina, dovrebbe aiutarci anche a infrangere la muraglia dell’ottenebrazione, acusticamente simboleggiata dai wuwuzele, che ci sfonda di ansie, esaltazioni e sconforti per la miseria morale, politica e culturale di quei campionati immiseriti dai nostri vecchi ciabattoni e non per quello che, oggi formicolante negli slums, si raggrumerà inesorabilmente in futura rivolta e, se il cielo vuole, rivoluzione. Wuwuzele utili a rintronare un popolo tradito e beffato. Wuwuzele che non ti fanno neanche sentire lo schiocco del piede sul pallone, che è l’unica cosa autentica di tutto l’ambaradan.

Ciò detto, che la Coppa del Mondo vada all’Argentina. E a nessun altro.

Fulvio Grimaldi

www.fulviogrimaldicontroblog.info

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Messaggi

  • Allegata all’articolo di Fulvio che ho postato c’era la foto, censurata dai media di tutto il mondo, dello striscione dispiegato in campo dalla nazionale argentina nella partita d’esordio al mondiale sudafricano.

    Lo striscione recitava in spagnolo "Il premio Nobel per la pace alle madri di Plaza De Mayo ! ".

    Il formato della foto però ne impedisce la pubblicazione su questo sito.

    Raf

  • Un grande gesto dei giocatori argentini e dello stesso Maradona, che meritava più rispetto dai media del regime... forza Argentina!!