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Il leader della Cisl Pezzotta contro la destra che collega terrorismo e sindacato
La destra non demorde contro i movimenti usando di nuovo Sergio Segio. Reazioni da sindacati, opposizione, Fse. Segio respinge le strumentalizzazioni, invita la sinistra «a discutere». Ma cade sulla lotta armata degli anni ’70
CARLA CASALINI
L’insopprimibile idiosincrasia della destra al governo per le pratiche democratiche si dispiega puntuale a ogni occasione di movimento, opposizione alle azioni berlusconiane. Cominciarono dal lanciare l’analogia fra le «piazze» piene del 2002 e le «pallottole». Passo passo sono arrivati, oggi, ad aggrapparsi alle recenti parole dell’ex dirigente di Prima linea Sergio Segio - «le Br sono dentro, e contro, il movimento» - per farne un uso strumentalissimo: l’attacco al sindacato che sta scioperando contro la finanziaria e la controriforma delle pensioni, allargato a ogni contestazione sociale, dai no global ai girotondi. Ieri il segretario della Cisl Savino Pezzotta è intervenuto ripetutamente, e altri con lui, contro gli iniziatori della crociata, il coordinatore di Forza Italia Bondi : «la Cgil rifletta su alcune presenze al suo interno»; e il collega di partito Brunetta che ha gratificato la Fiom di «scioperismo terroristico», e la Cgil di una previsione: «non ci si meravigli se frange dell’eversione si inseriscano nelle ali più estreme del sindacato». Non ci provate, avverte Pezzotta, «attenti alle parole» nei confronti del sindacato, che è stato «baluardo della democrazia in questo paese» e perciò «è stato oggetto e non soggetto di atti di terrorismo». Non ci provate a «criminalizzare chi sciopera, chi scende in piazza, chi non è d’accordo».
Dalla Cgil Guglielmo Epifani aveva reagito subito alla «slealtà e furbizia», e l’ex segretario Bruno Trentin ora incalza: «l’accostamento fra il terrorismo e il sindacato, il movimento, è una chiara operazione politica che punta a intimidire e condizionare le rivendicazioni dei lavoratori»; punta a «sollevare polveroni, creare un clima di divisine e di scontro», interviene il numero due della Uil Adriano Musi. e a Bondi reagisce duramente anche Renata Polverini, vicesegretaria dell’Ugl (il sindacato legato a An).
Ma la destra politica non demorde. Solo il capogruppo dei senatori An Nania prende le distanze: il problema del terrorismo «non deve suscitare l’attacco del centrodestra al sindacato, che è garanzia di democrazia», poi però assicura un «intervento di solidarietà» per aiutare il sindacato a «bonificare». Anche il vicesegretario dell’Udc D’Antoni, ex leader della Cisl, interviene in tono analogo: «Il sindacato, senza eccezioni, è la prima vittima del fatto che al suo interno vi possano essere infiltrati» e vigila oggi come ieri». Ma è il ministro Maroni, imperterrito, a rimettere in circolo veleno, interpretando Segio: «la sua è la denuncia di un sistema di infiltrazione e connivenza».
Forza Italia riaccoglie subito l’opportunità, delegando al «territorio»: dalla Toscana il consigliere regionale Zirri attacca la politica della Regione, sottolineado che «gli indagati sono tutti dipendenti pubblici»; spalleggiato in questo caso dal consigliere An Totaro, che punta il dito contro «i movimenti e associazioni di estrema sinistra» che «favorisono un humus adatto al fiancheggiamento di certi personaggi eversivi». Alle «dichiarazioni pericolose» dei forzitalioti reagisce stavolta il presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani, tenta la via pedagogica, con le sorde orecchie, sul «valore fondante per la democrazia della dialettica politica e sociale» della quale il terrorismo è «nemico mortale».
Antonio Di Pietro sceglie, di usare contro Bondi, «paradosso per paradosso: dai condannati e indagati per corruzione della Casa delle libertà, «dovremmo dedurre che tutti i suoi iscritti sono dei malfattori?». Dai Verdi il senatore Cortiana, avvertiti «i farisei della destra» di guardarsi dall’«usare le riflessioni di Segio per criminalizzare il movimento», riporta quelle riflessioni dentro la discussione a sinistra:
Ma è lo stesso Sergio Segio a riprendere la parola dopo le «strumentalizzazioni» ma anche le «aggressioni subite» - da ultimi ieri gli hanno risposto indignati dal Forum sociale europeo: «dichiarazioni inaccettabili e inaudite»; Bertinotti , escludendo «i centri sociali come luoghi di reclutamento», del movimento segnala: «è frutto, per la prima volta, della cultura pacifista». E uno dei suoi leader, Caruso, «siete rimasti fermi con le lancette del tempo», reagisc a Segio, che risponde ricordando di avere detto che le Br sono «contro» il movimento, e però oggi come ieri cercano di «reclutare» nella crisi del movimento e per spegnerlo; perciò a sinistra bisogna andare fino in fondo «contro la lotta armata».
A Caruso precisa che sono «le Br», non lui, a leggere la realtà «con logiche vecchie»; però poi, sorprendentemente afferma: certo «a differenza di oggi, negli anni `70 l’opzione armata era la componente maggioritaria del movimento». E tutti quelli, disarmati che eravamo, noi sì, la stragrande maggioranza del movimento, rabbrividiamo: possibile che Segio non abbia più riflettuto sulla sua, sulla loro minoritaria prevaricazione armata?