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Beviamo acqua pubblica

Publie le mercoledì 14 gennaio 2004 par Open-Publishing

Campagna ’’Liberiamo l’acqua dalla plastica, beviamo quella pubblica’’. Un metro cubo di acqua minerale costa più del doppio di un metro cubo di petrolio e circa mille volte di più dell’acqua di rubinetto. In più il consumatore non sa cosa contiene, perchè l’etichetta è incompleta, i controlli sono scarsi e costa poco estrarla. Una specie di pietra filosofale per gli imprenditori del settore, finché i consumatori saranno così sprovveduti ...

Fonte: AIAB, Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica http://www.aiab.it bioagricultura@aiab.it

Il Gruppo ambientale Gaia del Comitato delle Associazioni per la Pace di Trento e il Gan (Gruppo di Azione Nonviolenta) rilanciano la campagna ’’Liberiamo l’acqua dalla plastica, beviamo quella pubblica’’ in un momento di forte attenzione sul grande business delle acque minerali causato da ’Acquabomber’. I due gruppi impegnati nell’ecologia e nella nonviolenza sostengono che il mercato delle acque minerali che si è triplicato negli ultimi quindici anni raggiungendo un fatturato da 4.500 miliardi, di cui 1.500 spesi in pubblicità.

Dal quaderno ’’Acque minerali ed acque potabili tra qualità e business’’ prodotto dalla Fondazione ICU - Istituto Consumatori e Utenti promossa da Federconsumatori - si apprende che il 46,5% degli italiani bevono acqua minerale (primi in Europa) con un consumo pro capite di 160 litri. ’’Se analizziamo il prezzo delle acque minerali - continua la nota - scopriamo che un metro cubo (da 370.000 a 3 milioni di lire) costa più del doppio di un metro cubo di petrolio (150.000 lire).

Ma la ’fregatura’ delle acque minerali - proseguono Gaia e Gan - non sta solo nel costo che può arrivare fino a 1.000 volte di più dell’acqua da rubinetto ma anche nel contenuto. La Direttiva della Comunità Europea CEE 96/70 del 1996 che stabilisce l’obbligatorietà di riportare la composizione analitica delle sostanze presenti nell’acqua minerale non è mai stata recepita dall’Italia e quindi nelle etichette non sono riportate tutte le sostanze tra cui ammoniaca, ferro, manganese, rame, zinco.

Per altre sostanze invece viene richiesto di indicare i parametri solo quando superano i limiti per le acque di rubinetto: antimonio, arsenico, cadmio, piombo, idrocarburi. Ma nessuno dice mai ai consumatori che la soglia dei nitrati è pari a 50 milligrammi per litro per gli adulti e 10 milligrammi per litro per i bambini’’. ’’Ma per le acque in bottiglia che superano i 10 milligrammi per litro di nitrati - continua la nota - non è riportata l’informazione che quell’acqua non è adatta per i bambini.

E sul credo della sicurezza delle acque minerali ecco che si scopre che le acque di rubinetto sono molto più monitorate rispetto a quelle in bottiglia, sono più sicure per la salute, più economiche e rispettose dell’ambiente. Da non dimenticare - conclude la nota - i costi di concessione: un decreto regio del 1927 stabilisce che il canone di concessione è proporzionale alla superficie del giacimento e non alla quantità di acqua estratta.

Ma il canone di concessione in tanti casi non è sufficiente neppure per recuperare i costi amministrativi di riscossione alle regioni. E quanto paga alla Provincia di Trento la multinazionale Nestlè per la concessione dell’acqua Pejo?’’.