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Arrestate la Fiom

Publie le mercoledì 29 ottobre 2003 par Open-Publishing

I padroni emiliani scatenati: i precontratti sono incostituzionali

LORIS CAMPETTI

Incostituzionale. Ecco l’accusa rivolta alla Fiom da sei organizzazioni padronali dell’Emilia Romagna. I precontratti che sempre più aziende in questa regione stanno firmando con il sindacato (ultramaggioritario) dei metalmeccanici Cgil sarebbero incostituzionali, in quanto prevederebbero la sospensione per quattro anni dell’applicazione della legge 30. Così, dopo aver scomodato il ministro per i rapporti con il Parlamento Giovanardi, che a sua volta ha scomodato il ministro dell’interno Pisanu, ora le associazioni industriali di Parma, Reggio, Modena, Bologna, Ferrara e Forlì-Cesena hanno deciso di rivolgersi addirittura al presidente del consiglio Silvio Berlusconi, nonché ai presidenti di Camera e Senato Casini e Pera, ai ministri Maroni e Pisanu e infine ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Con un ragionamento che chiamare audace sarebbe un eufemismo, i presidenti delle suddette associazioni degli imprenditori metalmeccanici emiliani vorrebbero un’iniziativa «nelle sedi legislative». Una legge per fermare la Fiom. Il punto di partenza è sempre lo stesso: per recuperare quello che in termini di salario e di diritti è stato tolto ai lavoratori metalmeccanici, grazie all’accordo separato firmato da Fim e Uilm con Federmeccanica, la Fiom ha avviato in tutt’Italia una stagione di vertenze precontrattuali che sta spaccando il padronato. In Emilia e Romagna sono già 150 le imprese che hanno firmato accordi con la Fiom, molte altre sono sul punto di firmare e la Confindustria lancia un grido d’allarme per evitare la debacle. La butta in ideologia (sbaraccare la contrattazione e rimandare tutto alle leggi generali) e in politica e invoca repressione poliziesca e normalizzazione legislativa. I firmatari della missiva denunciano una «crescente, insostenibile gravità della situazione» provocata dalla «sconvolgente» iniziativa della Fiom, «una minoranza sindacale, per quanto rappresentativa di una larga base di maestranze di un settore». Si lamentano per gli scioperi e per i picchettaggi veri e presunti ai cancelli delle fabbriche, fino a dunciare poco credibili «azioni intimidatorie verso il personale delle aziende e/o verso clienti e fornitori», azioni «al di fuori del doveroso rispetto dei limiti di correttezza».

I segretari emiliani della Cgil (Danilo Barbi) e della Fiom (Gianguido Naldi) hanno risposto a caldo alla provocazione padronale con un ragionamento che non fa una piega: «Queste associazioni territoriali di Confindustria farebbero meglio a chiedere conto dell’attuale situazione a Federmeccanica che ha scelto di escludere il sindacato più rappresentativo nel settore e impedire ai lavoratori e alle lavoratrici di potersi esprimere». I due dirigenti denunciano il tentativo di «comprimere la libertà sindacale e contrattuale» e mettono il dito nella piaga padronale: questo «è il segno di un’evidente difficoltà a gestire le scelte di Federmeccanica», e la prova è fornita dai 150 precontratti già «liberamente sottoscritti» da altrettanti imprenditori, più sensibili alle regole della contrattazione che non ai diktat ideologici di Confindustria. La debolezza delle associazioni imprenditoriali è un fatto che ingenera qualche preoccupazione, ci confessa Naldi: è capitato in passato anche in Emilia che quando si sentono deboli diventino un po’ fasciste.

Le sei associazioni concludono il loro teorema sulla presunta incostituzionalità dei precontratti Fiom sostenendo che il blocco per 4 anni della legge 30 violerebbe «il principio dell’uguaglianza dei cittadini nelle possibilità di modalità e accesso al lavoro oltre che quello della libertà di iniziativa economica privata». Una valutazione «strampalata», dicono Barbi e Naldi. Che però nasconde l’obiettivo di cancellare la contrattazione aziendale (quella di categoria si sa come è andata a finire con gli accordi separati). «La risposta migliore - concludono i due segretari di Cgil e Fiom - che possono dare i lavoratori è la partecipazione allo sciopero generale e alla manifestazione nazionale indetti dalla Fiom per il 7 novembre e l’ulteriore estensione dei precontratti». E questa è anche la considerazione del segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, che ritorna al nodo centrale: l’assenza in Italia di una legge sulla rappresentanza, il che consente a minoranze sindacali di decidere erga omnes, senza che i lavoratori interessati da quegli accordi possano dire la loro; «persino la destra al governo in Francia, dopo aver firmato un accordo separato sulle pensioni con i sindacati compiacenti, si sta ponendo il problema di varare una legge sulla rappresentanza». In Italia non l’ha fatta neppure il centrosinistra quand’era al governo del paese.

Il Manifesto 28.10.03