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Anche al G8 teoremi e veleni

Publie le giovedì 23 ottobre 2003 par Open-Publishing

La mano degli uomini di Ganzer nella fabbricazione dei "sovversivi". Oggi a Catanzaro riesame per gli attivisti di Sud Ribelle
In singolare concomitanza con l’emersione dell’inchiesta sui Ros, il Riesame di Catanzaro deciderà proprio oggi sulla scarcerazione di venti attivisti no global accusati dagli stessi Ros del generale Ganzer degli incredibili reati di "cospirazione politica al fine di turbare l’esercizio delle funzioni di governo", "propaganda sovversiva", "sovvertimento violento dell’ordinamento economico costituito", "istigazione a disobbedire alle leggi dell’ordine pubblico". Vecchi reati del codice Rocco, di era fascista, rispolverati dalla procura di Cosenza, sulla base di un dossier dei Ros, all’indomani dell’enorme manifestazione fiorentina che chiuse pacificamente il primo social forum europeo. In quell’occasione Liberazione definì «Vendetta» un teorema costruito contro esponenti, tutti piuttosto noti - come il "napoletano" Francesco Caruso - per la loro attività alla luce del sole nei nodi della rete "Sud ribelle", arcipelago di sindacati, partiti, comitati, associazioni costituito ad hoc per partecipare alle giornate di Napoli e Genova del maggio e del luglio 2001. All’alba del 15 novembre 2002, i militari incappucciati del Raggruppamento operativo speciale piombarono in casa di 20 militanti Cobas, disobbedienti, redattori di Radio Gap, ultras del Cosenza, sociologi di Arcavacata (il campus cosentino) sparsi tra Calabria, Campania e Lazio. Contro di loro un volume di 980 pagine più 47 di indici e conclusioni che magistrati di Genova, Napoli e Torino avevano già definito «inservibile, inadeguato, con elementi investigativi fragili» (anche se i Ros negano la circostanza) ma che per il pm Fiodalisi e la gip Nadia Plastina giustificò la clamorosa retata di sovversivi contro cui si mobilitò un’intera città e tutto il movimento dei movimenti. Gran parte delle accuse si basano su iniziative realizzate alla luce del sole - addirittura annunciate da conferenze stampa come le occupazioni pacifiche di agenzie interinali a Cosenza e Taranto o i siti web per la tutela legale dei manifestanti - oppure su intercettazioni telefoniche prima e durante il luglio genovese da cui, però, emerge un atteggiamento tutt’altro che comprensivo nei confronti delle "tute nere". In mancanza di riscontri fattuali si forniscono interpretazioni fantasiose delle attività politiche (ad esempio facendo risalire a Feltrinelli la paternità di Radio Gap, il circuito di emittenti comunitarie che racconta il movimento da Genova in poi) e viene coniata addirittura la categoria di "compartecipazione psichica" nel tentativo di sferrare un colpo mortale alla mobilitazione ininterrotta che da due anni attraversava le città italiane anche a sud e che si sarebbe intrecciata di lì a poco con le lotte degli operai della Fiat di Termini Imerese, Melfi e Cassino.
Dopo un grande corteo a Cosenza e iniziative in tutta la penisola, il 3 dicembre 2002 il tribunale della Libertà ordinerà una boccata d’aria per tutti ma il 7 maggio scorso la Cassazione ne annulla la decisione per un vizio di forma servendosi di un cavillo mai utilizzato in casi simili. Il 23 luglio, il Tribunale di Catanzaro fisserà la data della nuova udienza e tutto potrebbe ricominciare da capo per 18 dei presunti sovversivi.

Stamattina, a Catanzaro, un presidio del Palazzo di Giustizia e un corteo cittadino serviranno a testimoniare la tensione della società civile contro la repressione che continua a colpire. Ne fanno fede le incriminazioni per associazione a delinquere di Roma, Napoli e Venezia contro attivisti nella lotta per casa e lavoro e l’avviso orale «per cambiare condotta» recapitato l’altroieri a Luca Casarini e altri 16 disobbedienti del Nord est dal questore di Venezia: è una sorta di anticamera del confino secondo il famigerato articolo 1 di una legge del ’56. «Un armamentario vetusto e ricattatorio - come lo definisce Giovanni Russo Spena, deputato di Rifondazione comunista - che cerca di colpire comportamenti sociali conflittuali».

Tornando a Genova, "via Cosenza", la sortita di Ros si profila come un deja vu con l’uso sconsiderato di intercettazioni e infiltrati. Infatti tra l’ufficiale dei cc, cresciuto all’ombra di Dalla Chiesa e di Mori (poi al Sisde) e il codice Rocco sembra esistere un’attrazione fatale visto che, nel lontano ’85, fu sempre lui a orchestrare un’indagine simile contro sette attivisti veneti di un comitato contro la repressione accusati di fiancheggiare le Br. Fu un "duro" come il pm Spataro a chiedere per tutti l’assoluzione immediata. Seguirono per il Ros i successi e i misteri legati alla guerra alla mafia, le indagini controverse contro gli insurrezionalisti e poi, secondo le indagini rivelate ieri, le imbarazzanti vicende dell’associazione a delinquere armata risulta composta, secondo le accuse, da suoi ufficiali e sottufficiali e diretta dal suo capo, Ganzer.

«Questo signore - dice Gigi Malabarba, capoogruppo al Senato di Rifondazione comunista - ha fatto una brillante carriera quando già erano apparse notizie relative all’attività criminosa (di contorte e imbarazzanti questioni di droga parlò già il settimanale Diario poche settimane dopo Cosenza, ndr). Che cosa hanno fatto l’attuale ministro degli Interni e gli ultimi due suoi predecessori per vigilare su questo delicato organismo?». Come sempre, dal Viminale e da Viale Romania quartier generale della Quarta forza armata, arriva un’assordante silenzio ma «se è il Ros ad essere marcio, allora va sciolto», conclude Malabarba. Una soluzione che convince Laura Tartarini, del Genoa legal forum, «visto che troppe loro indagini sono o scarsamente fondate o inquinate».

Checchino Antonini

http://www.liberazione.it/giornale/031023/LB12D6AE.asp