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BANCARI IN SCIOPERO PER CONTRATTO E TRASPARENZA
Publie le lunedì 27 settembre 2004 par Open-PublishingBANCARI
In sciopero per il contratto e la trasparenza
Nuove mobilitazioni l’1 e il 4 ottobre. Parla Cristina Attuati, segretario della Fabi
Aumento e incentivi «Troppo basso il recupero offerto dalle banche, serve un sistema dei premi contrattato. E nuove regole dopo i grandi crack»
ANTONIO SCIOTTO
E mentre il mondo delle banche è nel mirino dei consumatori - ieri rimbrottato anche dal governatore Fazio - per i costi continuamente crescenti, i dipendenti degli istituti di credito non stanno a guardare. Già protagonisti di una riuscita mobilitazione il 10 settembre scorso - l’85% ha aderito allo sciopero, secondo i sindacati - promettono un altrettanto fragoroso bis il prossimo 1 e 4 ottobre, con proteste scandite per regioni. Il motivo del contendere? Il rinnovo del contratto, ma anche nuove regole di trasparenza dopo i crack di grossi gruppi come Cirio e Parmalat, che spesso hanno esposto il personale alle proteste dei clienti: senza voler fare a tutti i costi lo scarica barile, ma la maggior parte della responsabilità - sottolineano i lavoratori - ce l’hanno i piani alti, a causa di un management poco preparato, partorito dalle fusioni degli ultimi anni, e dei conflitti di interessi banche-imprese nei consigli di amministrazione. Di tutti questi temi abbiamo parlato con Cristina Attuati, segretario generale della Fabi. Con 90 mila iscritti, la Federazione autonoma bancari italiani rappresenta uno dei più grossi sindacati del comparto, comprendente i lavoratori degli istituti aderenti all’Abi (associazione banche italiane), gli esattoriali e i dipendenti delle banche di credito cooperativo. Settori che in Italia danno lavoro a oltre 300 mila persone.
Parliamo innanzitutto del rinnovo contrattuale.
La parte economica è scaduta da nove mesi, a fine 2003, quella normativa nel 2001. Si pone dunque, come per i lavoratori degli altri settori, il problema del potere di acquisto. Ma per noi parte economica e parte normativa del contratto sono inscindibili, mentre l’Abi ha chiuso completamente sulla seconda e afferma di voler discutere solo della prima. Non ci troviamo d’accordo sulle cifre, prima di tutto: loro a copertura dell’inflazione propongono un aumento del 5,20%, noi parliamo di un 6-7%. Cifra che sale a un complessivo 11% se si risolve uno dei problemi fondamentali legati al rinnovo normativo, quello del cosiddetto «sistema incentivante».
Cosa chiedete su questo fronte?
Dobbiamo premettere il fatto che nel 1999 abbiamo firmato un protocollo con gli istituti e il governo, in cui ci impegnavamo a un «atto di responsabilità» visto il momento di particolare difficoltà per le banche: i dipendenti, in pratica, hanno rinunciato fino al 2003 ad aumenti salariali che non fossero il normale adeguamento all’inflazione. Nello stesso tempo, a partire proprio dal ’99, gli istituti di credito hanno proceduto a fusioni e ristrutturazioni che hanno portato all’uscita di circa 20 mila impiegati. In molti casi l’uscita è stata «soft», grazie allo speciale «fondo esuberi» creato prima per le crisi e poi utilizzato anche per gli esodi «volontari». Abbiamo davvero dato tanto, mentre quelle ristrutturazioni spesso hanno portato inefficienze e cattiva organizzazione, con un management inadeguato. Adesso chiediamo dunque più trasparenza e una regolamentazione del sistema incentivante: ovvero, non più incentivi distribuiti a discrezione della dirigenza, ma contrattazione sul salario variabile, oggi troppo preponderante sulla parte fissa.
Ma come dipendenti vi ponete il problema di una maggiore trasparenza rispetto ai clienti? I crack hanno diminuito la fiducia degli italiani verso il sistema bancario.
Certo, il problema ci tocca da vicino, perché i clienti hanno rapporti diretti proprio con noi, e il personale spesso paga colpe non sue. E dico di più: in molti casi, i bancari avevano nel proprio portafoglio bond e titoli poi risultati «fasulli», a dimostrazione che spesso sono i dipendenti le prime vittime di un sistema che non funziona. Noi chiediamo regole, trasparenza e la fine del conflitto di interessi nei consigli di amministrazione: nel board direttivo non può sedere chi ha forti esposizioni verso l’istituto e può influenzare le vendite ai clienti. Ci rendiamo conto che sono problemi da affrontare anche in Parlamento, ma al momento il dibattito sembra essersi spento.
La mobilitazione è unitaria, ma le vostre piattaforme sono divise: da un lato Fabi e Sinfub, dall’altro Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca, con 140 mila iscritti, e Falcri. Vedete una svolta in futuro?
I nostri percorsi si sono differenziati nel 2003, ma dopo la rottura del tavolo con l’Abi, questo luglio, si sono intensificati i contatti, e i lavoratori ci chiedono più unità. Ci auguriamo che il dialogo vada avanti.