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Banche . chiusi nove sportelli su dieci e lunedi’ si replica in 11 regioni

Publie le sabato 2 ottobre 2004 par Open-Publishing

Banche, stop per il contratto
Chiudono 9 sportelli su 10, sciopero riuscito. Si bissa lunedì 4. Parla Moccia, Fisac Cgil
ANTONIO SCIOTTO
Nuovo stop delle banche, ieri, dopo lo sciopero del 10 settembre: la protesta è pienamente riuscita, con adesioni oltre il 90%. Sportelli chiusi, ma solo in nove regioni - Toscana, Emilia Romagna, Puglia, Veneto, Friuli, Trentino, Sardegna, Umbria e Lazio - ma dopodomani, 4 ottobre, si bisserà nelle altre undici. Una maratona di chiusure che coinvolge i 330 mila addetti del settore (e lunedì anche i 13 mila lavoratori delle esattorie), per chiedere all’Abi il rinnovo del contratto nazionale, dopo la rottura, lo scorso luglio, delle trattative. Soddisfazione da parte di tutte le sigle. Francesca Furfaro, segretario Falcri, che ha una piattaforma comune con Fisac Cgil, Fiba Cisl e Uilca, annuncia che gli scioperi «si intensificheranno se l’associazione delle banche non darà concreti segnali di cambiamento». La Fabi, che presenta una piattaforma insieme al Sinfub, per bocca del segretario Cristina Attuati chiede all’Abi «di riprendere al più presto le trattative». Secondo Mimmo Moccia, segretario generale Fisac Cgil, «i bancari hanno confermato la partecipazione del 10 settembre, e in molti casi hanno incrementato l’adesione: è il caso dei dipendenti delle sedi centrali, che in questo mese siamo riusciti a raggiungere grazie a un’intensa attività di assemblee e incontri». L’Abi avrebbe fatto trapelare l’intenzione di riavviare i contatti dopo il ritorno del presidente Maurizio Sella da Washington (dove è impegnato per l’Fmi). E d’altra parte i lavoratori degli istituti di credito non sembrano affatto intenzionati a cedere. Proprio a Moccia abbiamo chiesto il perché di tanta determinazione.

I bancari vengono visti tradizionalmente come una categoria «protetta», ben retribuita e al riparo dai problemi di portafoglio che hanno investito tantissimi italiani negli ultimi due anni. E’ un’immagine distorta?

Diciamo che non è più attuale, è un retaggio del passato. Sono almeno venti anni che ci limitiamo agli aumenti del solo recupero dell’inflazione, mentre dal 1999 gli istituti hanno avviato una ristrutturazione che ha cambiato profondamente il modo di lavorare e ha portato loro grande redditività. Il costo del lavoro, invece, è rimasto indietro: sempre nel `99, abbiamo firmato un protocollo per far fronte al momento critico delle banche, è stato congelato per due anni l’adeguamento all’inflazione, come gli scatti di anzianità, che oltretutto sono stati ridotti da 12 a 6. Lo stesso governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, nell’ultima relazione annuale ha fatto notare come siano aumentati i costi di gestione e amministrativi, mentre quelli del lavoro sono diminuiti. Il personale negli ultimi 5 anni è stato «ringiovanito», con molte uscite, veicolate grazie al fondo speciale istituito nel settore. Il caro euro e i problemi che stanno affrontando tanti cittadini riguardano anche i bancari, che ormai è anacronistico definire come una categoria «protetta».

E dunque c’è bisogno di tutelare i salari.

In piattaforma chiediamo un aumento del 7,3%, che include il recupero del biennio 2002-2003, l’inflazione attesa 2004-2005, un punto di parametrazione, e uno 0,20% per la pensione integrativa degli assunti dopo il 1994. A fronte di queste richieste, l’Abi ci offre solo un 5,3%. Sulla parte normativa, poi, c’è stata fino a oggi una chiusura assoluta.

Su quel fronte che cosa chiedete?

Sono capitoli centrali della piattaforma, che noi definiamo «parte sociale» delle nostre richieste. Sono indirizzate a migliorare il lavoro, ovviamente, ma anche ad avere relazioni qualificate con la clientela. Dopo i crack Parmalat e Cirio, i bond argentini, il caso Giacomelli, i clienti hanno bisogno di fidarsi delle banche, e possono farlo solo se il personale che fa da intermediario - i dipendenti, quelli che stanno allo sportello - sono preparati e responsabili. Per fare questo noi chiediamo più formazione, dei parametri che chiariscano il rapporto tra il prodotto e la tipologia del cliente, un sistema di incentivazione non più unilaterale ma contrattato. Fino a oggi, viene stabilito un budget incentivi a inizio anno, che i dirigenti gestiscono da soli facendo pressione sui dipendenti: questi vengono invitati a vendere il più possibile, spesso senza adattare il tipo di prodotto finanziario alla persona che hanno di fronte. Tanto per capirci, non deve più succedere che vengano venduti bond molto rischiosi e senza rating a pensionati che di solito investono in bot e titoli sicuri. Quanto al Mezzogiorno, ha urgente bisogno di sedi direttive, e diamo disponibilità a usare il fondo formazione per aggiornare e qualificare il personale. Rispetto all’invito di Fazio di diminuire i costi per la clientela, infine, crediamo sia appropriato: in piattaforma chiediamo che i clienti siano informati meglio, e da tempo collaboriamo con le associazioni dei consumatori.

da " Il Manifesto" di oggi 2.10.04