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Addio a Biffi: ABBIAMO BUONE RAGIONI CIVILI PER FESTEGGIARE IL 18 GENNAIO
Publie le domenica 18 gennaio 2004 par Open-PublishingOggi il vecchio cardinale Giacomo Biffi per raggiunti limiti d’età
saluta l’arcidiocesi e con pochi seguaci sostenitori si mette in attesa, per
candidarsi papabile al conclave che si terrà alla morte di Karol Wojtyla.
Biffi da molti anni non perde un’occasione per dimostrarsi il capofila dei
cardinali italiani più reazionari, ereditando questo posto dal defunto
cardinale di Genova, Siri, non solo uguagliandolo nell’integralismo
oscurantista, ma aggiungendo una visione religiosa dichiaratamente
nostalgica degli antichi regimi precedenti allo stato liberale, e
sottilmente razzista, che Siri non aveva. Se sperassimo nella rovina della
chiesa cattolica universale, ci augureremmo che il cardinale Biffi
diventasse papa sul serio, e che la sua candidatura al conclave non fosse
solo una boutade dimostrativa di isolate componenti della Conferenza
episcopale italiana, per mostrare di esistere agli altri cardinali del
pianeta.
Secondo Biffi la vita di società si ridurrebbe alla vita in famiglia (magari
recitando insieme ogni sera il rosario) e le famiglie dovrebbero trovare il
loro unico referente nelle istituzioni ecclesiastiche, non nello stato
sociale. Perciò lo stato dovrebbe avere un’ispirazione pesantemente
confessionale e non dovrebbe promuovere strutture educative né
assistenziali, perché tale compito apparterrebbe alla chiesa cattolica
(estraneo a qualunque spirito ecumenico, le altre religioni da lungo tempo
presenti con propri culti a Bologna non le prende nemmeno in
considerazione). Lo stato quindi dovrebbe intervenire verso la società solo
<
confessionali cattoliche, e naturalmente trasferendo ad esse tutte le
risorse finanziarie necessarie per questi interventi a tutto campo sulla
società. In campo scolastico, da una dozzina d’anni prima grazie ai
vergognosi cedimenti del centro-sinistra in regione e al comune, poi con
continue regalie fatte dalla giunta Guazzaloca alle scuole private
confessionali a Bologna non gli sono mancate sostanziose soddisfazioni
pecuniarie in questo senso.
Negli anni in cui ha retto l’arcidiocesi, Biffi ha continuamente bollato la
vivacità e briosità che fino a qualche anno addietro distingueva Bologna
come quella di una Babilonia infernale dominata da un infelice e angosciato
edonismo. Non ha perso occasione per condannare i diritti delle donne e dei
giovani a vivere liberamente la propria vita, senza dover sottostare alla
sua morale integralista che vorrebbe ridurre la società a comportarsi
secondo modelli bigotti da lui dettati. Ha promosso crociate contro gli
omosessuali dell’Arci-gay, che proprio a Bologna hanno la loro vivace sede
associativa nazionale. Ha predicato perentoriamente perché le coppie non
sposate fossero private di ogni diritto e dell’accesso a qualsiasi forma
d’assistenza pubblica. Non si è mai pronunciato sul mettere le braghe alla
statua del Nettuno in piazza e spesse vesti alle sirene rinascimentali che
lo attorniano, ma si possono avere pochi dubbi che potendo lo farebbe. In
compenso si è pronunciato contro l’unità nazionale italiana, dicendo che i
vecchi regimi preunitari erano molto meglio dello stato liberale che li ha
sostituiti per volere popolare.
In sostanza, la Bologna che gli piacerebbe
sarebbe quella ancora sottomessa allo stato pontificio, in un mondo immobile
e rigidamente chiuso verso l’esterno. Ha incoraggiato in ogni modo
sentimenti di rifiuto verso gli immigrati. Nel ’998, quando un nucleo di
marocchini intirizziti dal gelo dopo essere stati sgomberati dalle case che
occupavano si è rifugiato nella basilica di S. Petronio, ha aizzato, con
successo, tutti i poteri cittadini ai comportamenti più repressivi e
intolleranti verso questi poveri lavoratori che chiedevano una casa,
chiamando tutta la città ad auto da fé espiatori contro profanatori
infedeli. Ignorando cosa sia il diritto d’asilo, ha persino sostenuto che si
dovrebbe permettere in Italia solo l’immigrazione di popolazioni cattoliche.
Ha attaccato i pacifisti accusandoli di falsità nelle loro critiche alla
guerra, come se l’unico vero difensore della pace (eterna) fosse invece il
cardinale Ruini che benedice gli eserciti in armi per invadere altri paesi e
che ribenedice i caduti di ritorno. Inutile ricordare che, con lo <<spirito
evangelico>> che lo caratterizza, Biffi non ha mai sostenuto dei lavoratori
in sciopero o che difendessero il proprio posto di lavoro. Né si è mai
preoccupato della sorte di pensionati e disoccupati. Mentre ha sempre
cercato di essere il referente privilegiato per i poteri forti dell’economia
e della finanza in città.
Il mondo che Biffi vorrebbe piace a ben pochi, a Bologna in Emilia Romagna.
Ricorda troppo la santa inquisizione. Dalla rivoluzione francese ai
referendum per il divorzio e l’aborto ci sono voluti due secoli di
mobilitazioni popolari per liberarci da quel mondo di costrizioni
soffocanti. Eppure, da diversi anni monsignor Biffi viene osannato da tutti
gli uomini politici bolognesi, convinti che questo residuato d’altri tempi
serva a convogliare verso di loro l’elettorato moderato. Ci è toccato
persino vedere tutte le sagre religiose, processioni e pellegrinaggi
cattolici sovvenzionati dagli enti locali (centro-sinistra e destra stanno
facendo a gara nell’offrire denaro pubblico a tale uso), o sponsorizzati da
strutture cooperative laiche aderenti alla Lega delle cooperative, come la
Banca popolare dell’Emilia, l’Unipol e la Coop, mentre Biffi in persona o il
suo braccio destro mons. Vecchi, con sostanziosi finanziamenti, vengono
invitati a benedire supermercati Coop o la nuova mega-sede della Granarolo.
Non solo le scuole private confessionali in violazione della Costituzione
della Repubblica ricevono ogni sorta di finanziamento dagli enti locali e
dal governo, ma vengono finanziate con denaro pubblico tutte le associazioni
cattoliche e persino gli oratori.
Nei consultori le ASL bolognesi stanno
scandalosamente aprendo ai militanti del fanatico <
il ruolo di dissuasori verso le donne che intendono avvalersi della legge
’84 per l’interruzione della gravidanza. A Bologna Biffi è riuscito a
ottenere da Guazzaloca e dalla regione grossi finanziamenti a mostre d’arte
religiosa; e a far piazzare davanti alle due torri, simbolo della città, una
vecchia statua barocca di S. Petronio, che era stata tolta di là dopo la
fine dello stato pontificio. La filosofia sottilmente leghista di una
<
stata ora dissennatamente fatta propria dall’attuale Giunta comunale.
Noi, ben contenti delle nostre convinzioni laiche, e coerentemente ben
coscienti di appartenere un po’ a tutte le razze di diavoli combattuti con
furore inquisitoriale dal vecchio cardinale, oggi non saremo assieme agli
esponenti di quei partiti bolognesi che con abbondante scorta di ipocrisia
vanno a genuflettersi ossequiosi davanti a questo arcivescovo sanfedista che
parte.
Siamo comunque convinti che questa giornata di addio offra una
salutare boccata d’ossigeno alla civile Bologna, anche ai credenti cattolici
e delle altre religioni.