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Vladimiro Merlin, consigliere comunale di Milano
Dopo 20 anni di militanza non rinnovo la tessera del PRC
Non è stata una scelta facile, è maturata nel corso dell’ultimo anno, ed è fondata su ragioni politiche generali, ma anche su problemi relativi alla Federazione di Milano.
Le ragioni politiche generali sono articolate, ma , al fondo, si sintetizzano nella motivazione per cui nel ’90 ho aderito al movimento per la Rifondazione Comunista, mi sembrava allora, ma non ero e non sono il solo ad esserne convinto, che lo scopo della nascita del PRC fosse di “Rifondare” nel nostro paese un Partito Comunista.
Rifondare nel senso di ricostruire, certo con un serio bilancio politico degli errori commessi sia in Italia dove il più grande PC dell’occidente era stato trasformato in PDS, che a livello internazionale dove si era verificato il crollo dell’Unione Sovietica e dei paesi socialisti dell’ Est Europa.
Un bilancio politico che nel PRC non si è mai voluto fare né prima con Cossutta, né poi con Bertinotti, limitandosi ad una liquidazione implicita (prima fase con Cossutta ) e poi esplicita ( seconda fase con Bertinotti) dell’esperienza dei comunisti del ‘900.
Io mi sono sempre battuto contro tale liquidazione, ritenendo che sia nella esperienza pratica ( dove si è vinto e anche dove si è perso ) che nella elaborazione teorica dei comunisti del ‘900, vi fossero ancora molti elementi validi da cui ripartire ( e non mi riferisco solo ai comunisti italiani, che a volte qualcuno mette in una sorta di teca di cristallo, ma a tutto il mov. comunista internazionale ).
Mi sono, invece, trovato in un partito che sempre più liquidava alla radice ed in toto tale identità, e con l’ultimo Bertinotti poneva le basi, prima con la Sinistra Europea – sez. Italiana e poi con l’ Arcobaleno, del definitivo superamento del PRC, e lo faceva disponendo di una maggioranza che ( seppure con una articolazione di posizioni ) era di circa il 90% del partito.
Solo l’ enorme disfatta elettorale dell’Arcobaleno ha impedito il compiersi di tale processo che era già stato deciso e definito, una disfatta mai vista in Italia ( ma credo nel mondo ), in cui una alleanza di forze che sulla carta ( e sulla base degli esiti elettorali precedenti ) poteva contare su di un consenso tra il 12 ed il 15 % piomba in un solo passaggio elettorale al 3%, molto meno di quanto prendeva il solo PRC.
Un simile disastro avrebbe dovuto indurre ad una riflessione sulla validità del progetto complessivo e sui suoi fondamenti politici,e invece no!
Nell’ultimo congresso la divisione nel PRC avviene tra chi continua a riproporre il suo superamento ( Bertinotti & C. ) e chi apparentemente pensa ad un rilancio del PRC.
Bertinotti e Vendola perdono e vanno a fare la SEL, che è una sinistra non più comunista, interna al sistema, che ne accetta il quadro politico e sociale dato (anche a livello internazionale, come dimostrano gli incontri con il console americano ), oltre che le involuzioni istituzionali ( sistema maggioritario,dissoluzione della forma partito, primarie, e personalismo, vedi il nome nel simbolo ).
SEL ora appare con il vento in poppa, grazie alla crisi del PD, ma soprattutto grazie alla grande valorizzazione mediatica ( bipartisan ), guarda caso come avvenne per Bertinotti all’inizio della sua operazione politica sul PRC, ma non penso che possa durare ( qualche segno di logoramento già si vede ) e comunque è una prospettiva che non credo possa interessare o essere condivisa da chi si considera comunista, in questo quadro non comprendo come da più parti nel PRC si teorizzi la convergenza in un soggetto politico unitario con SEL ( cosa diversa sono convergenze unitarie nell’iniziativa politica ).
Ma qui emerge il punto dolente rispetto al PRC, dopo il congresso si poteva pensare che la sconfitta di Bertinotti potesse portare al rilancio della prospettiva originaria del PRC: la ricostruzione di un Partito Comunista, nel modo più semplice ed ovvio, mettendo assieme tutte le forze che nel PRC, nel PDCI e fuori da essi, sono convinte che questa sia la strada giusta.
Ma non è stato così, anzi tale prospettiva è stata esplicitamente rifiutata dal gruppo dirigente ed in prima persona dal segretario nazionale, in sostanza si è riproposto la continuazione del bertinottismo senza Bertinotti, solo spruzzato con un po’ di radicalismo e di movimentismo in più, a dimostrazione che lo scontro congressuale è stata più una resa dei conti su chi doveva tenersi il “marchio” del PRC, che uno scontro tra prospettive politiche diverse.
E’ chiaro che in questo contesto il rilancio del PRC è risultato non solo impossibile, ma si è trasformato nel suo contrario, in una crisi che si manifesta, più che sul piano elettorale, sul terreno di una continua e progressiva disgregazione del Partito, nell’abbandono dei militanti e nella chiusura dei circoli, e invenzioni artificiose come il “Partito Sociale” ( che è una sciocchezza non solo in termini teorici, ma come i fatti dimostrano anche in termini pratici ) risultano assolutamente incapaci di invertire tale tendenza.
Siamo quindi arrivati ad un punto in cui l’offensiva dell’avversario di classe è quasi riuscita a cancellare i comunisti dal quadro politico e sociale del nostro paese per sostituirli eventualmente con una sinistra “radicale”, ma non troppo.
Una sinistra compatibile con il sistema ed ovviamente, come si vede, a seguire c’è la distruzione di quello che resta di un sindacato di “classe”.
Nel contesto dato non è possibile continuare in questa agonia, l’unica strada, a mio parere è quella di cui ho già sommariamente detto poco sopra: tutti coloro che credono si debba rimettere in campo un serio e radicato Partito Comunista devono unirsi con questa precisa e chiara prospettiva, questo non toglie nulla a politiche di alleanze, o ad accordi e convergenze con altre forze di sinistra, che però non mettano in discussione l’autonomia politica ed organizzativa dei comunisti.
Io sono disponibile da domani a rimettermi in gioco per questa chiara prospettiva politica, ma prendo atto che oggi questa non è l’idea della larga maggioranza del PRC, neppure di alcune componenti che sono state vicine in alcune fasi al mio percorso politico, che oggi guardano alla FDS non come ad una alleanza elettorale -quale in effetti è – ma come ad un “ soggetto politico” ( l’ ennesimo di quel tipo ) o a modelli come la LINKE, che come primo atto del suo congresso fondativo ha tolto l’obiettivo del socialismo e quindi ha delimitato il proprio orizzonte politico nell’ambito della società capitalista.
Infine la Federazione di Milano: da tempo nel PRC di Milano la degenerazione correntizia è andata ben oltre i limiti di un confronto interno tra posizioni diverse,anche i rapporti personali sono degradati in astio profondo ed incomunicabilità tra compagni, distruggendo quel senso di appartenenza ad una comunità, ad un progetto condiviso, che necessariamente sono alla base di realtà associative anche meno impegnative di quanto sia un partito comunista.
Già ai tempi di Bertinotti e sull’onda del “modello” nazionale, la direzione politica del partito è diventata sempre più direzione “personale” del segretario, in cui gli organismi dirigenti ( anche i più ristretti come la segreteria ) erano gusci vuoti, mentre le decisioni venivano assunte in altri ambiti.
Ho sperimentato questa situazione anche da quando sono diventato consigliere comunale, quasi 5 anni fa, fin da allora si è tentato di isolarmi dal partito.
Il gruppo dirigente ed il segretario hanno accuratamente evitato di confrontarsi o almeno discutere con me, al punto che il segretario del mio partito ha preferito riunirsi regolarmente con consiglieri di altri gruppi, senza né avvisarmi né avere con me mai alcun confronto.
Neppure in vista delle prossime elezioni amministrative e della costruzione della nostra proposta di programma sia il segretario che la segreteria non hanno ritenuto opportuno di incontrarmi.
Eppure nel mio lavoro di consigliere comunale ho avuto modo di ricevere apprezzamenti da lavoratori e cittadini sul mio operato, né mi risulta che il partito mi abbia mai contestato, nel merito, di aver commesso errori politici su alcunché.
Non è mio costume appuntarmi medagliette e, quindi, non vi tedierò con un elenco di ciò che ho fatto.
Chi mi conosce sa che per me la politica non è un problema di affermazione personale, ma è evidente che in un quadro politico complessivo del PRC, che è quello che ho esposto prima ( che è l’elemento determinante ) ed in un quadro milanese di questo tipo, non ha più senso per me rinnovare la tessera del PRC.
Non è mia intenzione farne un “caso politico” né ufficializzare questa mia scelta personale in Consiglio Comunale, a meno che il Partito non decida diversamente o non si verifichino fatti politici che mi costringano a farlo.
Non è la mia una scelta di abbandono della militanza politica, continueremo a ritrovarci nelle manifestazioni, negli appuntamenti politici, ed anche nella FDS che, dal mio punto di vista, in quanto alleanza elettorale ( e non soggetto o partito politico ) , è una scelta che condivido in questa fase.
Penso ed auspico che la situazione politica e sociale costringerà tutti, nei prossimi mesi, ad assumere scelte politiche chiare.
Spero, quindi, di ritrovarmi con la maggior parte dei compagni del PRC, e con i molti che in questi anni se ne sono andati, a condividere la militanza per rilanciare il progetto originario del PRC di ricostruzione di un Partito Comunista in Italia, senza nessuna forma di settarismo verso chi ha idee diverse, ma liberi ognuno di perseguire la strada in cui si crede, come si diceva una volta “ i passeri con i passeri , i merli con i merli “, e chi avrà più tela tesserà.
Questo purtroppo oggi non mi appare praticabile nel PRC, tantomeno nella federazione di Milano, per cui dopo 20 anni di militanza
con una decisione sofferta ed una riflessione che è durata alcuni mesi ho deciso di non rinnovare la tessera del 2010.
Vladimiro Merlin